Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Buio e Luce” di Daniele Sartini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Tra gli sguardi futili della frenesia quotidiana, osservavo il mondo presentare sempre lo stesso stupido volto. Imperavano pigrizia, sofferenza, rimasugli di gioia, ricchezza e carestia. Le piogge torrenziali avevano spostato solo di qualche meridiano il loro raggio d’azione, il buco dell’ozono aveva le sembianze di una voragine e l’atmosfera quelle di una grande ciambella in attesa di un futuro catastrofico. Nonostante questo, niente era ancora riuscito a scalfire la preoccupante piattezza umana. Un giorno, imprevedibile anche per me, di un anno, del quale volutamente non appuntai la banale combinazione numerica, accadde qualcosa di veramente nuovo. Le spiegazioni scientifiche si accapigliarono per soddisfare l’esigenza di dare, in pasto all’opinione pubblica, uno straccio di “perché” a ciò che era sotto gli occhi increduli di tutti. Quello che percepirono, gli ingenui abitanti della Terra, fu spiegato come un’alterazione, definita passeggera, dell’ultima certezza rimasta al genere umano: la secolare alternanza tra giorno e notte. Erano da poco passate le otto di quella mattina d’estate, passeggiavo silenzioso come un’ombra sulla battigia umida, bagnavo i piedi sui resti di una timida onda e, i primi, iniziarono ad accorgersi che qualcosa non stava andando come al solito. Non c’erano nuvole, non c’era nebbia, non c’era alcun ostacolo per la luce ma, quell’ostinato, buio tardava ad andarsene. Stava lì immobile, accoccolato e assonnato come fosse ancora piena notte e avesse davanti a sé altre lunghe ore di permanenza. Faceva quasi rabbia. Tutti volevano sapere cosa stesse accadendo; in ogni angolo del Mondo, si stava verificando il medesimo fenomeno e si sentirono disarmati di fronte a qualcosa che era spietatamente fuori dalla loro limitata conoscenza. Fu allora che li vidi, per la prima volta, fermarsi. I giorni passarono senza che avvenisse un cambiamento e, il mormorio della gente, divenne paura contagiosa. Gli alberi si spogliarono delle foglie, i fiori appassirono come vecchi stracci intrisi d’acqua, gli animali persero la bussola e gli uomini non furono da meno. Il latrato continuo dei cani riecheggiava lungo le strade delle città senza che vi fosse modo di porvi rimedio. Ben presto, venne meno la differenza tra ciò che era animato e quello che non lo era. Gli esseri umani si svegliavano con il buio che li accompagnava fino all’ora di tornare a letto. Si moltiplicarono i crimini dovuti a turbe psichiche, gli aerei smisero di volare e le navi di attraversare i mari. La vita annaspava nel trovare una ragione valida per proseguire il suo regolare cammino e, la comune speranza, era riposta nella mente del primo scienziato capace di illuminarsi sulle pagine di un libro sotto la luce di una fioca candela. Passarono giorni, mesi, perfino stagioni. Si susseguirono piogge, cadde la neve e tutto avvenne senza lasciare un segno tangibile. Quando gli uomini si rassegnarono ad accogliere le tenebre come unica certezza, accadde qualcosa che sovvertì il corso degli eventi. Alle sette e trenta, di uno dei molti anonimi giorni, una fievole luce squarciò l’ostinato buio destando uno stupore che descriverlo non renderebbe merito a ciò che vidi. Stavo seduto in un bosco, disteso sopra un caldo letto di foglie quando sentii applausi lontani riunirsi in un unico boato. Udii fischi di gioia e grida di chi aveva perduto l’abitudine a sopportare gli accecanti riflessi di un’alba mai così agognata. Scostai le fronde, che avevo davanti al viso, e vidi un bagliore correre dietro la cima più alta della montagna. La luce aumentava e, il pianto assordante dei cani, andava scomparendo. La vita riprese a respirare. L’albore sembrava ancora più nobile tanto da rendere il cielo fiero del suo azzurro. Fin dalle prime ore, le piante e i fiori, ripresero colore spogliandosi di quelle ragnatele grigie che le avevano vestite. Quella prima giornata trascorse in un lampo e arrivò presto sera. Con la stessa velocità, la felicità lasciò spazio prima allo stupore e poi all’angoscia: la luce, così com’era tornata, tardava ad andarsene. Sembrava volesse rifarsi dei mesi che aveva trascorso rinchiusa chissà dove. Le persone caddero nello sgomento comprendendo che, un eterno giorno, sarebbe stato devastante. Il caldo iniziava ad attanagliare tutto ciò che non fosse riparato dall’ombra. Le piante seccarono prima del previsto, i fiori tornarono ad appassire e le riserve idriche si ridussero al lumicino. Tutti concedevano la propria opinione. Le strade erano diventate lunghi serpenti di asfalto deserti che evaporavano fumi di catrame come fosse stato appena colato. Sembrava che la natura avesse scelto un’illuminazione perpetua castigando il buio chissà in quale prigione. Li vidi sconvolti, preoccupati, provati da qualcosa che non aveva spiegazione. Passarono di nuovo giorni, mesi e altre stagioni. Le acque evaporarono per salire in cielo in una simbolica ascesa dell’anima. Le nascite di ogni specie si ridussero al lumicino e il paesaggio divenne un uniforme deserto di cemento. Gli uomini potevano solo osservare ed io mi resi conto che, ciò che stava accadendo, andava oltre il semplice stravolgimento delle leggi fisiche terrestri. Era giunto il momento di intervenire. Dovevo fare qualcosa che fosse nel mio interesse e in quello di tutti. Fino a quei giorni, Buio e Luce, si erano sempre lasciati il posto. Adesso era come se corressero l’uno dietro l’altro. Sembrava avessero bisogno di fermarsi a un palmo di naso e parlarsi noncuranti che, da loro, sarebbe dipeso il destino di tutta la vita là sotto. Erano, però, orgogliosi delle proprie posizioni e c’era bisogno di rompere quella situazione di stallo prima che, il pianeta, diventasse un’enorme palla incandescente. Sciolsi il telo azzurro che avvolgeva la Terra, soffiai sull‘afa e spruzzai qualche nuvola per donare refrigerio, poi presi Luce da parte: “Che cosa state facendo?”

Qualche lacrima le scese dagli occhi.

“Ascolta Luce: io non so cosa stia accadendo ma ho a cuore il destino di molti innocenti; per una vita vi siete solo salutati all’alba e al tramonto, cos’è cambiato?” Pensai che schiodarla da quella posizione fosse difficile ma la sentii singhiozzare: “Non posso più sopportare questo, voglio stare con lui sempre”. Avevo capito bene? Luce e Buio si cercavano per unirsi? Passarono altri giorni di caldo infernale che resero l’aria e il futuro irrespirabili. Dopo una settimana, successe ciò che temevo: il bagliore divenne meno intenso e capii che presto si sarebbero incontrati. Milioni di occhi si alzarono verso l’alto inconsapevoli di quell’evento. Io, nascosto su una delle vette più alte e isolate, guardavo impotente il destino che si sarebbe compiuto. Ero rassegnato e incuriosito di scoprire se avrebbe vinto la responsabilità o la passione. Il cielo divenne di un buio mai visto nei mesi di tenebre. Quell’impronta nera si fissò per qualche lungo minuto, sufficiente a scatenare di nuovo panico e i latrati dei cani. Terrificanti lampi si scaricarono a terra e, senza farmi distrarre dalle corse di quel formicaio di uomini, osservai la rabbia di Buio e i modi con cui apostrofava Luce. Era una battaglia di sentimenti, il desiderio di due esseri così immensamente grandi ma, al tempo stesso, fragili e piccoli nel ritrovarsi coinvolti. Si strattonavano, lei fece quattro passi più avanti e lui la tirò con forza a se.

“Perché ora fuggi?”, sentii la voce di Buio infrangere il cielo come un tuono. Gli uccelli scapparono dalle fronde degli alberi e iniziarono a volare così bassi da sfiorare i tetti.

“Non scappo, ho solo paura di quello che potrebbe accadere”, Luce era terrorizzata. Buio mollò la presa sul suo braccio, il cielo tornò a schiarirsi e il vento cessò di soffiare.

“Se questo è ciò che vuoi, sei libera di andare ma non saremo mai una cosa sola”

Fu in quel momento che Luce si fermò, si voltò e tornò sui suoi passi. Era come trovarsi in orbita su un pianeta chiamato follia, quel secolare incanto di ‘notte e giorno’ si stava per rompere lasciando spazio alla volontà dell’amore. Il mondo non poteva comprendere la poesia di quell’istante ma accettarne le conseguenze.

“Allora vedrai un’altra me perché è ciò che ho sempre desiderato; quello che sei tu non lo cambierei mai, costi quel che costi”. Luce aveva sciolto ogni dubbio.

Mi alzai in piedi, guardai tutto ciò che avevo creato fino a quel giorno.

La vastità delle valli, la forza dei mari, la profondità del cielo e quello che gli uomini avevano costruito erano dettagli davanti alla magia di quell’atto. Mi rassegnai al fatto che, nemmeno io, avrei potuto cambiare una scelta dettata dai sentimenti. Aprii i polmoni, respirai l’aria sottile d’alta quota, tolsi le mani di tasca, raccolsi un bastone e scrissi una frase nel terriccio umido intorno ai miei piedi.

– Certe regole, seppur vitali, si arrestano di fronte a quella dell’amore –

 Buio e Luce si abbracciarono. Una penombra invase la Terra per non lasciarla più e gli uomini, eternamente avvolti in quella sfumatura, non cercarono una spiegazione.

 

 

 

 

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8 commenti »

  1. Il buio e la luce che da agenti atmosferici diventano esseri in grado di provare forti, anzi fortissimi, sentimenti; un creatore umanizzato che osserva ciò che accade mentre passeggia sulla terra mimentizzandosi tra i veri e propri umani che lui stesso ha creato. Questa sì che è un’idea geniale!!!
    E poi c’è l’amore che vince su tutto, che stravolge ogni regola, che non ha bisogno di spiegazioni… Infine credo che la frase: “Certe regole, seppur vitali, si arrestano di fronte a quella dell’amore” sia degna di citazione… Davvero complimenti!!!

  2. Grande metafora sulla forza devastante dei sentimenti e dell’amore, che pone quest’ultimo come unica soluzione, per tutti accettabile.
    L’amore apparentemente impossibile trova spazio e dona una vita alternativa, come dire che, quando è sbocciato, deve trovare il proprio spazio, affrancandosi dai luoghi comuni.
    E’ una storia teneramente sensibile, provocatoria, che pone come amanti proprio coloro che per definizione non possono coesistere e che si risolve in un compromesso nuovo, paradossale, apparentemente impossibile, al limite dell’immaginario: la sfumatura!
    Colpisce molto la passiva accettazione della penombra nel finale, la non curanza della moltitudine alla novità, quasi a significare che ciò che sta bene a chi si ama sta bene a tutti.
    Scorrevole ed intelligente, tra il poetico e l’apocalittico, ma soprattutto positiva, la narrazione si dipana fluida, senza appesantimenti futili. Bel lavoro!!!

  3. Ancora una volta un’idea originale sulla quale dipanare un racconto,anche se questa volta non incontra i miei gusti di lettore (quindi del tutto personali) che non amano molto il genere filosofico sentimentale, se mi è concesso il termine.

  4. Originale e visionario! Un racconto capace di giocare con le alternanze della natura e l’indifferenza degli uomini, troppo spesso incuranti dei delicati equilibri da cui dipendono. Nonché una grande metafora: complimenti!

  5. L’idea base di questo racconto avrebbe potuto essere anche interessante ma l’esperimento non e’ riuscito per nulla a causa di uno stile ridondante e pesante. Si fa fatica a portare a termine la lettura anche per un uso distorto della punteggiatura e un ritmo lento . Peccato, un’occasione sprecata.

  6. Come dice il Maestro Baricco: non esiste LA scrittura ma esiste UNA scrittura che puó piacere oppure no a seconda del lettore. In relazione a questo, esistono modi diversi di criticare: quella costruttiva (che è sempre ben accetta anche se tagliente) e quella, esclusivamente, distruttiva (che ha il solo scopo di esaltare il narcisismo di chi la muove). Bisogna saper scrivere ma bisogna, anche, saper criticare. Grazie per tutti i vostri commenti!

  7. Non credo esista il Maestro Baricco. Come non credo esista “LA scrittura”. Ma di certo esiste una grammatica italiana e delle regole sull’uso della virgola. “…quell’ostinato, buio…”, “…e, la comune speranza, era risposta…” sono esempi di un uso non corretto della punteggiatura. Questa, anche quando usata in maniera corretta, può appesantire la scrittura, come in questo passaggio del tuo racconto (e anche come nel commento che sto scrivendo): “…erano, però, orgogliosi delle proprie posizioni e c’era bisogno di rompere quella situazione di stallo prima che, il pianeta, diventasse un’enorme palla incandescente…”
    Trovo interessante il tuo racconto anche se zoppicante in alcuni punti. Lo renderei solo più leggero. Ti consiglio di “potarlo” un po’.

  8. Grazie per i preziosi consigli, certi errori sono figli della fretta di scrivere (“..quell’ostinato, buio…” è talmente evidente da non avere altra giustificazione). Per il resto, un certo tipo di punteggiatura, l’ho scelta appositamente perché, in questo racconto, ricercavo un ritmo lento quasi si trattasse di una profonda riflessione. Farò tesoro delle indicazioni.
    Io chiamo Baricco “IL MAESTRO” perchè per me lo è. Tutto qui. Credo che ognuno abbia il proprio mentore!

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