Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Riprenderò a sognare” di Paola Viteritti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Ero nella piazza del mercato quando ci fu l’esplosione. Camminavo tra le bancarelle con una cesta in mano. La piazza era gremita di gente, per lo più donne che nascondendosi dietro al velo facevano la spesa, come ogni mattina. Noi capii bene cosa accadde: guardavo della frutta e poi, improvvisamente, un gran rumore, gente che urlava. Fui scaraventata a diversi metri da dove mi trovavo. Un insopportabile dolore mi costrinse ad abbassare lo sguardo: avevo una gamba ferita, mezza staccata dal corpo. Quasi non mi accorsi che involontariamente cercai di coprirla con i brandelli di stoffa rimasti integri. Non ricordo di aver urlato; probabilmente l’ho fatto e le mie grida, i miei lamenti, si sono uniti a quelli della gente intorno a me. Era un coro di sofferenza e dolore.

In momenti del genere non c’è drammaticità, non c’è la tragedia delle immagini televisive, non c’è ordine e tutto è un mescolarsi di avvenimenti. Tutto è crudele realtà. Chi non vive un’esperienza del genere non può capire, non riesce a comprendere quanto la situazione sia cruda, quanto ti si attacchi alla pelle. Forse, al momento, nessuna persona coinvolta se ne accorge, ma basta far passare qualche tempo che le immagini tornano agli occhi e le orecchie riecheggiano di urla. Vedere corpi inanimati intorno a te o pezzi di corpi sparsi ovunque, mentre tu stesso temi di poter morire e il dolore che provi ti attanaglia come a volerti togliere il respiro, tutto questo non lo puoi dimenticare. Non riesci a nasconderlo perché, in un modo o nell’altro, torna a tormentarti. Tutto peggiora quando ti salvano, quando ti dicono che potrai tornare a camminare con una protesi, quando riprenderai a uscire per le vie del paese. Perché lo sai. Sai che potrebbe succedere ancora, sai che potresti morire la prossima volta e temi che tutto ciò possa accadere anche a chi hai imparato ad amare. Non capisci perché, ma vivi tutti i giorni sulla lama di un rasoio. Sai che può accadere di nuovo e cerchi di nascondere a te stesso questa ineluttabile verità. Sai che colpiranno ancora. Gente innocente, bambini. Sai che vedrai i loro corpi mutilati e i loro visi straziati dal dolore e sai che anche loro non potranno dimenticare.

Io ero nella piazza del mercato quando accadde tutto. Ho visto gente correre e scappare, poi qualcuno avvicinarsi, chiamare i soccorsi. C’era gente che veniva alzata e spostata con mezzi di trasporto occasionali e c’era odore di carne carbonizzata. Il fumo proveniente dalle bancarelle incendiate faceva lacrimare gli occhi, ma forse molti piangevano per l’ennesima strage, per la rabbia di non riuscire a fermare questi massacri.

Sono stata trasportata in ospedale, senza ricordare come. Devo aver perso conoscenza diverse volte durante il tragitto. La mia gamba è stata amputata, le mie ferite curate. Dopo qualche tempo sono stata dimessa. Dell’ospedale ricordo benissimo le persone ferite. Ho impressi i loro sguardi imploranti, come a voler cercare chi potesse davvero capire, sguardi che cercavano spiegazioni e che col tempo diventavano sempre più vuoti e distaccati. Ci si nascondeva dentro se stessi, cercando di sopravvivere alle cose viste, al dolore provato.

Non so che fine abbiano fatto tutte quelle persone. Io sono tornata a casa e ho imparato a camminare con la protesi. Ho ripreso a uscire, ma niente è come prima. Non solo perché sento che la gente intorno a me non può capirmi, ma perché io stessa non capisco più gli altri: non comprendo la loro tranquillità nell’uscire di casa o nel recarsi in posti molto affollati. Loro non capiscono il mio guardare in giro nervosamente, il camminare affrettato, la mia espressione spaventata. Ogni tanto incrocio lo sguardo di qualcuno come me. Ci riconosciamo all’istante e ci scambiamo occhiate d’intesa. Anche questo, però, non può durare molto: incontrare persone che non capiscono ti fa sentire solo, ma incontrare qualcuno che sa fa riemergere i ricordi e ti fa soffrire. Vorresti scambiarci due parole, ma non hai mai il coraggio di farlo. Il tempo passa e ti sembra di star meglio giorno dopo giorno. Credi che ci sarà nuovamente pace, che potrai sentirti tranquilla. Poi accade di nuovo, magari lontano chilometri da dove ti trovi e il calvario ricomincia. Riprendi a ricordare e stai male, perché tu sai che cosa si prova. Non finisce mai questo dolore, questo senso di solitudine, questa strenua sopravvivenza. Eppure continui a lottare per vivere, tenendo stretto tutto quello che ti rimane.Alcuni giorni mi sembra di riuscire a cogliere la bellezza e la serenità nei piccoli gesti quotidiani, nei profumi rassicuranti di casa, nella vista delle persone amate. Altri, mi sento sprofondare dalla tristezza, dalla malinconia e da un forte senso d’impotenza.

Domani, forse, riprenderò a sognare.

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1 commento »

  1. Mi auguro non sia un’esperienza vissuta in prima persona, perché il racconto è così realistico… Comunque sia, spero che la protagonista riprenda presto a sognare.

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