Premio Racconti nella Rete 2012 “Incerta marcia nuziale” di Ornella Spagnulo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Si può sempre ricominciare, questa era la frase che mi rimbombava nel cervello a pochi passi dalla mia marcia nuziale. Sì, mia, ero proprio io a sposarmi, con il vestito bianco modello sirena acquistato da mamma perché il regalo porta bene. Bene o male, il mio compagno lo conoscevo com’era, e questo mi disarmava parecchio. La prima persona normale che vedevo dai piedi alla testa. Prima di lui conoscevo per intero solo me stessa. E non potevo certo definirmi una persona normale.
Normale: normale è che a pochi passi dalla marcia nuziale ci si senta belle, felici, entusiaste di andare a incontrare per sempre l’amore davanti a un uomo asessuato (dicasi prete) e una marea di parenti indifferenti, e di amiche invidiose. È questo un sentimento che si addice particolarmente all’indole femminile: perché neanche le sorelle sono contente l’una della felicità dell’altra come nei libri di Jane Austen.
Mah! Eppure la psicoterapia mi aveva insegnato che questo Giovanni è fatto apposta per me. È pratico, è un uomo in soldoni. Non ha molti soldi ma quelli ce li ho io. Antenati nobili mi hanno portato ad avere un po’ di denaro e anche poco equilibrio psicologico. Giovanni è come io non sono: uno normale. Ma è fascista: sì è fascista, ha un difetto. Non l’ho mai visto leggermente trasandato, lui va sempre vestito come uno sparviero. E la macchina Alfa Romeo, e la fissa per il pesce crudo – che di per sé sarebbe un piatto “etnico” visto che è dei giapponesi –, lui è la semplicità fatta persona, ma è pure razzista.
Cosa devo fare per riscattare la mia vita di coppia se mio marito è un fascista? Mi basta dare l’elemosina in chiesa? Mi basta perdonare chiunque tradisca la mia fiducia?
Oh! Penso che qualcosa di peggio non mi poteva succedere. Sono sempre stata nel profondo anarchica, antirazzista e libertaria. Trovare un uomo di estrema destra è davvero una complicazione! Bianco bianco bianco. Dovrei vestirmi di nero per sposare un fascista! In più, quando ero piccola, quindici sedici anni, avevo trovato un ragazzo tanto dolce che era molto anticonformista e lo è rimasto. Quando lo incontro per caso, per strada, mi prendono mille emozioni e si è fatto anche crescere la barba…
Quante volte ho chiesto a Giovanni che si facesse crescere la barba! Ma lui no, dice che l’ha portata anni fa e non la vuole più perché gli dava fastidio, lui dice che gli prudeva. Secondo me non se la fa crescere perché gli dà un aspetto troppo trasandato. Ma che ci devo fare io? Se quello m’ha lasciato, e questo mi vuole, posso io per un credo politico…? La psicoterapeuta aveva detto che se avevamo idee tanto diverse non sarebbero cambiate.
Soffoco. Allo specchio guardo le mie sopracciglia. Quando non mi va bene qualcosa del mio carattere, mi incaponisco contro le mie sopracciglia. Pinzetta alla mano: zac zac, ho levato le prime ciglia di troppo. Le sopracciglia sono davvero tante, non bastano due o tre estrazioni. Eccone due in fondo, e una in mezzo a sinistra, e un sopracciglio non è mai uguale a quell’altro. – Lucia? –
È mia madre. – Lucia! Apri Lucia che stai facendo? –
Mia madre è una delle classiche madri meridionali: molto apprensiva, madre chioccia, mi ha riempito di attenzioni e soffocato l’anima. Anni e anni di psicoanalisi: – Mamma ho da fare –
– Cosa hai da fare? È mezz’ora che stai là dentro –
– Eh, ho capito! –
– Papà è andato già a prendere la macchina –.
La macchina! Quella stupida macchina color celeste opaco rivestita da un inutile nastro con il fiocco bianco. Il bianco!
Giovanni me lo chiese subito che macchina avesse mio padre, voleva saperlo forse per fare a gara con lui. – Non lo so che macchina ha –, gli dissi. M’informai, ma per lui esisteva solo l’Alfa e voleva anzi convincere mio padre ad acquistare una macchina Alfa anche lui! – Così diventa un alfista –. Avevo il latte alle ginocchia. Alfa è la prima lettera dell’alfabeto greco e non la marca di una stupida auto fascista. Comunque mi sono rimboccata le maniche e nel tempo sono riuscita anche a non litigare.
– Ingoia, ingoia! – mi suggeriva l’amica di mia madre: – Quando ero in disaccordo con mio marito – era vedova: – Stavo zitta. Non bisogna contestare, tu digli: “Sì sì” e vedrai che poi smette –.
La smette: che smette? Se uno è fascista è fascista dentro. Lo amo come se lo conoscessi da quando è nato. È incantevole come mi guarda mentre facciamo l’amore, ma ha questo difetto che non si può cambiare.
Io non so neanche prendere libri in biblioteca, non ho saputo mai stare dietro a nessun ordine. Non so perché, in fondo in fondo me li voglio sempre rubare i libri, per tenerli con me. Ma con Giovanni non posso condividere nemmeno le letture. Non gli interessa questo campo.
Eppure siamo felici! Felici come lo è una giovane coppia che si sta per sposare. Al corso di matrimonio siamo sopravvissuti, ci sono state coppie che hanno mollato, si sono spaventate. Io bene o male gli rimprovero solo questo: fascista! È fascista: ma come si fa a esserlo nel 2012? Mi canta le canzoni di Mussolini in macchina, ma dico: è illegale. È illegale! Non lo sa, o lo sa e fa finta di niente. Per me è un problema ma non voglio perderlo dalle mani. Solo che ora mi vedo addosso questo vestito bianco e non so se è adatto per sposare un fascista.
– Mamma, voglio cambiare vestito –
– Lucia non ci pensare proprio –
– Sì, dai, mi va stretto! –
– Lucia fammi entrare –.
Giro la chiave della porta del bagno con risolutezza, la apro. – Ti sei toccata le sopracciglia? –
– Mi sembravano spesse –
– Cosa stai dicendo? Dall’estetista erano spesse. Quanti soldi c’hai fatto sprecare! –
– E mi sa che ve ne farò sprecare ancora. Non mi voglio sposare più –
– Muoviti e mettiti le scarpe –
– Mettitele tu! –
– Lucia non mi fare arrabbiare per favore. Sei stata tu che l’hai voluto? –
– Sono stata io…sono stata io…Non sono stata io! –
– Chi è stato allora? –
– Lo Spirito Santo –
– Lucia forza ti muovi? –.
Che dovevo fare io? Coso mi aveva mollato! E meno male, quel capellone! Capellone, barbone semmai; se li è tagliati i capelli. Oh Lucia ringrazia che hai trovato un buon partito. Un bravo ragazzo. Giovanni è bravo!
– Lucia? È arrivata pure zia Fernanda –
– Lucia! Bella mia! Oh quanto stai bene con i capelli così –
– Grazie zia ma… –
– Non ti voglio macchiare con il rossetto –
– Non preoccuparti –
– Lo sai che ha detto? Non si vuole sposare più! –
– Nè –
– Dai, su, le scarpe! –
Con le scarpe avanzo lungo il corridoio buio. La luce c’è, ma non fa luce. Sono talmente agitata. L’ascensore anche è ricoperto da questo stupido fiocco. E se cascasse? E se cascassimo tutti? Arriviamo al piano terra sani e salvi.
Mio padre quando mi guarda ha un sussulto: – Hai visto come sta bene? – dice mia madre.
– Una favola! –.
Papà è sempre stato generoso, con me e con tutti. Forse per questo ho regalato il mio corpo a tanti uomini prima di Giovanni. Mi sembravano tutti persone buone. Non avevo paura dei loro giudizi.
– Papà non voglio entrare in macchina. Devo andare via –
– Dove devi andare? – mio padre si mette a ridere.
– Devo andare…devo andare dalla psicoanalista –
– Ah ah ah ah –. Mio padre ride, ignaro. Non sa quello che sta succedendo dentro la mia testa.
– Non è l’uomo giusto. Non lo è. Tutti tranne lui. –
– Mario non dargli retta – dice mia madre: – Stamattina si è svegliata con questa storia –.
Zia Fernanda: – Vedrai, Lucia, com’è bello essere sposati! Almeno i primi tempi –
– Ma neanche i primi tempi! -, dico io. – Quello è un fascista –
– E che vuol dire? Perché i fascisti erano fascisti secondo te? –
– Anche la nonna era fascista, nostra madre –
– Aaaaaaah –.
Cerco di riprendermi dallo spavento: – Come la nonna Francesca era fascista? –
– Sì, eccome. Diceva che con il duce poteva tenere la porta di casa aperta! –
– Aiuto! –.
Allora sono sempre stata circondata da fascisti. A saperlo prima non ci passavo metà della mia infanzia con la nonna.
– Davvero era fascista la nonna? –
– Sì e pure il nonno. Capirai, un carabiniere –.
Il mio occhio destro indipendentemente dalla mia volontà inizia a pulsare. Mi vedo negli anni Trenta con una strana acconciatura in capo, un vestito più sbiadito di questo e mio nonno, con la divisa da carabiniere, che canta la marcia nuziale.
– Papà ti puoi fermare per favore? –
– Lucia…non fare storie –
– No, no, lo so io perché. Non voglio ritrovarmi seduta vicino a un fascista. Quando si accorgerà che sono indomabile mi vorrà scaraventare giù da un dirupo –.
– Lucia, ma quante sciocchezze stai dicendo? Dì, da quanto conosci Giovanni? –
– Un anno e mezzo, quasi due –
– E allora? Ti ha buttato giù da un dirupo? –.
Gli scemi ridono, inconsapevoli del fatto che mi stanno ferendo.
– Sì, da un dirupo, quello mi butta da un dirupo! – urlo ai passanti dal finestrino anteriore. Mi hanno pure lasciato il posto più importante, vicino a papà.
– Se non la finisci chiamo Giovanni –
– Chiamalo allora! A me non frega niente. –
– Ciao Giovanni, come stai? –
– Bene. Lucia? –
– Lucia è qui. Aspetta che ti vuole parlare un attimo –
– Ehi –
– Amore mio –, dice lui. – Quando vieni? –
– Amore, sto arrivando –.