Racconti nella Rete 2009 “Que reste-t-il de nos amours” di Angelo Zito
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009“Un calvados doppio”
Il cameriere perplesso abbassò la testa per osservarlo meglio al di là delle lenti da presbite.
Un calvados doppio e non era ancora l’alba.
Con un mugugno appena accennato Marcel, nascondendosi dietro i Ray-Ban verde-scuro, continuò ad osservare il niente.
Nella testa quel ronzio continuo che lo aveva accompagnato per tutta la notte non sembrava voler smettere. Fastidioso sottofondo di un film che vedeva riflesso nelle lenti verde-scuro: gelosia, rabbia, delusione, porte sbattute.
La stanza 10 l’aveva prenotata Paulette.
Con una scusa nemmeno tanto originale era riuscita a far credere a Claude che la sua amica Annette sarebbe passata da Parigi proprio uno di quei giorni in cui lui si doveva allontanare per lavoro. Ma non aveva nessuna voglia di ospitarla in casa.
“Ho prenotato l’Odeon Jardin così non me la trovo tra i piedi tutto il giorno”
L’Odeon Jardin, un alberghetto discreto e ben arredato, era molto lontano dalla loro casa. Difficile che potesse fare incontri fortuiti.
Marcel aveva concluso che l’iniziativa di Paulette era inevitabilmente il suggello di tutta quella lunga serie di incontri in cui si erano scambiate battute, allusioni, complimenti. Un intreccio di banalità per dire tutt’altro senza mai dichiararlo espressamente. Ma i due si intendevano a meraviglia in quel gioco apparentemente senza senso e scoprivano che al di là delle apparenze si stava costruendo un intreccio di confidenze, di complicità, di desiderio di stare insieme, di bisogno di incontrarsi: una fitta rete nella quale si stavano lasciando cadere col piacere di arrivare in fondo e non poter più risalire.
L’iniziativa così l’aveva presa lei e col massimo candore gli aveva detto di aver prenotato una stanza all’Odeon. “Perché non parliamo un pò con calma e cerchiamo di capire il senso di questi nostri incontri?”
“In un albergo?” pensò Marcel. L’intenzione era evidente. E anzi adesso ricordava di aver detto una volta scherzosamente, solo per il piacere della battuta, “non sono disponibile per una avventura sentimentale” come lo fosse invece per una di altra natura.
E lei lo aveva preso in parola?!
Il ronzio continuava, la testa era sempre più vuota e più pesante. Avvertiva appena che il ronzio si accompagnava ad un altro suono. Dopo il Calvados ebbe un sussulto, come una scossa che lo stesse attraversando. E poi il suono si fece più evidente.
Charles Trenet cantava col massimo del languore la sua “Que reste-t-il de nos amours” romanticamente struggente. Marcel si appoggiò al bancone. Stava perdendo le forze.
Que reste-t-il de nos amours/ que reste-t-il de ces beaux jours/ une photo, vieille photo/ de ma jeunesse…..
La rabbia, la delusione, la gelosia furono immediatamente sostituite dal rimpianto di una cosa perduta e che credeva ormai raggiunta e conquistata. Tutto quello che non si erano mai espressamente detto si trasformava adesso in pianto, in illanguidimento irrefrenabile, in un forte dolore al petto, in una difficoltà di respirazione. Non solo disponibile era addirittura precipitato in una infatuazione sentimentale.
E Charles Trenet aveva la sua parte di responsabilità nell’evidenziarla
Que reste-t-il de nos amours……..
Si erano conosciuti quasi per caso.
Ironia della sorte era stato proprio Claude, suo vecchio compagno di Università, a presentargliela un giorno che si erano incontrati in un café dalle parti di Faubourg.
“Ho il mio piccolo studio a pochi passi da qui”
“Pittore?”
“Vignette. Disegni per un giornale umoristico”
“Claude hai sentito? La mia passione di quando ero ragazza”
E Claude senza colpa aveva facilitato il contatto.
“A pochi passi da qui dove?”
“La terza strada dopo i grandi magazzini”
“Paulette qui è di casa. Va a scuola di Italiano all’Istituto Internazionale, laggiù, vedi?”
“Lo conosco”
“Allora è possibile che ci incontriamo” Paulette aveva il dono della semplicità e del candore.
E così da quell’incontro occasionale era iniziato un casuale ritrovarsi, dapprima veramente fortuito e poi col tempo cercato ad arte come accadesse sempre per caso fino a diventare una abitudine che scandiva appuntamenti precisi.
Un pranzo veloce, un caffè, un giro nei grandi magazzini, i motivi degli incontri erano i più vari ma nessuno aveva il senso della clandestinità. Erano due amici di sesso diverso che non sapevano come si sarebbe evoluta questa impossibile amicizia. Che se anche appare tale nasconde subdolamente il tarlo di qualcosa di diverso. Quel qualcosa che da sempre caratterizza l’essere umano.
Lo sapevano? Fingevano di non saperlo? Volevano vedere fino a che punto si può fingere?
E qualcosa di diverso in effetti si era in parte manifestato.
“Mi hai fatto un regalo?” Paulette l’aveva visto uscire da un negozio con un pacchetto.
“E perché dovrei? Mi hai concesso qualcosa?”
“La corte si fa anche con dei regali, alle donne piacciono”
“Il corteggiamento è il regalo più bello che si possa fare ad una donna. Riacquista il suo fascino, si sente desiderata. Diventa più bella”
“Ricordati sempre che ho un marito”
“Niente migliora i rapporti fra coniugi come le attenzioni che una donna riceve. Ha una maggiore consapevolezza di sé. Nei confronti del marito è più competitiva, meno subalterna”
“Mai sentita sottomessa a qualcuno”
“Non eri tu in discussione. Parlavo in generale.” Marcel non affrontava mai direttamente la situazione “E poi in una donna corteggiata nascono dei sensi di colpa che si trasformano in attenzioni verso il partner. Esce dalla routine”
“Le conosci bene tu le donne”
“Se le corteggio è per aiutarle. Magari a finire di nuovo nelle braccia del marito”
“Allora niente regalo”
“Non credi che te ne ho fatto uno anche più grande?”
“Quale?”
“Ti ho regalato queste semplici considerazioni. Ogni tanto ci tornerai su e ripenserai a me. Meglio di un qualsiasi oggetto abbandonato in fondo ad un cassetto”
Continuavano così a dire e non dire. E la storia non avrebbe avuto un seguito se sulle schermaglie e sulle finzioni, in cui la donna sicuramente è più abile, non fosse prevalso alla lunga il bisogno di concretezza. Paulette spinta da questa esigenza aveva prenotato l’Odeon Jardin.
Que reste-t-il de nos amour… il vecchio Trenet ripeteva all’infinito la sua canzone. Marcel per un attimo ebbe l’impressione di sentire la voce di Paulette. Quella voce leggermente nasale ma dolce. Lo aveva colpito sin dal primo momento, non era bella ma era abbellita dal suo sorriso, dalla sua naturale simpatia. Se gli avesse chiesto cosa trovava di bello in lei sicuramente avrebbe detto la voce perché esprimeva tutta la simpatia e la sensualità che mascherava inutilmente dietro un modo di vestire castigato. Anche della pelle le avrebbe parlato, il colore ambrato della sua pelle levigata. Una volta che, insieme a Claude, erano andati in piscina, aveva avvertito istintivamente il desiderio di carezzarla, sentirla sotto le sue mani liscia, disponibile…. come il vetro del bicchiere di Calvados. Il bar a quell’ora continuava ad essere vuoto e la radio ripeteva il refrain …un souvenir qui me poursuit / sans cesse.
Il pudore con il quale avevano varcato la soglia della stanza si trasformò immediatamente in sorpresa e poi in un diversivo che alleggerì la tensione. All’accendersi della luce era partita una musica. Strana concidenza con quanto sarebbe avvenuto dopo. Anche qui Charles Trenet ma con la sua divertente “Boum”.
Boum/ quand notre coeur fair boum/ tout avec lui dit boum/ et c’est l’amour qui s’eveille………………..
Boum come un colpo al cuore.
“Chi fa la prima mossa?”
“Vogliamo ancora continuare con i preamboli?” Paulette era decisa. Cominciò a slacciare i bottoni della camicetta. Marcel si sentì come aggredito. Non si aspettava una mossa simile. Così a freddo poi.
“Siamo venuti per capire perché ci incontriamo. Il significato di questa storia”
“Infatti. Non credi che sia questo il motivo?”
“Un momento. Non mi aspettavo che….”
“E cosa volevi? Continuare a parlare, a scherzare?”
Marcel non trovava le parole.
“Io ho deciso. Fare l’amore è la cosa più semplice e meno compromettente”
“Ma no. Non così! Non volevo…..”
“Cosa non volevi? Preferisci il gioco degli innamorati timidi?”
“Stai dicendo più di tutto quello che non abbiamo mai detto”
“Ma lo abbiamo pensato”
“Avrei voluto parlarne”
“E invece passiamo direttamente ai fatti”
“Senza….”
“Alla fine sicuramente era questo che volevi. Io, anche se non ne avevo l’intenzione, ho bisogno di capire in concreto.”
“Ma Claude?”
Marcel non avrebbe mai dovuto pronunciare quel nome.
“Claude in questa vicenda non c’entra. Io amo mio marito. Ma voglio capire, come donna, cosa ci spinge a vederci ogni giorno. Se è una attrazione fisica e fino a che punto. Il sesso non ha mai fatto male a nessuno e non lascia tracce di sofferenze”
Marcel si sentì tradito. Quello che si aspettava fin dai primi momenti dei loro incontri era un rapporto di simpatia che poco per volta si era trasformato in qualcosa di più intenso. Ma la sua fantasia, ogni volta che pensava a Paulette, volava sulle ali dell’innamoramento e senza mai rendersene conto aveva preso radici forti, profonde. Lo avvertì adesso che la sentiva disponibile solo per un rapporto sessuale, innamorata non di lui ma di Claude. Egoismo infantile. Prima del corpo voleva per sé l’anima, i sentimenti, l’amore totale della donna.
E lei al contrario li custodiva gelosamente i suoi sentimenti. I motivi di una attrazione fisica non li avrebbero messi in discussione
A volte è meno complesso per una donna il sesso di quanto invece comunemente non si pensi per un uomo.
“Voglio fare l’amore con te. Ma farlo perché l’attrazione che provo è amore. E` qualcosa che mi tocca profondamente”
“E io voglio farlo perché non ti amo. Perché voglio capire fino in fondo come è possibile amare una persona e fare l’amore con un altro. Capire che il sesso è un incidente, è come prendere un calmante quando si ha mal di testa. Liberarmi della tua simpatia, della tua disponibilità, solo con un calmante”
“E potresti farlo senza provare attrazione?”
“Solo fisica. Non va al di là della pelle”
Marcel indietreggiò di qualche passo, le gambe lo stavano abbandonando. Colpì con un pugno violentamente il tavolo mentre si sedeva accasciato.
“Non è possibile. Non è possibile. Non sei tu quella che per tutti questi giorni ho conosciuto. E ho amato. Si! Non ho vergogna a dirlo. Lo sento adesso. Ti ho amato. E tu mi ripaghi in questo modo!”
“Vorresti che ti dicessi che ti amo? Che fingessi? Dovresti apprezzarmi di più per la mia sincerità. E invece magari ti accontenteresti di una finzione che non potrebbe durare più di tanto. I sentimenti si vivono profondamente e a volte intorbidiscono i rapporti e nessuna doccia riuscirebbe a togliere le impurità, le macchie, i rimorsi. Al contrario del sesso.”
“Basta, basta” si sollevò dalla sedia prendendola poi a calci, una contadina francese di terracotta finì a terra in pezzi, con la mano aperta colpì violentemente la porta del bagno.
Basta.
Paulette con noncuranza richiuse i tre bottoni della camicetta e gli voltò le spalle guardando in strada le macchine che sfilavano silenziose.
“Addio”
Marcel la guardò a lungo, immaginò i suoi fianchi, la sua figura senza i vestiti. Fu preso come dall’impulso di afferrarla, di farle del male. Non ne ebbe il coraggio.
Arretrò fino alla porta. Le luci della strada scontornavano nel grande vetro della finestra la figura che aveva idealizzato e di cui si era inconsciamente innamorato.
Rimaneva lì. Immagine ferma nel tempo dei suoi sogni. Irraggiungibile anche se disponibile. Impossibile amore di una storia mai nata.
Girò con rabbia la maniglia della porta e scappò da quell’incubo che aveva sognato come una chimera.
Il bar aveva aperto da poco.
“Un calvados doppio”
Il cameriere perplesso abbassò la testa per osservarlo meglio al di là delle lenti da presbite.
Dalla radio Charles Trenet ripeteva per gli innamorati di ogni tempo:
“Que reste-t-il de nos amours
Que reste-t-il de ces beaux jours
Une photo, vieille photo
De ma jeunesse
Que reste-t-il des billets doux
De mois d’avril, des rendez-vous
Un souvenir qui me poursuit
Sans cesse.
“Un calvados doppio”
Il cameriere perplesso abbassò la testa per osservarlo meglio al di là delle lenti da presbite.
Un calvados doppio e non era ancora l’alba.
Con un mugugno appena accennato Marcel, nascondendosi dietro i Ray-Ban verde-scuro, continuò ad osservare il niente.
Nella testa quel ronzio continuo che lo aveva accompagnato per tutta la notte non sembrava voler smettere. Fastidioso sottofondo di un film che vedeva riflesso nelle lenti verde-scuro: gelosia, rabbia, delusione, porte sbattute.
La stanza 10 l’aveva prenotata Paulette.
Con una scusa nemmeno tanto originale era riuscita a far credere a Claude che la sua amica Annette sarebbe passata da Parigi proprio uno di quei giorni in cui lui si doveva allontanare per lavoro. Ma non aveva nessuna voglia di ospitarla in casa.
“Ho prenotato l’Odeon Jardin così non me la trovo tra i piedi tutto il giorno”
L’Odeon Jardin, un alberghetto discreto e ben arredato, era molto lontano dalla loro casa. Difficile che potesse fare incontri fortuiti.
Marcel aveva concluso che l’iniziativa di Paulette era inevitabilmente il suggello di tutta quella lunga serie di incontri in cui si erano scambiate battute, allusioni, complimenti. Un intreccio di banalità per dire tutt’altro senza mai dichiararlo espressamente. Ma i due si intendevano a meraviglia in quel gioco apparentemente senza senso e scoprivano che al di là delle apparenze si stava costruendo un intreccio di confidenze, di complicità, di desiderio di stare insieme, di bisogno di incontrarsi: una fitta rete nella quale si stavano lasciando cadere col piacere di arrivare in fondo e non poter più risalire.
L’iniziativa così l’aveva presa lei e col massimo candore gli aveva detto di aver prenotato una stanza all’Odeon. “Perché non parliamo un pò con calma e cerchiamo di capire il senso di questi nostri incontri?”
“In un albergo?” pensò Marcel. L’intenzione era evidente. E anzi adesso ricordava di aver detto una volta scherzosamente, solo per il piacere della battuta, “non sono disponibile per una avventura sentimentale” come lo fosse invece per una di altra natura.
E lei lo aveva preso in parola?!
Il ronzio continuava, la testa era sempre più vuota e più pesante. Avvertiva appena che il ronzio si accompagnava ad un altro suono. Dopo il Calvados ebbe un sussulto, come una scossa che lo stesse attraversando. E poi il suono si fece più evidente.
Charles Trenet cantava col massimo del languore la sua “Que reste-t-il de nos amours” romanticamente struggente. Marcel si appoggiò al bancone. Stava perdendo le forze.
Que reste-t-il de nos amours/ que reste-t-il de ces beaux jours/ une photo, vieille photo/ de ma jeunesse…..
La rabbia, la delusione, la gelosia furono immediatamente sostituite dal rimpianto di una cosa perduta e che credeva ormai raggiunta e conquistata. Tutto quello che non si erano mai espressamente detto si trasformava adesso in pianto, in illanguidimento irrefrenabile, in un forte dolore al petto, in una difficoltà di respirazione. Non solo disponibile era addirittura precipitato in una infatuazione sentimentale.
E Charles Trenet aveva la sua parte di responsabilità nell’evidenziarla
Que reste-t-il de nos amours……..
Si erano conosciuti quasi per caso.
Ironia della sorte era stato proprio Claude, suo vecchio compagno di Università, a presentargliela un giorno che si erano incontrati in un café dalle parti di Faubourg.
“Ho il mio piccolo studio a pochi passi da qui”
“Pittore?”
“Vignette. Disegni per un giornale umoristico”
“Claude hai sentito? La mia passione di quando ero ragazza”
E Claude senza colpa aveva facilitato il contatto.
“A pochi passi da qui dove?”
“La terza strada dopo i grandi magazzini”
“Paulette qui è di casa. Va a scuola di Italiano all’Istituto Internazionale, laggiù, vedi?”
“Lo conosco”
“Allora è possibile che ci incontriamo” Paulette aveva il dono della semplicità e del candore.
E così da quell’incontro occasionale era iniziato un casuale ritrovarsi, dapprima veramente fortuito e poi col tempo cercato ad arte come accadesse sempre per caso fino a diventare una abitudine che scandiva appuntamenti precisi.
Un pranzo veloce, un caffè, un giro nei grandi magazzini, i motivi degli incontri erano i più vari ma nessuno aveva il senso della clandestinità. Erano due amici di sesso diverso che non sapevano come si sarebbe evoluta questa impossibile amicizia. Che se anche appare tale nasconde subdolamente il tarlo di qualcosa di diverso. Quel qualcosa che da sempre caratterizza l’essere umano.
Lo sapevano? Fingevano di non saperlo? Volevano vedere fino a che punto si può fingere?
E qualcosa di diverso in effetti si era in parte manifestato.
“Mi hai fatto un regalo?” Paulette l’aveva visto uscire da un negozio con un pacchetto.
“E perché dovrei? Mi hai concesso qualcosa?”
“La corte si fa anche con dei regali, alle donne piacciono”
“Il corteggiamento è il regalo più bello che si possa fare ad una donna. Riacquista il suo fascino, si sente desiderata. Diventa più bella”
“Ricordati sempre che ho un marito”
“Niente migliora i rapporti fra coniugi come le attenzioni che una donna riceve. Ha una maggiore consapevolezza di sé. Nei confronti del marito è più competitiva, meno subalterna”
“Mai sentita sottomessa a qualcuno”
“Non eri tu in discussione. Parlavo in generale.” Marcel non affrontava mai direttamente la situazione “E poi in una donna corteggiata nascono dei sensi di colpa che si trasformano in attenzioni verso il partner. Esce dalla routine”
“Le conosci bene tu le donne”
“Se le corteggio è per aiutarle. Magari a finire di nuovo nelle braccia del marito”
“Allora niente regalo”
“Non credi che te ne ho fatto uno anche più grande?”
“Quale?”
“Ti ho regalato queste semplici considerazioni. Ogni tanto ci tornerai su e ripenserai a me. Meglio di un qualsiasi oggetto abbandonato in fondo ad un cassetto”
Continuavano così a dire e non dire. E la storia non avrebbe avuto un seguito se sulle schermaglie e sulle finzioni, in cui la donna sicuramente è più abile, non fosse prevalso alla lunga il bisogno di concretezza. Paulette spinta da questa esigenza aveva prenotato l’Odeon Jardin.
Que reste-t-il de nos amour… il vecchio Trenet ripeteva all’infinito la sua canzone. Marcel per un attimo ebbe l’impressione di sentire la voce di Paulette. Quella voce leggermente nasale ma dolce. Lo aveva colpito sin dal primo momento, non era bella ma era abbellita dal suo sorriso, dalla sua naturale simpatia. Se gli avesse chiesto cosa trovava di bello in lei sicuramente avrebbe detto la voce perché esprimeva tutta la simpatia e la sensualità che mascherava inutilmente dietro un modo di vestire castigato. Anche della pelle le avrebbe parlato, il colore ambrato della sua pelle levigata. Una volta che, insieme a Claude, erano andati in piscina, aveva avvertito istintivamente il desiderio di carezzarla, sentirla sotto le sue mani liscia, disponibile…. come il vetro del bicchiere di Calvados. Il bar a quell’ora continuava ad essere vuoto e la radio ripeteva il refrain …un souvenir qui me poursuit / sans cesse.
Il pudore con il quale avevano varcato la soglia della stanza si trasformò immediatamente in sorpresa e poi in un diversivo che alleggerì la tensione. All’accendersi della luce era partita una musica. Strana concidenza con quanto sarebbe avvenuto dopo. Anche qui Charles Trenet ma con la sua divertente “Boum”.
Boum/ quand notre coeur fair boum/ tout avec lui dit boum/ et c’est l’amour qui s’eveille………………..
Boum come un colpo al cuore.
“Chi fa la prima mossa?”
“Vogliamo ancora continuare con i preamboli?” Paulette era decisa. Cominciò a slacciare i bottoni della camicetta. Marcel si sentì come aggredito. Non si aspettava una mossa simile. Così a freddo poi.
“Siamo venuti per capire perché ci incontriamo. Il significato di questa storia”
“Infatti. Non credi che sia questo il motivo?”
“Un momento. Non mi aspettavo che….”
“E cosa volevi? Continuare a parlare, a scherzare?”
Marcel non trovava le parole.
“Io ho deciso. Fare l’amore è la cosa più semplice e meno compromettente”
“Ma no. Non così! Non volevo…..”
“Cosa non volevi? Preferisci il gioco degli innamorati timidi?”
“Stai dicendo più di tutto quello che non abbiamo mai detto”
“Ma lo abbiamo pensato”
“Avrei voluto parlarne”
“E invece passiamo direttamente ai fatti”
“Senza….”
“Alla fine sicuramente era questo che volevi. Io, anche se non ne avevo l’intenzione, ho bisogno di capire in concreto.”
“Ma Claude?”
Marcel non avrebbe mai dovuto pronunciare quel nome.
“Claude in questa vicenda non c’entra. Io amo mio marito. Ma voglio capire, come donna, cosa ci spinge a vederci ogni giorno. Se è una attrazione fisica e fino a che punto. Il sesso non ha mai fatto male a nessuno e non lascia tracce di sofferenze”
Marcel si sentì tradito. Quello che si aspettava fin dai primi momenti dei loro incontri era un rapporto di simpatia che poco per volta si era trasformato in qualcosa di più intenso. Ma la sua fantasia, ogni volta che pensava a Paulette, volava sulle ali dell’innamoramento e senza mai rendersene conto aveva preso radici forti, profonde. Lo avvertì adesso che la sentiva disponibile solo per un rapporto sessuale, innamorata non di lui ma di Claude. Egoismo infantile. Prima del corpo voleva per sé l’anima, i sentimenti, l’amore totale della donna.
E lei al contrario li custodiva gelosamente i suoi sentimenti. I motivi di una attrazione fisica non li avrebbero messi in discussione
A volte è meno complesso per una donna il sesso di quanto invece comunemente non si pensi per un uomo.
“Voglio fare l’amore con te. Ma farlo perché l’attrazione che provo è amore. E` qualcosa che mi tocca profondamente”
“E io voglio farlo perché non ti amo. Perché voglio capire fino in fondo come è possibile amare una persona e fare l’amore con un altro. Capire che il sesso è un incidente, è come prendere un calmante quando si ha mal di testa. Liberarmi della tua simpatia, della tua disponibilità, solo con un calmante”
“E potresti farlo senza provare attrazione?”
“Solo fisica. Non va al di là della pelle”
Marcel indietreggiò di qualche passo, le gambe lo stavano abbandonando. Colpì con un pugno violentamente il tavolo mentre si sedeva accasciato.
“Non è possibile. Non è possibile. Non sei tu quella che per tutti questi giorni ho conosciuto. E ho amato. Si! Non ho vergogna a dirlo. Lo sento adesso. Ti ho amato. E tu mi ripaghi in questo modo!”
“Vorresti che ti dicessi che ti amo? Che fingessi? Dovresti apprezzarmi di più per la mia sincerità. E invece magari ti accontenteresti di una finzione che non potrebbe durare più di tanto. I sentimenti si vivono profondamente e a volte intorbidiscono i rapporti e nessuna doccia riuscirebbe a togliere le impurità, le macchie, i rimorsi. Al contrario del sesso.”
“Basta, basta” si sollevò dalla sedia prendendola poi a calci, una contadina francese di terracotta finì a terra in pezzi, con la mano aperta colpì violentemente la porta del bagno.
Basta.
Paulette con noncuranza richiuse i tre bottoni della camicetta e gli voltò le spalle guardando in strada le macchine che sfilavano silenziose.
“Addio”
Marcel la guardò a lungo, immaginò i suoi fianchi, la sua figura senza i vestiti. Fu preso come dall’impulso di afferrarla, di farle del male. Non ne ebbe il coraggio.
Arretrò fino alla porta. Le luci della strada scontornavano nel grande vetro della finestra la figura che aveva idealizzato e di cui si era inconsciamente innamorato.
Rimaneva lì. Immagine ferma nel tempo dei suoi sogni. Irraggiungibile anche se disponibile. Impossibile amore di una storia mai nata.
Girò con rabbia la maniglia della porta e scappò da quell’incubo che aveva sognato come una chimera.
Il bar aveva aperto da poco.
“Un calvados doppio”
Il cameriere perplesso abbassò la testa per osservarlo meglio al di là delle lenti da presbite.
Dalla radio Charles Trenet ripeteva per gli innamorati di ogni tempo:
“Que reste-t-il de nos amours
Que reste-t-il de ces beaux jours
Une photo, vieille photo
De ma jeunesse
Que reste-t-il des billets doux
De mois d’avril, des rendez-vous
Un souvenir qui me poursuit
Sans cesse.