Premio Racconti nella Rete 2012 “La Madre” di Decimo Lucio Todde
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012Il vecchio camminava lentamente sulla stradina impolverata. Nella mano legnosa e ossuta teneva ben stretto un lumicino. Era magro e dalle spalle curve. Sul viso rugoso, stanco e appassito, rilucevano ancora sprazzi di un tempo sepolto e la sua anima semplice si dilettava nella saggezza degli anni vissuti. Il passo cadeva pesante sulla via dipinta dal sole di Novembre e il respiro affannoso si confortava nella campagna intorno, sonnolenta tra le braccia dell’autunno mediterraneo. Un passerotto svolazzava sulla macchia e altri uccelli novembrini salutavano l’incedere vetusto. Camminava, camminava lieve con gli occhi vellutati di ricordi e smarriti tra le nuvolette del cielo azzurrino.
Madre! Madre!
Antiche parole gli percuotevano il petto ed egli si rasserenava nel riflesso del passato e correva gioioso tra ciuffi di margherite e papaveri accesi di primavera. Si abbandonava allo scorrere dell’acqua sul lavatoio, al profumo della mamma nel cortile di casa e alle sue delicate carezze. Lo sguardo di quell’essere femminile impregnato d’amore sorrideva al bambino che giocava tra gli alberi di fichi e melograno. E quando una trepida malinconia si affacciava nel suo mondo infantile, lui andava a tirargli la gonna usurata dalle quotidiane fatiche. E di lei gli bastava poco: l’accenno di un sorriso, un distratto conforto o un sussurro d’amore di Madonna terrena, e lui scappava via felice a rincorrere farfalle di un sogno lontano. E nell’inverno rigido dell’innocenza si scaldava al caminetto e stava quieto tra gli aromatici sbuffi del minestrone che il suo amato angelo preparava sul focolare.
Dai castagni si sente il vento/ il nostro lume tra poco sarà spento/ fai la ninna fai la nanna/ dormi tu cuore di mamma/ fai la ninna fai la nanna/ che tuo babbo è nella montagna.
Cantava la mamma nella sera oscura invernale al tremolar della candela e nella notte estiva pullulante di stelle e di luna. E il bambino si cullava in quelle note rapite allo stormire dell’arcadia pagana. Una sera la fiammella della candela si spense; la ninna nanna svanì in un cielo diamantato di speranze celesti e intorpidito dal dolore terreno.
La tomba della madre era stata un lembo di terra circoscritto da un filare di pietruzze marine, consacrato da una croce di legno, un vasetto di fiori campestri e un languido lume. Il bambino era cresciuto silenzioso. Si era arrampicato alla vita senza un lamento, ma negli occhi aveva dipinto le tenerezze del primitivo sguardo materno.
Il sentiero, a un tratto, si allargò e alla vista del vecchio apparve la frazione di San Pietro. A pochi passi da lui, lì, sulla collina riposava il piccolo cimitero. Alcune donne, vestite di nero si appressavano all’entrata e in fondo si vedevano già le tombe inghirlandate di crisantemi. Era il giorno dei morti. Il vecchio aveva camminato a lungo sulla scorciatoia di campagna per portare quel lume sulla tomba della madre. Aveva percorso cinque chilometri. Era arrivato dal suo paesino vicino al mare che, nel passato di giorni remoti, contava soltanto quattro casette, e i defunti trovavano pace nel cimitero di San Pietro. Fin dall’adolescenza sapeva che la tomba della madre non c’era più ma, come ogni anno in quella ricorrenza, il vecchio tornava a cercarla.
Forse le ossa furono traslate nell’ossario qualche anno dopo la morte della donna, ma neppure il padre aveva saputo la verità sulla vicenda. Qualcun altro gli aveva detto, mosso da riguardosi sentimenti, che la madre riposava ancora nel luogo della prima sepoltura. Negli anni della giovinezza aveva domandato spesso alle persone più anziane, notizie più certe e accurate. E nessuno sapeva, e tutti consolavano quell’afflato materno mancato che illuminava i suoi occhi illanguiditi.
Nel solcare l’entrata del cimitero, il vecchio si tolse il cappello e si fece il segno della croce. Sentì un familiare richiamo, il profumo della madre si avvitò ai suoi pensieri e tornò prepotente la sua piccola infanzia tormentata dalla morte. Proseguì con il suo passo stanco verso la tomba che non c’era e il respiro si aggrappò all’affanno turbinoso della memoria. Raggiunse un angolo ombroso, dove ancora esisteva quell’anonimo lembo di terra. Da anni ormai era scomparso ogni segno della madre. La croce di legno, il vasetto di fiori e le pietruzze marine erano state risucchiate nell’oblio lattiginoso del tempo perduto. Il vecchio depose il lume su quella terra agra e scolorita. Tolse di tasca i fiammiferi, accese lo stoppino e la fioca luce tentennò sulle sue pupille infisse nelle aurore intarsiate di filigrane e madreperle. Una preghiera nacque tra i petali di un gemito lacrimato e si gettò nella bruma del campo infinito, così come il bimbo si getta sul grembo materno. Il focolare scoppiettava ancora, il vento gracidava nella sera invernale e la fiammella della candela tremolava al palpito di un incorruttibile antico amore. Gli occhi della madre scrutavano il bambino addormentato nella cupa notte solitaria e sulle sue labbra danzavano ancora le note di una ninna nanna mai sopita.
Il vecchio si rifece il segno della croce e s’incamminò sulla via del ritorno. La mattinata d’autunno gli andava appresso a ricercare un mistero, un segreto prezioso da custodire in eterno per gli uomini che verranno domani. Le spalle curve si allontanavano flebili tra i campi silvestri scossi da un insolito sussulto di Zefiro e già, nel fiato del vento gentile tornava l’antico canto di una madre. Il vecchio si fermò e tese l’orecchio al soffio dolce e leggero di ponente.
Dai castagni si sente il vento/ il nostro lume tra poco sarà spento/ fai la ninna fai la nanna/ dormi tu cuore di mamma/ fai la ninna fai la nanna/ che tuo babbo è nella montagna.
Un racconto bellissimo. La musicalità della narrazione e il lessico, a tratti aulico, ne fanno un testo poetico. Il ricordo della madre e del suo canto ci ricordano che l’uomo vive solo di memoria.
un racconto che mi ha commosso…
Una scrittura che sento vicina alla mia, che riesce a far “vedere” ciò che il cuore detta.
un brano stupendo! Compllimenti vivissimi, in bocca al lupo!!!
Concordo: assolutamente ben scritto, in grado di arrivare al cuore. Poetico. Complimenti per il lessico e la musicalità che generano emozioni autentiche.