Racconti nella Rete 2009 “Zeus” di Valeria Cortese
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Questo è il mio posto preferito.
Mi piace quando l’isola è immersa nella foschia e non ci sono troppi turisti.
Accade troppo di rado…
Quelli che vengono qui si illudono di poter vedere tutto quel che c’è da vedere.
Per loro una settimana è sufficiente per girare, fotografare, annoiarsi.
Se leggerete le guide turistiche vi diranno che il promontorio a sud è il punto da cui è possibile vedere tutta quanta l’isola.
Sbagliato.
Non esiste un punto perfetto…esiste solo un’angolatura migliore.
Appartengo all’isola da sempre, non ho mai lasciato questa briciola di terra in mezzo al mare, non ho mai visto un altro tramonto.
E’ per questo che anche l’isola appartiene a me.
Mi appartiene la visione che ho di lei in ogni singolo giorno dell’anno, mi appartengono i suoi odori, le sue correnti d’aria, mi appartengono le spiagge e le acque in cui mi sono bagnato.
Mi appartiene questo cielo, perché è l’aria che respiro.
Il mio nome è Zeus.
Non ho un posto dove dormire. Dormo per strada.
Mi arrabatto per mangiare, ma non mi lamento perché in un modo o nell’altro riesco sempre a trovare di che sfamarmi.
Qualche volta sono un mendicante, qualche volta un ladro, qualche volta so essere molto convincente…
La mia vita può apparire monotona e priva di privilegi.
E’ per questo che ho un vizio.
I vizi in fondo sono questo: creiamo qualcosa da cui dipendere e nei momenti che ci appaiono privi di senso ricerchiamo il piacere di quella dipendenza.
Io seguo le donne.
Mi piace guardarle mentre camminano, osservare il lento ondeggiare delle braccia lungo i fianchi.
Sono donne bellissime.
Non so dirvi di quale sfumatura siano i loro capelli, quanto procaci siano i loro fianchi, quanto slanciata la loro figura.
Ma posso parlarvi delle loro mani.
Giovani, rugose, abbronzate, perlacee, curate, stanche, sottili, generose…
Le mani delle donne sono sempre emozionanti.
Perché sono delicate.
In loro c’è una dolcezza che non hanno neppure i bambini.
Non ho mai fatto loro del male.
Certo il mio aspetto non è dei migliori.
Sono sporco, magro fino all’eccesso e mi rendo conto di sembrare aggressivo.
Qualche volta ho fatto loro paura, questo sì.
Per lo più seguo le donne sole, di notte.
L’oscurità mi permette di confondermi facilmente.
So essere molto silenzioso.
I miei passi sono soffici sull’asfalto, delicati sulla terra, morbidi sulla sabbia.
Di solito agisco indisturbato.
Per lei ho fatto un’eccezione.
Mezzogiorno.
Mese estivo.
Calura insopportabile.
Condizioni ideali per cercarsi un angolo fresco.
Ma non dopo aver visto lei.
Mani meravigliose, senza eguali.
Mai nella mia giovane, lunga vita ne avevo viste di simili.
Agili e morbide.
Forti e sensuali.
La seguo ormai da diversi giorni.
Ogni volta mi avvicino un po’ di più, ma sono sempre riuscito a non farmi vedere.
Scapperebbe.
Giustamente…
Nove di sera.
I negozi chiudono tardi in questa stagione ma la sera è già calata.
La seguo ancora una volta.
Le sue dita sono strette sui sacchetti della spesa.
Nocche bianche come la spuma, tendini tesi come spighe di grano.
La vedo fermarsi davanti alla porticina blu, posare i sacchetti a terra e cercare le chiavi.
Sono molto vicino.
Il mazzo tintinna tra le sue dita sottili.
Chiave giusta al primo colpo.
Raccoglie le sue cose.
Entra velocemente e si chiude la porta alle spalle.
L’ho persa di nuovo.
Mi avvicino all’edificio. Il mio naso cerca di cogliere l’odore di quelle mani, odore di fatica e di sapone.
Sono vicinissimo all’ingresso della casa.
Vengo distratto da un altro odore.
Ha dimenticato a terra un sacchetto del pane.
Ed è allora, nel voltarmi verso il sacchetto, che mi accorgo che sono in tre a circondarmi.
Tre contro uno non è leale.
Lo so, non avrei dovuto essere lì.
Ma in fondo non avevo fatto nulla di male, non avevo toccato nulla.
Intenzioni equivocate.
I loro sguardi non hanno lasciato spazio alle spiegazioni.
Mi hanno assalito.
Il mio aspetto non è dei migliori, ma ero molto più forte di quanto pensassero.
In fondo il trucco è mettere sotto il più forte.
Poi gli altri si fanno da parte naturalmente.
Adesso potrò tornare qui quando vorrò…
Mostriamo coraggio quando meno ce lo aspetteremmo.
Nelle situazioni più estreme ognuno di noi è in grado di tramutarsi nel proprio eroe personale.
Ma in amore è tutto diverso.
Ho preso una decisione.
Le cose presto cambieranno.
Intuisco da come si muove che ci apparteniamo.
Non può, non deve respingermi.
Non riuscirà a farlo.
Questa sera la aspetto già qui.
Una coincidenza meravigliosa, coincidenza come quelle che solo la vita sa creare, vuole che casa sua sia proprio vicino al mio posto preferito, dove, quando non ci sono troppi turisti, l’isola è immersa nella foschia e posso guardarla dall’angolatura migliore.
E’ tardi.
Di solito aspetto che scenda alla fermata dell’autobus e la seguo fin qui.
Ma questa sera no…
Questa sera sono seduto in un angolo e attendo il momento giusto…
Eccola.
Parla al cellulare mentre percorre la piccola salita.
Per la prima volta sento la sua voce.
Morbida come di certo sono le sue mani.
Saluta qualcuno dall’altra parte del ricevitore, spegne il telefono.
Tiro un sospiro di sollievo perché per un attimo ho temuto che potessero disturbarci.
Eccola, è vicinissima.
Mi passa accanto senza notarmi, mi supera e prosegue in direzione della casa.
E’ il momento giusto.
Esco lentamente dall’oscurità.
Nemmeno mi sente avvicinarmi, immersa com’è nei suoi pensieri.
E poi, improvvisamente, in un esplodere di emozioni la sua mano sfiora il mio corpo.
Lo sapevo.
Sapevo che sarebbe dovuta andare così.
Un sussulto, un attimo di paura e poi è sbocciato un sorriso.
Mi ha salutato e poi ha preso ad accarezzarmi il pelo con entrambe le mani.
Mi ha chiesto se volevo qualcosa da mangiare ma non capiva che felice com’ero in quel momento, mangiare era l’ultima cosa a cui stavo pensando.
Mi vergognavo un po’ per i graffi sul muso e la sporcizia che non ero riuscito a togliermi di dosso quel pomeriggio nel mare…ma lei era affettuosa e dolce come non avrei mai potuto immaginare.
Mi ha addirittura preparato una ciotola di carne e riso.
Ma le sue mani…non ci sono parole pre descrivere quelle carezze…
Il mio nome è Zeus.
Mia madre era un incrocio tra due cani altrettanto incrociati.
Mio padre non l’ho mai visto e in questo senso è stato bastardo due volte.
Sono un randagio.
Appartengo all’isola da sempre, non ho mai lasciato questa briciola di terra in mezzo al mare, non ho mai visto un altro tramonto.
E’ per questo che anche l’isola appartiene a me.
Mi appartiene la visione che ho di lei in ogni singolo giorno dell’anno, mi appartengono i suoi odori, le sue correnti d’aria, mi appartengono le spiagge e le acque in cui mi sono bagnato.
Mi appartiene questo cielo, perché è l’aria che respiro.
Le mani delle donne sono sempre emozionanti.
Perché sono delicate.
In loro c’è una dolcezza che non hanno neppure i bambini.
Le mani delle donne sanno essere madri.
Volevo essere accudito, volevo qualcuno che finalmente potesse prendersi cura di me o più semplicemente volevo un padrone.
Ognuno di noi nella vita cerca una carezza.
Io cercavo la sua.
Complimenti Valeria, il tuo racconto esprime a mio avviso una sensibilità e una leggerezza davvero interessanti.
Brava.
Alessio
“non ho mai lasciato questa briciola di terra in mezzo al mare, non ho mai visto un altro tramonto”