Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2012 “L’ombrello giallo” di Elisabetta Micali

Categoria: Premio Racconti per Corti 2012

Metto le tazze sul tavolo, un bel mogano inglese lucido e di prima patina, senza tovaglia né tovagliette. Sbattono sul piattino e poi il colpo sordo della teiera bollente. Sono i rumori d’inizio.

Il padre di Anna rientra in casa. Ha lavorato in giardino nello schiarire dell’alba; il tac secco delle cesoie sul legno dei sugheri e il crac crac del rastrello sulla ghiaia sono diventati il sottofondo dei miei sogni del mattino. Anna esce dal bagno. Mi siedo a tavola. Veloci rigoverniamo tazze, piatti e i coltelli grassi dal burro della colazione. Andiamo in spiaggia in macchina con la spazzatura nei sacchi neri sul sedile dietro. Anna guida tutta in avanti e le mani tengono il volante ben stretto.

-La spazzatura tocca sempre a noi- E poi ridiamo per la puzza.

-Non togliamo le scarpe?-

-Le abbiamo comprate di gomma apposta-

-Quella commessa le ha chiamate ragni-

-Sembrano più meduse-

Stiamo attraversando con le scarpe bianco trasparente dieci passi d’acqua che poi si perdono nell’interno tra incolti ciuffi verdi.

-Possiamo fermarci qui-

-Va bene, siamo più o meno in mezzo-

-Lo piantiamo lo stesso, anche se è presto-

-Dobbiamo piantarlo sempre-

Abbiamo comprato un ombrello da spiaggia di quelli piccoli, con il fusto in acciaio leggero, si smontano in due pezzi e pesano pochissimo. Lo abbiamo comprato in un giorno di pioggia, quando si è felici perché senza sensi di colpa ci si dice -Oggi possiamo andare al mercato-

Lo piantiamo nella sabbia e poi Anna tira fuori i libri dalla borsa, io stendo i teli lisciando bene ogni piega con la mano.

-Sono così felice d’averlo comprato-

-Ora siamo organizzate-

-E poi non ci pesa portarlo avanti e indietro-

Ci stendiamo  pancia sotto, le teste sotto l’ombrello. Anna legge ad alta voce ed io ascolto. Qualche volta facciamo il contrario. Oggi leggiamo in francese, parliamo in francese, giochiamo a essere di un’altra parte. Guardiamo l’ombrello da sotto in su.

-Pensa non averlo, qui sdraiate sotto il sole-

-Possiamo leggere sena strizzare gli occhi e non ci vengono le rughe-

-Poi non ce l’ha nessuno-

-Siamo le uniche-

-Bell’acquisto-

Sta arrivando gente. Una coppia ci passa davanti e cammina sin dove la spiaggia diventa nera di scoglio.

Sono quelli che vogliono star soli a scambiarsi effusioni amorose sdraiati sugli asciugamani dei grandi magazzini. I love you c’è scritto sull’asciugamano. Il gruppo delle signore si è fermato molto prima nel solito punto. Stanno sempre tutte vicine. Hanno asciugamani marroni o blu. Dal gruppo si staccano due figure che cominciano a sorriderci molto prima di essere a portata di voce. -Ma che bell’ombrellino!-

-Le piace?-

-Ma proprio sì. Lo lasciate in spiaggia?-

-Oh no, lo portiamo avanti e indietro. E leggero-

-Brave. Come sta il papà Anna? Non l’abbiamo ancora visto stamattina-

-Arriverà, scende sempre cosi tardi-

-Continuiamo la nostra passeggiata, buona giornata care-

Ma si voltano e tornano indietro.

-L’ombrello le ha incuriosite troppo, non potevano resistere-

-Tu lo fai il bagno?-

-No, ti aspetto. Guarda l’ombrello dall’acqua, poi mi racconti le impressioni-

Quando torno verso riva i miei piedi accarezzano la sabbia del fondo. Nel mezzo della spiaggia Anna è sdraiata sotto il riverbero del bianco e del giallo dell’ombrello.

-E’ impalpabile, quasi trasparente e non urta con la luce e con il colore di questo mare- penso e dico ad Anna, tornando a riva -E’ proprio bello-

-Vero?-

-Mi asciugo e ce ne andiamo-

-Sì, comincia a fare troppo caldo. Ci fermiamo a mangiare al ristorante?-

Chiudiamo e pieghiamo l’ombrello. Lo vuole portare Anna. Passiamo davanti con volti sorridenti al gruppo serrato delle signore. Ora ci sono anche quelle più giovani con bambini piccoli.

-Ciao, non mi venite mi a trovare..-

-Abbiamo chiamato ieri, ma eri fuori…-

-Non me l’hanno detto, mi dispiace. Oggi sono in casa, telefonatemi-

-Va bene, ti chiamiamo, ciao.-

Ridiamo da pazze mentre attraversiamo con le scarpe di gomma il rigagnolo d’acqua.

-Io non le telefono più-

-Ma figurati, lasciamo stare-

-Ti ricordi: Eugenia? No, la signora non è in casa. Chi parla?-

-Fa dire alla governante che non è in casa. Ed io pensavo che fosse lei a rispondere….-

-Tanto non andremo mai a trovarla per sentirci raccontare i pettegolezzi dell’estate-

-Chiudiamo qui con la nostra vita mondana-

-Ma tu volevi davvero andare a prendere il tè e parlare di bambini?-

-No, facciamoci desiderare-

-Tanto nessuno ci inviterà mai-

-Allora, ci fermiamo a mangiare qui?-

-Ma sì, per consolarci di dover buttare via sempre noi la spazzatura-

-Potremmo usare l’ombrello anche come parasole- e camminiamo, sulla strada verso il ristorante, protette dal bianco e giallo dell’ombrello.

-Ma certo. Il mattino in spiaggia ora è proprio un’altra cosa-

-Non so come facevamo prima-

Io poi partii con mille raccomandazioni per il ritiro dell’ ombrello per l’inverno.

Un giorno in città incontrai Anna. Era tanto che non la vedevo. Stava benissimo.

-Al mare c’è ancora una tua borsa di plastica-

-Ma dai, non ricordo quale sia-

-Quella trasparente con i pesci dentro-

-Ah sì, era un regalo. E l’ombrello?-

-Non volevo dirtelo. Mio fratello l’ha usato con una sua amica e l’ha rotto-

 

 

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1 commento »

  1. delizioso come un quadro di Hooper – particolari cromatici e intensità di emozioni – tutto però in toni leggeri e frizzanti. mi è piaciuto molto.

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