Premio Racconti per Corti 2012 “Vittorio” di Mirta Contessi
Categoria: Premio Racconti per Corti 2012Era una notte di marzo, con una luna piena che filtrava fra le nuvole. Vittorio uscì dal bar dopo la solita serata: un bicchiere di rosso al tavolo, la solita partita a beccaccino, i soliti somari che calano l’asso al momento sbagliato, le solite dispute, magari quella sera un po’ più accese. Si incamminò verso casa mentre si abbassava rumorosamente una saracinesca. In lontananza un cane abbaiò un paio di volte. Poi, silenzio: solo i suoi passi sulla terra ancora ghiacciata della carraia.
No, non solo. Vittorio udì uno strano rumore alle sue spalle, come un fruscio, come se ci fosse qualcuno che lo seguiva. Si fermò e si voltò a guardare. Nessuno. Il rumore si era interrotto. Riprese a camminare e, di nuovo, lo risentì. Si girò, sicuro di aver sentito qualcosa che si muoveva in sincronia con lui. Se lui camminava, qualcuno si muoveva dietro di lui, se si fermava non sentiva più il misterioso inseguitore. Allungò il passo, con una crescente inquietudine. Chi l’avesse visto camminare normalmente avrebbe potuto capire molto del suo carattere. Testa eretta, pancia vistosamente in fuori, gambe e piedi divaricati da “pataca”, come si dice da queste parti.
Vittorio era così, spaccone e borioso. L’avessero visto in quel momento non avrebbe fatto una gran bella figura. Camminava molto velocemente, anzi correva, scomposto, a tratti, e il rumore dietro di lui cresceva d’intensità. Non aveva dubbi: qualcuno lo rincorreva. Chi poteva essere? Cosa voleva da lui? E perché si nascondeva? Era un agguato? Il cuore gli pompava litri di sangue alle tempie. Aveva appena superato i campi del vicino e ora era sulle sue terre. Ancora trecento metri e poi poteva dirsi al sicuro, a casa. Non si voltò più a guardare chi lo tallonava: gli avrebbe solo dato del vantaggio.
Corse fino a sentire che emetteva dei rantoli spaventosi e che gli stava scoppiando la milza. A pochi passi dal portone inciampò e rovinò a terra, ma neppure allora si girò per vedere l’incombente minaccia. Aiutandosi con le mani, a ginocchia piegate corse gli ultimi metri come un orango infoiato. Si rialzò alla ricerca frenetica della chiave nella tasca della felpa col cappuccio, inzuppata del suo terrore. Aprì a fatica per il tremito della mano e accese la luce solo dopo aver chiusa la porta, appoggiandosi pesantemente ad essa con la schiena e lasciandosi poi scivolare, fino ad inginocchiarsi, spossato. Il rumore era cessato. La casa era silenziosa. Si rialzò e cercò subito di togliere la pesante felpa che emetteva un odore acre. Fu allora che capì e subito sbiancò per la vergogna. Il cappuccio della felpa era stato riempito di frusciante carta di giornale dagli “amici” del bar: solo uno scherzo organizzato dai soliti che non sopportavano più le sue spacconate e la sua boria. Vittorio non ammise mai di essersela fatta sotto dalla paura, ma , dal giorno dopo, sembrò a tutti un po’ più basso e un po’ più curvo.
Ben scritto. Mi piace il sapore “romagnolo” e l’analisi tutta femminile del mondo maschile che ruota intorno ai bar.
Grazie per l’apprezzamento, cara lulù. Hai colto in pieno lo spirito del racconto: Vittorio è un personaggio “quasi” reale, direi che è un puzzle di soggetti che ho conosciuto e che gravitavano attorno al Circolo del mio paesello della Romagna. La storia comunque è realmente accaduta: solo il nome del protagonista è falso.
E’ godibile e c’è ritmo, in poche righe hai raccontato un mondo.