Premio Racconti per Corti 2012 “Ogni volta è diversa” di Marina Salucci
Categoria: Premio Racconti per Corti 2012(Ambientazione: non precisato aeroporto del nord)
-Ma quanto ci vorrà ancora?
La voce dell’uomo tradiva disagio e spaesamento.
-Non glielo so dire, rispose lo stuart, ma non si preoccupi, le assegneranno una stanza . Le teniamo apposta per queste evenienze.
-Una stanza? Ma allora è una cosa lunga, ma allora…
-No, non è detto, noi le diamo una stanza per riposare, fosse soltanto una mezz’ora…
Intorno continuava il via vai di valigie e persone. Il grande cartellone delle partenze non faceva che sputare cancellazioni.
-Ma più o meno, secondo lei quando si potrà ripartire? Ne avrà pur viste situazioni simili, può dunque fare un previsione, una stima, qualcosa…
Lo stuart guardò il suo interlocutore: capelli bianchi venati di grigio, rughe sulla fronte, aria stanca.
-Vede, rispose, ogni volta è diversa dall’altra, per questo non facciamo previsioni. Non dubiti però della nostra efficienza.
Dalle grandi vetrate arrivava la luce della neve che cadeva fitta da molte ore: il grande aeroporto del nord era bloccato. Nel silenzio d’ovatta i fiocchi chiarissimi mossi dal vento formavano parvenze strane, luminosissime.
Ogni volta è diversa dall’altra, la frase risuonava nella mente dell’uomo.
Arrivò l’hostess che lo accompagnò. Tentò di sapere qualcosa di più, ma anche lei, con gentilissimo sorriso, gli disse che non era possibile fare previsioni, perché ogni volta era diversa.
-Venga, venga, prego, entri. E gli aprì una porta smaltata. Buonanotte.
-Buonanotte? ma allora, allora…
-Buonanotte nel caso dovesse pernottare, ma non è detto, si tranquillizzi, magari fra mezz’ora il suo aereo decollerà, chi lo può dire, comunque qui è in buone mani. E sparì al chiudersi sommesso della porta.
L’uomo si lasciò cadere sulla poltrona come un sacco: dalla grande vetrata i contorni del paesaggio sfumavano e l’aria era vivida di neve.
Ma non riusciva a stare seduto, si alzò e corse fuori, voleva parlare con qualcuno, raggiunse la hostess con concitazione e la prese per un braccio.
-Mi scusi, mi scusi, le vorrei parlare, per favore, venga con me!
-Va bene, rispose lei, ma si calmi, non c’è motivo di agitarsi a questo modo, di qualsiasi cosa si tratti.
La porta smaltata si riaprì, e i due si sedettero.
-Mi dica, esortò la giovane donna.
-Volevo sapere che cosa… che cosa vuol dire… che… che ogni volta è diversa dall’altra…
-Significa, esordì lentamente la donna, che occorre essere consapevoli di ogni situazione, prestare attenzione e non valutare di fretta con rigidi schemi mentali. Significa che dobbiamo considerare come unica ogni situazione, e ogni persona. Questo, significa.
L’uomo trasalì.
-Le stesse parole… mormorò
La donna lo guardò stupita.
-Che cosa ha detto, mi scusi?
L’uomo non rispose e girò la testa verso la vetrata. Un lieve vento scompigliò dolcemente i fiocchi. L’uomo vide volteggiare ali bianche, grandi, maestose.
-Guardi, disse alla donna, guardi, sembrano angeli… angeli di neve…
-Certo, il vento e la luce creano sempre forme nuove. E’ bellissimo.
-Ma lei mi deve una risposta.
-Ho detto che sono le stesse parole, le stesse che mi diceva lei. E pronunciò un nome di donna.
-Ah, e lei non era d’accordo?
-No, no, per niente, io ho sempre sostenuto che ogni situazione è simile all’altra, che occorre preparare strategie, schematizzare, per semplificare, per essere efficienti…E ora, ora…
-E ora?
-Ora… all’improvviso, mi sembra… mi sembra… di avere sbagliato…
-Quella donna era importante per lei vero?
-Sì, molto, ammise l’uomo tristemente.
-E se n’è andata.
L’uomo non riuscì a confermare.
-Irrimediabilmente? chiese la donna, e rimase in attesa.
-Sì, rispose gravemente l’uomo, se ne andò dicendo che non mi voleva più vedere, e di non cercarmi perché in questa vita non ci saremmo più visti. Così disse. E non ci siamo più incontrati.
-Mi dispiace, davvero. Ma forse lei ora ha capito, forse questo viaggio le sarà utile, e chissà, chissà che…
-Davvero lei crede questo, crede che noi…
-Certo, disse la donna, lo credo possibile. E ora mi scusi, ma devo andare. Non si preoccupi: se l’attesa si prolungherà ci saranno altri passeggeri che le terranno compagnia.
Ciononostante l’uomo si trovò da solo, entrò in bagno e si guardò: si trovò vecchio.
Si passò la mano sulle guance non più floride, sulle rughe della fronte, sulla barba non fresca di rasatura.
Perché aveva accettato quella trasferta, così pesante, così lontana…
Ma il rumore secco della porta smaltata che si apriva lo fece girare. Vide una schiena di donna, coperta da un elegante cappotto morbido. La donna si girò.
L’uomo gridò un nome: era lo stesso che aveva confidato prima alla hostess.
-Sei tu? Davvero? gioiva, sebbene un certo turbamento fosse penetrato in lui insieme alla gioia.
-Sì, sono io, rispose lei guardandolo con dolcezza.
-Sono così felice di vederti, proprio qui, proprio ora, pensavo a te, a noi, ai miei errori, la solitudine mi pressava, era insopportabile, e tu hai aperto la porta…
-Sì eccomi, disse la donna sorridendo.
-E’ bellissimo, e tu che dicevi che non ci saremmo più rivisti in questa vita.
-La donna sorrise indulgente, lo guardò fisso, disse “appunto”.
Poi gli porse la mano. L’uomo la strinse. Uscirono dalla grande vetrata. E dopo un po’ il vento, la luce e la neve fecero cancellarono i loro contorni.
–