Premio Racconti nella Rete 2012 “Storia strana di una rana” (sezione racconti per bambini) di Elena Masolini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012“Perché solo i rospi possono trasformarsi in principi?”
Questo si chiedeva Ranatà tutte le sere, mentre gracidando, posata sulla sua foglia di ninfea, osservava la luna. Lo aveva chiesto molte volte anche alle altre rane dello stagno, ma nessuno le aveva mai saputo rispondere.
“Forse le rane non sono abbastanza brutte”, pensava.
Una sera arrivò allo stagno tale Germano, buon pescatore.
– Cos’è che ti turba, Rana? La tua breve vita ti ha già stancato?
– No, signor Germano, è solo che sono avvolto da un grosso dubbio: le rane possono trasformarsi in principi?
Il Germano ci pensò un po’ su, poi disse:- L’unica che può saperlo è Civetta. Vive all’interno di un albero enorme, al centro del bosco, ed è l’uccello più vecchio di tutta la foresta; se c’è qualcuno che può saperlo, quella è lei.
Fu così che Ranatà decise di partire, prese le sue poche cose e andò alla ricerca di Civetta.
Girovagò per moltissime notti; oltrepassò stagni, laghi e fitte foreste, fino a quando, dopo sette giorni di lungo cammino, Ranatà, si trovò ai piedi di un grosso albero al centro del bosco.
– Civetta, signora Civetta! E’ sull’albero?
Ma dall’albero non arrivò nessuna risposta.
– Ehi, c’è nessuno?
Ancora niente..
– Beh, vuol dire che aspetterò..
E mentre così pensava, si sentì afferrare da dietro da grossi artigli e trascinare in alto. Una volta ferma, si accorse di essere sull’albero, e di essere stata presa da tale Gufo.
– Che cosa ci fa una rana nel bel mezzo del bosco, in piena notte? Desideri forse diventare il mio prossimo pasto?
– No, signor Gufo, la scongiuro! Non mi mangi.. Sono qui per incontrare la Signora Civetta che mi hanno detto vivere in questo grande albero.
– E perché mai una rana desidererebbe incontrare Civetta? Non sai che potrebbe anche mangiarti, se volesse?
– Sì, lo so bene! Ma vede, signore, io ho una cosa molto importante da chiederle: è una domanda che mi tormenta da ormai molto tempo… Io devo sapere! E mi hanno detto che solo lei, con la sua saggezza, avrebbe saputo rispondermi! La prego, mi lasci vivere! Non posso morire senza avere la mia risposta!
– Mi dispiace Rana, ma Civetta non potrà rispondere alla tua domanda perché purtroppo è molto malata e sta per morire.
– Non può essere! Io devo parlarci! E non c’è nessun modo per salvarla?
– L’unico modo sarebbe prepararle un infuso con le foglie delle ninfee che crescono nel lago Iredised, sul monte Ongos, ma è impossibile per me arrivarci, perché gli uccelli notturni come me sono allergici alla luce del sole e pare che durante la notte, il lago, per proteggerle, le nasconda sotto le sue acque.
– Se mi lascia andare ci andrò io! Le prometto che tornerò con le foglie di ninfea, così Civetta potrà salvarsi e io, finalmente, avere la mia risposta.
– Affare fatto, ma sappi che se non sarai di ritorno entro un mese, ti verrò a cercare e diventerai il mio pasto.
Così Ranatà partì alla ricerca del monte Ongos.
Dopo alcuni giorni di cammino, lungo la strada, incontrò tale Cervo. Aveva le corna impigliate nei rami di un albero e non riusciva a liberarsi.
– Buongiorno, Signor Cervo, ha bisogno d’aiuto?
– Sì, ho le corna impigliate nei rami di quest’albero e non riesco a sbrogliarmi. Se non mi libero morirò qui, di fame e di sete.
– Ma posso provare io a sbrogliarla.
– Allora monta sulla mia schiena, da lì arriverai facilmente sull’albero.
Così, Ranatà, con un gran salto, montò sulla schiena di Cervo e da lì sui rami dell’albero, dove fu in grado di aiutare lo sfortunato animale.
– Grazie, Rana, per il tuo aiuto. Senza di te non ce l’avrei mai fatta. Dimmi, posso fare qualcosa per te?
– Beh, una cosa ci sarebbe… Io devo arrivare al lago Iredised, che si trova in cima al monte Ongos, tu sai dov’è?
– Certo! Salta su, ti ci porto io. Una piccola rana come te ci metterebbe troppo tempo ad arrivare.
E fu così che i due partirono alla volta del monte.
Lungo il cammino, s’imbatterono in un altro animale, tale Lepre. Questa aveva la zampa imprigionata in una tagliola e sembrava molto sofferente.
– Aiutatemi, aiutatemi, vi prego!
Ranatà scese a terra a controllare la situazione. La zampa era in cattive condizioni e se non avessero fatto subito qualcosa, la lepre sarebbe morta.
– Io sono solo una rana, sono troppo piccola e debole per liberarti, ma forse, Cervo, se tu riuscissi a far leva con le tue corna ed aprire la tagliola, io potrei trascinare via lepre e liberarla!
E così fecero: Cervo fece leva con le sue corna aprendo la tagliola, e Ranatà trascinò via Lepre, allontanandola da quella trappola infernale.
Più tardi, portarono l’animale ferito nella sua tana, dove Ranatà si prese cura di lui, preparandogli un impacco di foglie di malva per guarirgli la ferita.
I due rimasero con Lepre fino a quando non fu guarita, poi, al momento dei saluti…
– Come posso ringraziarvi? Mi avete liberata, mi avete curata, vi siete presi cura di me. Adesso sono io che voglio fare qualcosa per voi.
– Io non voglio niente per me. Sappi che ero incastrato nei rami di un albero, e se Rana non mi avesse liberato io a quest’ora sarei morto e anche tu, perché non sarei potuto passare di qui e salvarti. Ma una cosa puoi farla, visto che adesso ti sei rimessa. Ho notato che da qui in poi la boscaglia s’infittisce e diventa difficoltoso per me continuare il viaggio. Puoi accompagnare tu, Rana, fino al monte Ongos?
E così Ranatà ripartì per la sua meta con un nuovo compagno di viaggio.
Ci vollero tre giorni e tre notti di lungo cammino per arrivare alla meta, poi finalmente…
– Eccoci arrivati, questo è il monte Ongos. Da qui in poi, dovrai proseguire da solo.
E così Lepre se n’andò, lasciando Ranatà sola a scalare la montagna. Ma scalare una montagna non era impresa facile per una rana: troppi sassi, troppa terra… Ranatà cominciava a rimpiangere il suo bel laghetto con la sua foglia di ninfea, le altre rane che vivevano tranquille la loro vita di rane, senza farsi troppe domande e accettando, così, semplicemente, la loro natura.
La rana stava ormai per abbandonare, quando… Sentì un lamento.
Questa volta si trattava di un’aquila. Aveva un’ala ferita e non poteva volare.
– Cosa le è successo, Signora Aquila? Non riesce più a volare?
– No, ho un’ala ferita. Ci vorrà qualche giorno prima che io riesca a volare di nuovo e lassù, su quel ramo ci sono i miei piccolini, che mi aspettano per mangiare, ma io come faccio a procurami il cibo? E senza di me moriranno di fame…
– Non si preoccupi, ci penserò io ai suoi piccini. Sono un bravo cacciatore d’insetti e aspettando che lei guarisca, li nutrirò io.
E così fu.
Una volta guarita, l’Aquila…
– Come posso sdebitarmi, Rana, per quello che hai fatto per me?
– Beh, una cosa ci sarebbe.. Io devo arrivare al lago Iredised che si trova in cima al monte. Puoi accompagnarmi fin lassù?
– Ma certo, ti ci porterò io!
E così Ranatà riuscì ad arrivare al lago e a prendere le foglie di ninfea, dopodiché si fece riaccompagnare da Aquila ai piedi della montagna, dove poi si salutarono.
Durante il viaggio di ritorno, Ranatà saltò come non aveva mai saltato, arrivando da Civetta giusto in tempo per il termine di tempo pattuito.
– Ehilà! Ehilà! C’è nessuno sull’albero?
– Ehi! Ma guarda chi si rivede! Rana! Allora sei tornata veramente! E dimmi, sei riuscita a prendere le foglie?
– Sì, ho portato le foglie, e adesso fammi salire.
Con le foglie, Gufo, preparò l’infuso e nel giro di qualche giorno, Civetta cominciò a riprendersi, e fu allora che Ranatà le pose la sua domanda.
– Signora Civetta, ho girato molto per incontrarla. Io ho una cosa molto importante da chiederle, una domanda che mi tormenta da non so quanto. Ecco, io mi chiedevo… Le rane possono trasformarsi in principi?
– Vedi, Rana, tu sei nata rana e rana rimarrai fino alla fine dei tuoi giorni, come un rospo rimarrà sempre un rospo. Ma bada bene, per qualcuno, ma solo per qualcuno, un giorno, forse, apparirai come un principe. Allora, per quel qualcuno, smetterai di essere una semplice rana e ti trasformerai in principe. E questo accade anche per i cervi, le lepri, le aquile e tutti gli altri animali della foresta.
– E succede anche per i Germani?
– Certo.
– E anche per le civette come te?
– Sì, anche per le civette come me.
Così, Ranatà, felice della sua risposta, ritornò al suo stagno.
Una sera, mentre gracidava sulla sua foglia di ninfea, guardando la luna, incontrò Germano.
– Allora, Rana, sei riuscita ad incontrare Civetta? Hai avuto la tua risposta?
– Sì, ho attraversato stagni, laghi e boschi, ho trovato Civetta e le ho chiesto quello che volevo sapere.
– E lei?
– Lei mi ha risposto.
– E cosa ti ha detto?
– Beh, mi ha detto che un giorno, per qualcuno (ma solo per qualcuno), potrò diventare un principe, anche se sono una rana e non un rospo. E anche tu potrai diventarlo.
– Ma io non voglio diventare un principe. Voglio rimanere un germano e passare la mia vita come fanno tutti i germani, volando e pescando in queste acque!
– Beh, chi lo sa, forse un giorno lo vorrai…
Una vera chicca!