Premio Racconti nella Rete 2012 “Le avventure di una fata” di Giuliana Ricci (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Esiste, molto molto lontano, un pianeta interamente abitato da fate e folletti. E’ un posto fantastico dove regna l’armonia e la natura vive rigogliosa offrendo rifugio e cibo alle fate e ai folletti. Infatti ci sono fate che hanno ricavato la propria casa nel tronco di un albero, altre che hanno fatto il loro nido tra i rami e altre ancora sono andate a vivere in una grotta dopo avervi steso un bel tappeto di fili d’erba e muschio.
Tutte le fate di questo pianeta, inoltre, sono elegantissime perché si vestono con i petali dei fiori più profumati e con le foglie più morbide che cuciono con fili di seta. Sulla testa portano coroncine di fiori o cappelli decorati con coloratissime bacche e indossano gioielli di frutta secca e sassolini luccicanti raccolti lungo la riva dei fiumi.
Non avremmo mai saputo dell’esistenza di questo pianeta se una di queste fate, per uno scherzo del destino, non fosse caduta sulla Terra e ci avesse raccontato tutto quanto. Un giorno, infatti, questa bellissima fata, di nome Ambra, stava giocando con le sue compagne a fare bolle trasparenti con le proprie bacchette magiche. Si divertivano tantissimo a vederle volare e cercavano di fare bolle sempre più grandi. Ambra spiccò il volo per poter volteggiare intorno a quelle sfere luminose e specchiarsi in esse. Sbadatamente, però, rimase prigioniera di una bolla e il vento la portò via, strappandola al suo pianeta e alle sue compagne.
Per giorni e giorni vagò nell’immensità dell’universo, piangendo e senza sapere quale destino l’attendesse. Poi, all’improvviso, la sua attenzione fu attratta dalla luce e dal calore di una grande stella, che era il Sole, e intorno a lei girava un curioso pianeta, che era la Terra. Di fronte al forte calore del Sole, la bolla divenne sempre meno resistente e cominciò a scendere verso il pianeta sconosciuto. Man mano che si avvicinava vide alte montagne, cime innevate, foreste, oceani, laghi, fiumi e strane costruzioni dove vivevano riunite tante tantissime persone.
Sfiorando la cima di un monte, la bolla si ruppe e la fata, finalmente libera, cominciò a ruzzolare giù per il pendio. Non riusciva a fermarsi e ruzzolò a lungo, finché non fu arrestata da una palizzata di legno. Si trattava di un recinto che circondava una di quelle strane case che aveva osservato dall’alto. Si alzò da terra e cercò di scuotere i propri vestiti stropicciati e di sgranchire le proprie ali.
Fu interrotta da un grido. Voltandosi vide un essere che assomigliava molto ai folletti del suo pianeta ma non aveva le ali e inoltre indossava dei brutti vestiti che non profumavano neanche un po’. Lo strano folletto la guardò per un po’ sorpreso e intimidito, ma poi si tranquillizzò e si fece più vicino.
– Ciao! Io sono Tommi. E tu, come ti chiami? – le domandò.
– Ambra.
– A che ti servono due ali? Vieni da molto lontano? – continuò a fare domande il curioso Tommi.
– Sì.
– Sei stanca? Vuoi stare un pò a casa mia?
Ambra guardò quella che Tommi chiamava casa. Lei non avrebbe mai potuto alloggiare lì dentro: era distante dalle fresche acque di un torrente, non c’era un bosco vicino, non vi erano bacche dolci da cogliere nei dintorni e dalla porta non intravedeva nessun tappeto soffice ma solo un pavimento duro come la pietra. Non fece in tempo a rifiutare l’ospitalità che dalla casa uscì un altro essere, come Tommi ma più grande.
– Questo è il mio papà, Berto … questa è la mia mamma Vera e questa la mia sorellina Viola. – spiegò Tommi man mano che tutta la sua famiglia usciva fuori a vedere la fata che era caduta in giardino.
Tutti quanti rimasero in silenzio mentre, con occhi pieni di meraviglia, osservavano Ambra, le sue ali colorate, i suoi vestiti e il bastoncino di legno che reggeva come se fosse una bacchetta magica.
– Che cosa potrebbe essere? – domandò Vera al marito.
– Sembra proprio una fata. – rispose Berto.
– Ma esistono le fate?
– A quanto pare sì! – esclamò Viola felicissima di quell’incontro.
Ambra era indispettita: quelle persone, brutte e rozze, stavano a studiarla come se fosse stata una cosa strana. Il peggio, però, doveva ancora venire perché all’improvviso da un cespuglio sbucò un essere tutto peloso e sporco che le andò incontro saltandole addosso e leccandole il viso: era Goloso, il cane di casa. Dalla disperazione mancò poco che Ambra si mettesse a piangere.
– Non credo sia pericolosa! – disse Berto alla moglie – Ma di certo ha bisogno di aiuto.
– Può stare in camera mia? – chiese Viola.
– Penso di sì. – le rispose la madre.
– Io, invece, vorrei tornare sul mio pianeta. – disse Ambra sperando che potessero aiutarla ad andarsene da lì.
– Purtroppo non è possibile: non conosciamo il tuo pianeta e non sappiamo come potresti fare a raggiungerlo ma puoi sempre stare con noi. – la rassicurò Berto – Hai fame?
– Sì. – rispose Ambra e, non avendo alternative, accettò di essere ospitata in quella casa.
Gli offrirono un pasto fatto di cibi a cui non era abituata. Lo rifiutò. Il giorno dopo, allora, Berto mandò i figli a cogliere ciliege, more, mirtilli ed ogni altro tipo di frutta affinché Ambra potesse mangiare le cose a cui era abituata. La notte la misero a dormire in una specie di sacco di tela che chiamavano letto e anche di questo si lamentò. Quindi Vera, cercando di alleviare la sua sofferenza per la mancanza di casa, le fece trovare nel letto petali di fiori profumati. Di giorno, Ambra stava seduta in un angolo del giardino annoiandosi e fu molto felice quando Viola le disse che anche lei era capace di fare delle bolle. Purtroppo quelle bolle erano fatte di acqua e sapone: erano piccole, duravano poco e si rompevano appena le toccavi. Tommi, poi, le stava sempre di torno e faceva tante domande, per non parlare delle feste di Goloso che erano insopportabili.
Quelle persone si mostravano premurose, si ritenevano generose e si dicevano pronte a darle tutto il loro affetto, ma in realtà erano solo noiose e fastidiose. Inoltre, non credeva a ciò che le raccontavano quando parlavano dei pericoli che avrebbe potuto incontrare nel loro mondo.
Alla fine, stanca di tutto questo, decise di andarsene convinta che da qualche parte, su quel pianeta, vi fosse un luogo migliore della casa di Berto e gente più simile a lei. Scappò di nascosto, una notte, incamminandosi lungo una strada che Berto percorreva ogni volta che andava in città. Ambra non sapeva che cosa fosse una città ma aveva capito che era un luogo dove era possibile trovare tante cose e questo la rendeva curiosa.
Camminò a lungo, quasi tutta la notte, e finalmente contro il cielo nero Ambra vide un’ombra gigantesca che oscurava tutte le stelle all’orizzonte. Da principio, pensò di aver trovato un bosco fatto di alberi grandissimi e, felice, affrettò il passo perché lì avrebbe trovato tutto quello a cui era abituata nel suo mondo. In realtà, man mano che s’avvicinava e il sole sorgeva, s’accorse che non erano alberi ma case: tante, tantissime case, sempre più alte e più vicine le une alle altre. Inoltre, c’erano molte persone, tanto rumore e fumo proveniente da strani veicoli che servivano per muoversi veloci anche senza le ali. Quella doveva essere la città e rimase proprio delusa.
Arrivò quando il sole era già alto. Sperava in una buona accoglienza ma la gente la guardava in modo sorpreso, come se fosse un essere strano, alcuni la scansavano e qualcuno rideva di lei. Un ragazzino, che poteva avere l’età di Tommi, cominciò a tirare la propria mamma per un braccio e puntando il dito in direzione di Ambra disse:
– Guarda come s’è conciata quella, forse pensava che fosse carnevale!
Ambra non sapeva cosa fosse il carnevale ma quelle parole la misero a disagio e, per la prima volta da quando era sulla Terra, si sentì veramente fuori posto.
Camminò vicino ai muri cercando di farsi notare il meno possibile ed arrivò in una piazza dove c’erano tanti banchetti su cui erano esposti vestiti, coperte, scarpe, gioielli, profumi, fiori e tanti tipi di frutta. La fame cominciava a farsi sentire e Ambra s’avvicinò ad un cesto di frutta scegliendo una bellissima mela rossa. Quando la vide afferrare il frutto, l’uomo del banchetto s’arrabbiò moltissimo: non era come Berto che le aveva offerto il cibo senza chiedere niente in cambio, voleva del denaro e, dal momento che lei non ne aveva, le fece riposare la mela, la chiamò ladra e la cacciò via.
Ambra impaurita scappò dal mercato andando a nascondersi in un angolo deserto della città e, quando si sentì al sicuro, con la propria bacchetta fece apparire una coppa di fragole e more per placare la fame. Ma non era solo il cibo ad essere un problema, le mancava un rifugio dove poter riposare e non sapeva neanche come fare a trovarlo. Aveva visto tanti posti pronti ad ospitare i forestieri, con insegne luminose e saloni accoglienti, purtroppo, per poter avere una stanza serviva del denaro. Con un incantesimo avrebbe potuto far apparire tante monete ma il potere della bacchetta magica era quasi esaurito ed era meglio conservarlo per pericoli più urgenti.
Adesso rimpiangeva la casa di Berto e tutto quello che la sua famiglia le aveva offerto senza che lei lo avesse apprezzato: la zuppa calda della sera, i vestiti semplici di Viola, il letto su cui Vera aveva sparso petali di fiori, la compagnia di Tommi e anche quella un po’ ingombrante di Goloso. Erano stati molto generosi e lei aveva avuto una gran fortuna a incontrarli, soltanto adesso lo capiva. Avrebbe potuto tornare indietro ma si vergognava per come si era comportata, sapeva di averli offesi e temeva che non la volessero più con loro.
Era immersa in questi tristi pensieri, quando Ambra vide la porta aperta di una casa non distante da lei. Non c’erano insegne di alberghi né di locande ma era come un invito ad entrare e, forse, avrebbe trovato qualche persona gentile disposta ad ospitarla.
Si affacciò timidamente alla porta e vide una stanza piena di mobili dove una donna, voltata di spalle, era intenta a spazzare il pavimento. Ambra le andò vicino e la salutò con un sorriso ma, quando la donna s’accorse di lei, si spaventò e cominciò a gridare. Anche Ambra, spaventata a sua volta, tirò un urlo e corse fuori dalla casa inseguita dalla donna che minacciava di colpirla con la scopa.
Il trambusto che stavano facendo richiamò l’attenzione di molte altre persone che si affacciarono alle finestre e alle porte delle case vicine. C’era un solo modo per fuggire e Ambra spiccò il volo andandosi a nascondere sul tetto di una casa. Poi, passando da un tetto ad un altro, si allontanò da quel posto e trovò rifugio all’ombra di un vecchio comignolo.
Grosse lacrime scendevano dagli occhi di Ambra, si sentiva molto sola. A quell’ora avrebbe potuto essere in cucina con Vera a preparare la cena, poi avrebbe mangiato in compagnia di tutta la famiglia e più tardi ancora avrebbe potuto addormentarsi chiacchierando con Viola. Ma tutto questo lei lo aveva gettato al vento.
Con un sospiro alzò gli occhi guardando in direzione della casa di Berto e, in lontananza, vide un gruppetto di persone precedute da un cane che si avvicinava alla città. Il cane annusava il terreno come se seguisse la traccia di qualche persona e, se gli occhi non la ingannavano, sembrava proprio Goloso. Ma sì, era proprio Goloso … e Tommi, Viola, Vera e Berto. Erano venuti a cercarla, non poteva crederci e spiccò il volo per andare loro incontro.
Anche se non lo meritava, furono tutti molto felici di poterla abbracciare di nuovo e, invece di sgridarla, si fecero raccontare tutto quello che era successo. Ambra descrisse la terribile giornata che aveva passato e terminò dicendo che aveva avuto tanta paura.
– La gente della città non è cattiva ma sulla Terra nessuno ha le ali e, forse, vedendoti si sono spaventati più di te. E’ difficile capirsi quando apparteniamo a mondi diversi ma, con un po’ di buona volontà, non è impossibile. Col tempo sarà tutto più facile, vedrai. – le spiegò Vera abbracciandola con affetto per accompagnarla verso casa.
Sulla via del ritorno, Ambra decise che voleva fare un dono a tutti quanti e impugnata la bacchetta magica fece apparire un paio di scarponi nuovi ai piedi di Berto, uno scialle ricamato sulle spalle di Viola, un vestito elegante indosso a Viola, il cappellino della propria squadra di calcio in testa a Tommi e, naturalmente, un osso in bocca a goloso.
Restava ancora un incantesimo nella bacchetta magica e, sapendo di non poter tornare sul proprio pianeta, Ambra decise di far sparire le proprie ali: sulla Terra non le sarebbero servite e adesso non le dispiaceva affatto assomigliare un po’ di più alle persone che l’avevano accolta con tanto affetto. Forse, non le avrebbero potuto offrire tutte le raffinatezze a cui era abituata ma, in fin dei conti, non erano poi così necessarie mentre l’amore che portavano nel cuore era un grande dono, più prezioso di qualsiasi altre cosa avesse potuto desiderare.
Quando giunsero a casa, Ambra poté finalmente riposare nel suo letto facendo sogni bellissimi e, da quel momento, vissero tutti felici e contenti.
Una tenera favola, ben strutturata nel magico mondo delle fate, che mette in evidenza l’amore sopra tutte le altre necessità terrene. Complimenti!
Grazie Giuliana per il bel commento che hai fatto al mio racconto.
Tu scrivi per i bambini, sei molto brava e molto sensibile e la tua favola denota nobiltà di sentimenti. In bocca al lupo!
Rita G.
Bellissima. Se fossi una bambina vorrei che mia madre mi raccontasse questa favola. Brava Giuliana
Forse è un po’ troppo lunga, ma ha una forma fluida… e poi attrae molto.
Fiaba veramente carina. Interessante la collocazione della casa delle fate su di un altro pianeta. Bello anche il modo in cui fai arrivare la fata sulla terra. Complimenti.
Che bella. Molto molto bella questa favola!!!!
Che bella favola! come spiegare ai bambini l’accoglienza di chi è diverso……
La favola è ben scritta ma il messaggio finale non lo condivido:non credo che l’integrazione debba avvenire con l’eliminazione delle differenze o con il sacrificio delle proprie peculiarità. Figuriamoci attraverso il taglio di ali, simbolo di libertà… Perché invece la fata non risponde al bambino quando le chiede a cosa servono le ali?
Grazie per aver letto la mia favola e per il commento. Cercherò di spiegarti ciò che non è stato compreso: trovo giusto accettare di cambiare un poco, anche senza stravolgere la propria personalità, per venire incontro agli altri. Non fa male accettare qualche sacrificio perchè l’egoismo totale non porta da nessuna parte. Le ali, come dice il testo, non le servivano più e non c’è niente di male nel prendere esempio e voler assomigliare a chi è degno di lode. La libertà di un paio di ali è solo un’illusione, quella vera sta dentro di noi, nella nostra armonia con il mondo che ci circonda.
La fata non risponde al bambino perchè in quel momento la sua amicizia non le interessa.
Grazie per avermi dato questa opportunità.
Giuliana Ricci