Premio Racconti per Corti 2012 “Lo snodo” di Brunella Monti
Categoria: Premio Racconti per Corti 2012SARA
Sara scese dal treno e cominciò a camminare piano, persa nei suoi pensieri. Sara era giovane e snella, aveva un sorriso che la illuminava tutta, una massa di capelli neri e una piccola valigia verde piena di vestiti vaporosi e leggeri. Sua sorella Anna certo la stava già aspettando. Se la immaginava dietro il vetro a trattenere con cura la tendina. Allungò il passo. Il passo elastico le stimolava il pensiero. Per lei era così. E l’aria la riempiva come un ossigeno supplementare. Il pensiero si allargava e poi si approfondiva. E siccome dentro Sara c’era lui, era inevitabile arrivare a lui. Il pensiero quasi le scivolava. E quando pensava a lui, si rendeva conto di desiderare di arrendersi. Perdeva la capacità critica, l’obiettività, la ragione. Forse perché in realtà non lo possedeva. Forse perché in questo gioco dell’amore vince chi perde, o chi si perde, o chi è perduto. E lei era proprio persa, così camminava di nuovo piano.
Mentre andava, gli sorrideva, idealmente. In fondo sapeva che anche lui conosceva questa corrente tra di loro, che si nutriva delle loro parole e dei loro silenzi, dei sogni e dei loro desideri. Il desiderio di Sara cresceva e assumeva forme diverse. Il desiderio era come un albero, dorato e pieno di lunghi rami ricurvi e lucidi e lisci. Ma il sapore di lui le era noto, quello lo inventava ogni notte e ogni notte lo ritrovava. Gli occhi di lui erano profondi specchi di quelli di lei. Anche il suo corpo lo era. E la sua bocca era per lei, milioni di volte, in milioni di modi. E le mani, una carezza infinita. E il suo corpo un corpo di uomo, e ragioni di uomo, ragioni torte e nodose. E aveva una forza che imprigionava le mani, mentre la bocca imprigionava la bocca e un corpo liberava l’altro.
Sara accelerò il passo, l’esercizio faceva bene allo spirito, l’aria faceva bene alla pelle e l’amore faceva bene al sorriso e all’anima anche, al corpo qualche volta. Sara volò gli ultimi metri, stare con Anna le avrebbe permesso di frequentare Paolo liberamente, almeno per un po’. E pazienza per gli inevitabili bisticci, con Anna era sempre stato bello sia ridere che piangere. Anna, la saggia, le avrebbe permesso di perdersi senza sparire nel nulla, l’avrebbe tirata indietro quando fosse servito, con uno dei suoi molteplici fili d’argento. E alla fine Sara arrivò.
Anna la stava effettivamente aspettando. La bacio, le lasciò una copia di chiavi e uscì per andare al lavoro. Quando la porta si chiuse dietro alla sua efficientissima sorella, Sara si rese conto che qualcosa non andava. Di colpo tutta la stanchezza accumulata in mesi di tensione le crollò addosso e il peso la schiacciò. Cosi si trascinò in sala e si buttò a peso morto sul divano. E lì sfatta e abbandonata considerò l’ordine sereno della vita di sua sorella che traspariva ovunque in quella casa e che ovunque la circondava e lo confrontò con il caos della sua.
Poi le cascò l’occhio sulle frange del tappeto. Non poteva credere ai suoi occhi. Ogni più piccola frangia seguiva docile il verso delle altre, senza nessuna forzatura apparente. Sara poggiò a terra le mani, s’inginocchiò e si allungò tutta verso il tappeto. Sì indubbiamente quella strega di sua sorella era perfetta. Così si mise a ridere e poi condì il riso con le lacrime.
Quando si tirò su, tornò verso il corridoio, arraffò la valigia e la portò nella sua camera, la lasciò cadere dove capitava e cominciò a spogliarsi. Si tolse di dosso l’odore del treno e la solitudine del viaggio, la tristezza del silenzio e così nuda com’era nata si diresse in bagno. Consumò l’intero flacone di sali della sorella e s’infilò nell’acqua calda che saliva. Quand’erano piccole il bagno era il momento dei giochi, adesso ci sprofondò tutta, solo gli occhi a periscopio controllavano i fumi caldi che salivano e le rotondità che affioravano. Mentre l’acqua scioglieva il malumore, il telefono decise di squillare.
Sara tutta gocciolante uscì dall’acqua e lasciò molte piccole impronte bagnate e intanto la sua pelle fumava e il freddo la faceva rabbrividire tutta. Ma arrivò al telefono. “Pronto?” “Ciao, sei arrivata?” Era Paolo. E ora le tremava la voce. Certo era il freddo, così s’infilò di nuovo nella vasca.
“Il viaggio com’è stato? Quando ci vediamo?” la incalzava Paolo e intanto a lei sparivano tutte le paturnie sciolte come sale grosso nell’acqua della pasta. “Stasera, se ti va “ “Se non sei stanca” “Macché, lo sai che sono come un grillo, e poi non vedo l’ora di abbracciarti” “Anch’io non vedo l’ora. Alle 20.00 va bene? Ci incontriamo al ristorantino dell’altra volta, mangiamo un boccone… poi ti devo parlare…vedrai, e poi ti mangio io… ” Sara sparì con tutta la testa sotto l’acqua. Ma il telefono però lo lasciò fuori. E risbucò per dire che sì andava bene, andava bene tutto. Tutto andava bene. Paolo era sposato. Questo, però, era un dettaglio trascurabile (e comunque riguardava Paolo, non lei)…
Mirella
Era ancora una bella donna Mirella, una bella donna in vestaglia, seduta sul bordo della vasca, ma era così stanca e logorata che tutto le pareva difficile. Avrebbe voluto solo trovare un luogo lontano dove nascondersi e non pensare più a niente.
Rosa dal tarlo del sospetto, indecisa sul da farsi, preoccupata da un po’ di tempo per un certo disinteresse sessuale del marito nei suoi confronti, era arrivata a buttarlo fuori di casa, salvo a pentirsene subito dopo…
Eppure di tutte quelle parole che avevano fatto la loro storia, non ne era rimasta che una: ” Addio”. Come a rimettere nelle mani di Dio quello che loro due non avevano potuto comporre, né in cucina, né in sala, né in camera da letto.
E lo strazio dello strappo era tutto raggomitolato nel piccolo corpo di Alessio, quattro anni a Natale. Doloroso persino guardarlo respirare Alessio, con il nasino perennemente otturato dal muco. “Dov’è il mio papà?” chiedeva. E Mirella che non aveva risposte non gliene dava.
Come si va avanti quando non vedi più nulla davanti? Come s’insiste a vivere quando vivere ti nausea? Quando non sai più dove andare, alla fine la vita ti porta lei. Ti porta dove vuole e a te non resta che seguirla. Così Mirella si trovò la vita davanti.
“La nausea che prova, in una giovane donna, di solito ha un senso preciso” le aveva detto il medico di base. Mirella lo aveva fissato stupita. Non ci aveva pensato che in mezzo a tutto quel veleno potesse germinare qualcosa. Però uscita dal medico, era corsa in farmacia.
E, infatti, la striscia bluastra si era composta obbediente nella finestrella. Mirella la guardava allibita. “Mamma, mamma ho fame” piagnucolò Alessio entrato in bagno come un uragano. Mirella gli sorrise, era quasi l’una, Alessio aveva ragione.
Così andò in cucina e cominciò a preparare una pastasciutta. L’acqua, il sale, e poi pentolino con olio, aglio e cipolla, pomodoro e basilico. E intanto che compiva quegli atti quotidiani, cercava di immaginarsi come affrontare quella novità che “spareggiava” nuovamente il mazzo e ridistribuiva le carte.
Di nuovo e più pressanti si contrapponevano i diritti dei figli a quelli degli adulti. Il diritto di Alessio di avere una famiglia con un padre e una madre ora acquistava un peso maggiore, perché questo, non ancora nato, rinnovava la richiesta e rilanciava il gioco.
Mirella grattugiava il formaggio grana. E dentro di sé pensava: “Come posso ricucire questa storia con un uomo che ho appena mandato via di casa? Chi mi darà la forza di essere la moglie che lui si aspetta?” “Basta mamma, hai fatto una montagna.”
Mirella si riscosse. In effetti, aveva grattugiato grana per un esercito. Così si mise a ridere, colpita da subitaneo buon umore. Evidentemente la decisione era già presa: si allargava la famiglia e lei grattugiava il doppio.
Appuntamento con il destino
Ore 20.00 in punto. Sara uscì da casa in una nuvola di profumo, le gambe si muovevano svelte dentro la seta scivolosa del vestitino che aveva scelto per colpire al cuore Paolo ancora una volta. Lui la aspettava dentro al ristorante e quando la vide, la strinse forte. Sara si sciolse in quell’abbraccio caldo, di colpo le mancò l’aria e le si affrettò il respiro. Il viso le divenne subito rosa, lo stomaco contratto. Si sfilò dal collo il piccolo fazzolettino di seta. Stare così vicina a Paolo era ogni volta una tortura, che finiva solo quando finalmente si arrendeva, e lui e lei divenivano una cosa sola. Il locale dove cenavano era piccolo e carino, pochissimi tavolini e un’atmosfera tranquilla e di signorile buon gusto. Sara e Paolo sedettero in una posizione appartata e cominciarono a scorrere il menù. Intanto chiacchieravano, Sara sorrideva molto, si sentiva in paradiso e non avrebbe voluto essere in nessun altro luogo se non lì, con l’uomo che amava, tutto per se. Quella sera sembrava che una meravigliosa bolla li contenesse e che nulla potesse allontanarli l’una dall’altro. Tanto Sara amava Paolo. Tanto Paolo amava Sara.
Ore 20.00 in punto. Mirella uscì da casa tutta trafelata. La baby sitter era arrivata in ritardo e ora doveva ancora attraversare tutta la città. Sapeva dove trovare Paolo, a quest’ora era certamente nel localino che frequentava spesso. Sperò che fosse solo… Gli aveva lasciato un messaggio in segreteria, ma evidentemente non l’aveva ancora letto. Non vedeva l’ora di raccontargli la novità. Nonostante il brutto momento che attraversavano era sicura che ne sarebbe stato felice. Una vita nuova, un nuovo inizio. Mentre guidava, Mirella si controllò il trucco abbassando l’aletta del parasole e arricciò la bocca verso lo specchietto, …bene: il rossetto nuovo le stava proprio bene…
Appuntamento con il destino: può bastare un solo momento di distrazione a provocare un terremoto… Nel piccolo locale Sara si alzò dal tavolo, prese la borsa, sorrise a Paolo e gli comunicò che sarebbe andata a rinfrescarsi il trucco. Niente di ché, direte voi e avreste senz’altro ragione, se non fosse che in quel breve intervallo che occorse a Sara per allontanarsi dalla sala, arrivò in quello stesso luogo un’ospite inattesa: Mirella.
Quando finalmente entrò nel locale dove sapeva essere Paolo, per quella casualità fortuita che dicevamo prima, trovò il marito seduto da solo e quello che fece fu quello che avrebbe fatto qualunque moglie che avesse avuto un piccolo sospetto e nel momento stesso in cui stava per confermarlo, avesse avuto l’opportunità di credere che in fondo in fondo si era trattato davvero soltanto di un sospetto: rinunciò al dubbio e si sedette, molto sollevata, nel posto, evidentemente vuoto, di fronte a quello del marito. Era una donna solida e concreta che aveva investito tutta la sua giovinezza nel matrimonio, non avrebbe facilmente rinunciato a quello che aveva. Paolo impallidì e avrebbe certamente escogitato qualcosa per risolvere la spiacevole situazione se non fosse che in quel momento Sara decise di rientrare nella sala.
L’arrivo di Sara e la presenza contemporanea della moglie nello stesso luogo causarono un accumulo di energia, tensione ed elettricità nell’aria. Per un attimo il tempo si fermò o parve sospeso, poi tutto riprese a fluire e si creò uno snodo. Uno snodo è un momento e un luogo nella vita delle persone i cui destini s’incrociano, in cui le loro vite possono realmente cambiare; fatti e avvenimenti s’intrecciano e s’ingarbugliano, oppure si sciolgono a trovare soluzioni improvvise e il tempo che contiene tutte le possibilità, si allarga e le offre tutte come in un ventaglio.
Così Sara chiuse la porta del bagno ed andò incontro a Paolo sorridente, avendo occhi solo per lui e sulle prime non si accorse che il suo posto ora era occupato. Mentre si dirigeva al tavolo, però, il cervello iniziò a registrare che qualcosa non andava e lei ebbe modo di osservare l’ambiente circostante quasi al rallentatore. Vide che c’era una donna di spalle seduta dove prima era stata lei. Notò subito che era una donna ordinaria, con un abito di poco prezzo. Registrò una strana espressione sul viso di Paolo, poi capì che era stupore. Lesse nello sguardo di lui una certa debolezza e un grande imbarazzo e subito intuì un uomo diverso da quello che amava e conosceva, un estraneo che viveva ogni giorno equilibri che le erano sconosciuti.
Mentre avanzava lentamente verso di lui Sara capì, con grande limpidezza, che se lui avesse dovuto scegliere tra lei e quella donnetta seduta al tavolo, di cui vedeva solo la schiena, non avrebbe sicuramente scelto lei. Quella di fronte a lui era la Moglie. Come aveva fatto a illudersi? Quella persona equilibrata e stabile che credeva di amare, non esisteva affatto e probabilmente era solo il prodotto delle esperienze vissute con un’altra… Sara intuì tutto questo in una frazione di secondo che le si dilatò nel cervello con il bagliore di una illuminazione e all’improvviso le svelò fatti e circostanze che altrimenti lei non avrebbe mai compreso fino in fondo. Fu evidente che Paolo non era affatto il luccicante cavaliere azzurro che entrambi volevano credere che fosse, ma un ometto ordinario e mediocre che traeva forza e sostanza dalla vicinanza di quella donna evidentemente legata a lui. Era un vigliacco che la guardava con molta difficoltà, sembrava raccomandarsi a lei perché non lo tradisse e negli occhi aveva solo una preghiera: Va via.
Così Sara alzò il mento, scrollò la testa e continuò a camminare, oltrepassando il tavolo senza più degnare di uno sguardo né Paolo, né la moglie. Mentre passava lo udì ripetere, con un certo sollievo: ” Ma che ci fai qui? E Alessio dov’è? “Non si voltò neppure per spiare quella donna che le aveva infranto il sogno, proseguì oltre semplicemente, lo sguardo vitreo, l’intimo pensiero annullato, il cuore divenuto un mattone gelato.
Già sulla porta, mentre tendeva la mano ad afferrare la maniglia si sentì chiamare. ” Signorina, scusi, è sua questa?” Pallida, ma controllata Sara si girò di novanta gradi, trovandosi di fronte proprio la signora in questione. Aveva un viso largo, sorridente e aperto, appena sciupato da un inizio di rughe attorno agli occhi e le tendeva la mano porgendole il suo fazzolettino di seta. Sarà ammutolì per un attimo: quella donna a cui non aveva mai pensato prima, come se non esistesse, le stava di fronte e subito le fu evidente che era reale, così reale che sarebbe potuta essere il suo futuro. Lei e la moglie di Paolo erano forse la stessa donna, in tempi diversi . “L’ho trovata vicino al mio tavolo, è molto bello, penso che sia caduto a lei… ” Sara considerò il fazzolettino che aveva gli stessi colori del suo vestito e poi alzò gli occhi al viso della donna. “No”, le rispose ” non è mai stato davvero mio.” La lasciò lì interdetta e confusa, e se ne andò.
Mentre lasciava il locale, non soffriva, non ancora, almeno; sentiva dentro di sé una nuova consapevolezza: quella che il vero sesso forte era in fondo, in fondo, il suo – quello femminile – e a quello rendeva omaggio andando via così.
Bel racconto, davvero molto bello. Mi è piaciuto.
Come si dice di solito, “il sesso forte” meglio direi “la personalità forte” è quella di genere femminile.
Complimenti.
Dana
Grazie 🙂
Anche a me è piaciuto molto questo racconto. Ben scritto al punto che sembra di rivivere tutta la scena. Se posso permettermi un’opinione personale direi che certe emozioni possono essere così ben descritte se vissute in prima persona. Mi colpisce nel profondo per questo. Bravissima!
Vero, vero…