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24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2012 “Gianna e Alberto ovvero Sono solo nomi” di Angelo Vanzi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2012

Venerdì sera poco prima delle 23,00 Alberto e due suoi amici, arrivati quel giorno in città in gita scolastica, entrano in un bar del centro. Il locale è affollato, sulla destra un gruppo di ragazzi e ragazze, anche loro studenti in gita, hanno unito alcuni tavolini ed occupano quasi metà della sala.

Alberto e gli amici si sistemano in piedi davanti al bancone, ordinano da bere ed iniziano il gioco, per lo consueto, di cercare di indovinarne il nome di una ragazza sconosciuta. Chi azzecca almeno l’iniziale ha diritto ad una consumazione gratis, indovinare il nome completo significa un mese di bevute a scrocco.

Si concentrano su una biondina seduta al centro del gruppo di studenti. Prova per primo Alberto: “Roberta! Questa sera sono sicuro di fare centro”.

“Claudia, bionda e delicata come una susina” ribatte il suo amico Carlo.

“Macché, si chiama certamente Francesca”, sentenzia Guido.

Proprio mentre gli amici fanno la conta per decidere chi dei tre dovrà farsi avanti per chiedere il nome, la ragazza si alza e si dirige verso di loro.

“Ciao, dimmi che ti chiami Roberta, ti prego”, le dice Alberto.

“No, mi dispiace, sono Gianna, ho sete e mi sto annoiando a morte”.

Alberto mostra il suo bicchiere al barman facendogli cenno di prepararne altre due, poi accompagna la ragazza verso la fine del bancone.

Parlano per un po’ stando in piedi, poi gli amici di Alberto se ne vanno e lui si siede con Gianna ad un tavolino appartato; i due flirtano per tutta la sera. All’una di notte i compagni della ragazza la chiamano a gran voce, con risate ironiche: “Giaaannaaa! Dai, è tardi, dobbiamo rientrare in albergo.”

Alberto decide di accompagnare la ragazza. Escono tenendosi per mano e camminano appartati dagli altri, fermandosi ogni tanto per scambiarsi un bacio.

Giunti davanti all’albergo, Alberto le dice: “Voglio rivederti.”

“Domani mattina usciamo in gruppo, ma il pomeriggio siamo liberi. Ti aspetto qui alle quattro”, le risponde Gianna.

Si salutano con un ultimo bacio. Alberto attende che la ragazza entri nella hall, da un’occhiata all’insegna: “Hotel Universo”, poi si volta e si allontana nella strada deserta.

Il pomeriggio seguente Alberto si reca con grande anticipo all’appuntamento con Gianna. La sera prima ha memorizzato il percorso dall’ostello dove alloggia con i suoi compagni fino all’albergo della ragazza.

Già vede in lontananza l’insegna, controlla l’ora, è davvero troppo presto; decide di fare il giro dell’isolato e intanto fantastica sulle prossime ore da passare con….”Oddio, ho dimenticato il suo nome”, esclama tra se.

Continua a camminare a caso per le strette strade del centro e intanto borbotta tutti i possibili nomi di donna che gli vengono in mente, in ordine alfabetico: “Anna, Agnese, no, proviamo con la “b”: Beatrice, Benedetta, e poi Carla, Claudia, Diana, Fiorella, Grazia, Laura, Marcella, Nadia, Paola, Roberta, Serena, Susanna, Tiziana, Vanna, Zara”.

Niente, non ricorda proprio, ricomincia da capo, Agata, Arianna, Bianca….”GIANNA! ma certo, Gianna”, esclama sollevato. Controlla l’ora, le quattro e un quarto, è già in ritardo! Si guarda attorno, panico, non ha la più pallida idea di dove si trovi. Credeva di avere camminato intorno all’isolato, ma evidentemente a un certo punto ha deviato e si è perso.

E poi un altro colpo al cuore: “Non ricordo più il nome dell’albergo; Impero? Globo? No, comincia con la U, sono sicuro!” borbotta. “Forse Unità, ma no. Universo, ecco! Hotel Universo.”

Si rivolge agitato ad un gruppetto di uomini che sostano in piedi all’angolo di una strada. “Scusate, dov’è l’Hotel Universo?”

“In quale via è?” gli chiede il più vicino.

“E che ne so! Ma dovrebbe essere da queste parti.”

“Oh, Beppe, dov’è l’Albergo Universo?”

“Deve essere in via Roma, la seconda a destra.”

“No, quello è il Cristallo, l’Universo è in piazza Battisti”, dice un altro.

“In piazza Battisti c’è il Centrale, l’Universo è in via Verdi, dopo il semaforo a sinistra”.

Mentre gli uomini continuano a discutere, Alberto, disperato, parte di corsa. Arrivato al semaforo gira a sinistra e riconosce la vetrina di una agenzia di viaggio davanti alla quale la sera prima si era fermato con Gianna, sospiro di sollievo, è sulla strada giusta, volta ancora a sinistra, attraversa una piazza e finalmente ritrova l’insegna dell’albergo.

Sono già passate le quattro e mezzo quando entra tutto agitato nella hall semi buia, si guarda intorno, poi si rivolge al portiere che è in piedi, al banco della reception.

“Mi scusi, devo vedere una ragazza di nome Gianna, è qui in gita scolastica ma…

“Una biondina?” lo interrompe il portiere.

“Si, è lei!” esclama Alberto.

“E’ rimasta qui fino a pochi minuti fa, poi è uscita con delle amiche.”

“Come uscita? Avevamo un appuntamento”, ribadisce Alberto, deluso.

“Ragazzo mio, tarde venientibus ossa!” sono le parole beffarde del portiere.

Alberto esce e si incammina a testa bassa verso la piazza, borbottando amaramente tra se: ” Tarde venientibus ossa, tarde venientibus ossa, davvero spiritoso”. Vaga per un po’ a caso per strade sconosciute, poi sale su un tratto di mura della città. E’ accecato dal sole, basso di fronte a lui, sente chiamare il suo nome, alza la testa e vede Gianna che gli viene incontro correndo. I due ragazzi si abbracciano.

“Alberto!” ripete la ragazza, “dovevamo incontrarci alle quattro, ti ho aspettato per oltre mezz’ora. Pensavo che non saresti più venuto”.

“Figurati, mi sono perso; ho girato a vuoto per due ore, non ricordavo il nome dell’albergo e non riuscivo a trovarlo. Quando finalmente sono arrivato, il portiere mi ha detto che eri appena uscita. Accidenti, scusami!”

“Dai, non importa, andiamo a prendere un gelato.”

Gianna saluta le amiche e prende per mano Alberto. I due si dirigono verso un vicino chiosco di bibite, si siedono a un tavolino all’aperto e ordinano due gelati.

Mentre Alberto le parla, Gianna estrae dalla borsa uno stick di lucido per labbra rosso, prende il cartoncino plastificato con l’elenco dei prodotti del bar e, sul retro, vi disegna un grande cuore all’interno del quale, a stampatello, scrive: ALBERTO. Poi allunga la mano e passa il rossetto al ragazzo, un gran sorriso le illumina il volto.

Alberto rimane con lo stick in mano, l’occhio perso nel vuoto, la bocca semi aperta, come un povero luccio tirato fuori dall’acqua.

Incredulità, sorpresa, imbarazzo e poi la delusione offusca il bel volto di Gianna, le si spegne il sorriso dalle labbra, abbassa lo sguardo, se ne sta per qualche secondo in silenzio, poi chiede ad Alberto, a voce bassa: “Ma come, non ricordi neppure come mi chiamo?”

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1 commento »

  1. Molto ironico, quasi surreale. Mi è piaciuto.
    Andrea Masotti.

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