Premio Racconti nella Rete 2012 “La figlia di Piera” di Daniela Casini Manciocchi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Antonio il Bello sposò la ragazza Piera. Antonio era povero e Piera possedeva oliveti, la ricchezza più vistosa, e la più faticosa, della Ciociaria. Tutti dissero che Antonio aveva trovato il sistema di campare senza lavorare. In più, Piera era bella.
La Ciociaria non è la Sicilia, qui gli Svevi non si sono fermati: come mai fra tanti occhi scuri, fra tanti capelli neri, Piera era così chiara? Forse un antico sangue longobardo scendendo verso Benevento aveva lasciato la nostalgia del suo passaggio nella treccia bionda, negli occhi cerulei, della ragazza Piera.
Di tanti figli che ebbe, una sola le assomigliò: la figlia bella, l’unica con gli occhi chiari della madre e i capelli, sebbene non biondi ma castano-dorati, splendidi e lunghi fino alle reni.
La guerra si portò via i figli maschi. Quello che rimase della famiglia si rifugiò in un capanno sulle montagne, in mezzo ai boschi. La figlia bella, scesa un giorno a fare provviste, fu accerchiata poco fuori del paese da un capannello di soldati stranieri di tutti i colori, che la seguirono senza parere, aspettando il momento buono, da cogliere come volo, approfittando della lunga solitudine degli oliveti.
La madre, in ansia per tante cose, scese a incontrarla e vide. Gridò di lontano, e corse; corse incurante della lunga treccia che si scioglieva, degli abiti sdatti e goffi, degli scarponi pesanti e instabili; corse per greppi e sassi. Raggiunse la figlia, le prese il braccio tirandolo bruscamente.
“Scappa, scappa, me li tiro dietro io.”
“Ehi, mi fai male, mi cade tutto.”
E tutto cadde infatti e andò perduto: il pane sacro e l’olio benedetto e il resto. E poi via insieme tutt’e due, e quelli dietro, ormai rassegnati al faticoso inseguimento, vista sfumare la sorpresa, e arrabbiati per essersela fatta sfuggire così, già fra le mani, a causa di quella donna anziana.
“Ah, ma se le prendiamo…”
E via via, e su su, fra gli olivi dai tronchi contorti, maestosi sovrani, indifferenti testimoni dell’ennesimo dramma umano. E via via, e su su, sopra il tappeto prezioso di olive cadute, destinate a marcire perché nessuno quell’anno le avrebbe raccolte, tesoro sprecato per chiunque.
Ansimando vicine, forti di una conoscenza del luogo e di un’esperienza che gli altri, i liberatori!, non avevano, le due donne s’inerpicarono verso il rifugio. Un po’ tirando un po’ spingendo, era la madre a dirigere l’azione, con durezza, con astio, con violenza, gli occhi chiari incupiti e induriti. Trascinò la figlia per balze e anfratti; finché la gettò quasi nel greto secco di un torrente rischiando di ucciderla; ma i soldati le persero di vista, ebbero paura di essersi allontanati troppo, cominciarono a vedere ombre tra le foglie argentee e dentro le tane dei tronchi, e a temere possibili agguati. Cedettero e tornarono sui propri passi, ripromettendosi vaghe rivincite, masticando amaro per lo scorno subito a causa di quella maledetta vecchia.
Allora la vecchia, vecchia non tanto d’anni quanto d’affanni, recuperò la figlia, miracolosamente illesa anche se piangente e dolorante, rallentò e le permise di riposarsi un poco per ripigliare fiato. Poi ripresero la via del rifugio, verso il capanno sperso in mezzo ai monti, dove i parenti – quelli che non erano in guerra e quindi pochi – aspettavano in ansia. Le provviste erano andate perdute, ma che importava? La madre riportava sana e salva la figlia, e questo solo contava.
Pochi anni più tardi l’avrebbe definitivamente perduta, ingoiata da una nave di emigranti diretta in Argentina, e non l’avrebbe rivista mai più, nei quarant’anni di vita che le rimanevano. Ma quella sera non lo sapeva.
Quella sera ella era salva ed esse erano insieme. Parenti e amici erano al sicuro. I figli lontani, in guerra, nelle ultime lettere stavano bene. C’era ancora da mangiare. Gli olivi al tramonto rilucevano come guerrieri in armature e cimieri di un esercito che non avrebbe defezionato mai.
Quella sera, seduti fuori tutti insieme a godere in silenzio la serenità luminosa del luogo e dell’ora, consapevole ognuno di quanto fosse precaria e preziosa, gli occhi della madre riflettevano di nuovo il cielo.
Bello. Asciutto e ficcante, come piace a me.
Racconto bello e ben scritto, dove tra l’altro si percepisce l’atmosfera, semplice e bella della campagna che lo ospita.