Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2012 “Il bambino che voleva morire” di Ester Cecere

Categoria: Premio Racconti per Corti 2012

Il suo ingresso in aula sembrò non essere stato notato. Dovette urlare e minacciare di chiamare il preside affinché qualcuno si degnasse di ascoltarla. Alla fine i ragazzi tornarono ai loro posti e fecero silenzio non per le sue minacce ma solo perché un ragazzino ordinò loro di smetterla. Giovanna capì subito che era una specie di boss, che esercitava il suo potere indiscusso sui suoi compagni di classe. Quando l’ordine fu ristabilito, il piccolo boss la guardò con uno sguardo di sufficienza, e le disse “Hai visto?” Come per ribadire “Impara come si fa!” Giovanna lo osservò attentamente. Era bellissimo. Alto per la sua età, bruno, con i capelli lisci, gli occhi grandi e nerissimi e i lineamenti perfetti. Sembrava più grande dei suoi undici anni. “Come ti chiami?” “Andrea” rispose. “Bene -pensò Giovanna- i cognomi non si usano”.

Andrea, dopo la sua dimostrazione di onnipotenza, non tornò al suo posto. Si diresse verso la finestra, l’aprì, salì sul davanzale e iniziò a passeggiarvi come se stesse nella strada principale del suo paese, quella del passeggio, per intendersi. L’aula era al secondo piano di un edificio piuttosto antico; pertanto, l’altezza dal suolo era notevole.

Giovanna inorridì. Si precipitò verso Andrea per afferrarlo per una mano e farlo scendere ma il ragazzo accennò a buttarsi di sotto. Col cuore in gola, ostentando una calma che non aveva, disse con voce decisa: “Scendi, Andrea, per piacere”. Forse furono le parole “per piacere” con le quali, in certo qual modo, Giovanna gli riconosceva il suo ruolo di capo, a convincerlo. Scese; contemporaneamente, la campanella squillò; l’ora era finita! Quel suono, alle orecchie di Giovanna, sembrò una melodia. Uscì dall’aula agitata. La tentazione di rinunciare alla supplenza era fortissima. Tuttavia, non lo fece. Pertanto, il giorno dopo, alla prima ora, fu di nuovo in aula.

Appena entrò, Andrea salì nuovamente sul cornicione e riprese il suo show. Con calma, questa volta reale, gli si avvicinò, lo prese per mano e lo guardò negli occhi: “Scendi un momento, Andrea. Ho bisogno di parlare con te”. Sorprendentemente, Andrea obbedì. Si avvicinarono alla cattedra e, sempre guardandolo negli occhi e tenendogli la mano, gli disse lentamente: “Sai benissimo che potresti cadere ed anche morire. Perché allora continui a camminare sul cornicione?” “Io voglio morire”. Scandì le parole lentamente, senza esitazione e con voce sicura. “Perché desideri morire alla tua età?” “Mia madre è morta e voglio morire anch’io”. Era serio ora e, per la prima volta, abbassò gli occhi. Giovanna decise che sarebbe stato meglio parlargli come ad un adulto. Raccolse le idee, prese fiato e continuò: “Credo di capirti; probabilmente, anch’io vorrei morire se dovessi perdere mia madre. Devo chiederti una cortesia, però; se vuoi ucciderti, non farlo in classe quando ci sono io. Io ho la responsabilità degli alunni; se tu muori, io vado in prigione. Pensi di potermi fare questo piacere?” Non aggiunse altro. Andrea non rispose; rimase in silenzio; un silenzio che sembrò eterno. Non risalì sul cornicione, però; andò al suo posto; prese la sedia, la portò al lato della cattedra, si sedette e, guardando Giovanna con l’aria di sfida che gli era propria, affermò perentoriamente: “Voglio stare qui non al mio posto”. Lo sguardo di Giovanna fu di approvazione: “Bene, ma non disturbare la lezione”.

I due mesi passarono tranquillamente, con Andrea che richiamava all’ordine i suoi compagni quando era necessario. Si era ritagliato il ruolo di “secondo”.

Giovanna non comprese il perché di quel brusco cambiamento. Ipotizzò che la comprensione, non la compassione per l’orfano, palpabile nelle sue parole lo avessero convinto per la prima volta, da quando viveva quella tragedia, che qualcuno lo avesse capito davvero.

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4 commenti »

  1. Una bella storia, raccontata con stile e semplicità. In breve tocca temi importanti: il malessere adolescenziale, esternato dal disagio di un ragazzo a “sopravvivere” alla perdita della propria madre e il difficile lavoro di un’educatrice, forse alla prima esperienza, che riesce nonostante tutto, ad ascoltare il dolore del ragazzo e come scrive l’autrice stessa “… la comprensione, non la compassione per l’orfano, palpabile nelle sue parole lo avessero convinto …che qualcuno lo avesse capito davvero.”

  2. Giovanna ha il coraggio di mantenere i nervi saldi nei momenti difficili e riesce, con fermezza e molto tatto, a scalfire quel guscio di dolore dentro cui Andrea stava cercando
    di porre fine alla propria sofferenza. Giovanna ha fatto scoprire ad Andrea che fra gli adulti possono esistere persone schiette e sincere, persone osservando le quali,
    Andrea potrà piano piano alleggerire il grande senso di vuoto provocato dalla scomparsa della propria madre.

  3. molto bello 🙂

  4. Per il modo in cui l’insegnante prende a cuore il ragazzino fa venire in mente “Welcome” di Philippe Lioret. Delicato.

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