Premio Racconti nella Rete 2012 “L’accendino assassino” di Roberto Ricci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012La città di Ancona è da circa un mese, terrorizzata dalla presenza di un misterioso assassino.
Tre le vittime: un uomo e due donne, apparentemente senza nessun legame fra loro.
Gli inquirenti hanno rivelato che una maschera da teschio trovata vicino ai corpi, è la firma che accomuna i delitti.
La polizia sta seguendo anche un’altra pista, su cui per il momento mantiene il massimo riserbo.
Mezzanotte è trascorsa da poco.
Un uomo rientrato da una serata con amici, sta salendo le scale per raggiungere il suo appartamento situato al terzo piano di un elegante condominio.
A un tratto si ferma guardandosi attorno.
Ancora quella fastidiosa sensazione di sentirsi seguito.
Si affaccia dalla tromba senza vedere nessuno.
Rassicurato, riprende a salire fino a giungere al suo pianerottolo.
Apre la porta ed entra in casa.
Appoggia chiavi e cellulare sopra una mensola dell’ingresso.
Dalla tasca estrae anche un inquietante accendino, con una morte in rilievo impressa sul davanti.
Ci giocherella alcuni istanti sorridendo.
“Certo che è davvero macabro, ” pensa tra se e se.
Quando al ristorante quell’uomo lo aveva appoggiato sopra il tavolo assieme agli altri oggetti da vendere, ne era rimasto subito colpito.
Nonostante il parere contrario degli amici a cena con lui, lo aveva acquistato subito.
Toltosi la giacca, si dirige in cucina.
Ha una gran sete.
Si sta versando un bicchiere d’acqua da una bottiglia presa dal frigorifero, quando sente un rumore.
Accendendo tutte le luci, ispeziona la casa senza capire da dove provenga.
In corridoio vede in terra l’accendino che aveva appoggiato sulla mensola.
“Come diavolo ha fatto a cadere?” Si chiede a voce alta.
Lo raccoglie, quando alle sue spalle si materializza una figura nera.
L’uomo si volta, e prima di riuscire a gridare, muore trafitto allo stomaco da un lungo e affilato coltello.
Un orribile viso scheletrico è l’ultima cosa che vede.
La stessa maschera qualche ora dopo, è fra le mani del commissario Giordani che conduce le indagini.
Ancora un delitto senza apparente motivo.
Carlo Casoni la vittima, era un single quarantaseienne, impiegato comunale dalla vita tranquilla.
Anche quell’uomo era rientrato da una serata al ristorante.
Giordani non aveva più dubbi riguardo quale pista seguire.
“Ti prenderò maledetto assassino…fosse anche l’ultima cosa che faccio,” disse mentre intorno a lui si muovevano gli agenti della scientifica alla ricerca di una qualunque minima traccia.
Per tre giorni notiziari e giornali, non parlano altro che del “teschio assassino”, nome creato con macabra fantasia dai mass media.
Poi come sempre accade, l’attenzione inizia a scemare in attesa di un nuovo eclatante fatto di cronaca su cui lucrare per un’altra manciata di giorni.
Una villa appena fuori città.
All’interno, un uomo e una donna stanno parlando fra loro.
Sono seduti fianco a fianco sopra un divano bianco, posizionato in un angolo del luminoso e ampio salone.
Si chiamano Alfredo e Anna: sono marito e moglie.
“A che ora hai l’aereo amore?”
“Fra due ore.”
“Mi chiami appena arrivi?”
“Va bene Anna…ma sarà molto tardi…”
“Non ti preoccupare…vado a cena con Gianna e non tornerò prestissimo.”
L’uomo si alza, seguito dalla donna che lo aiuta a infilare il giaccone.
“Non farmi stare in pensiero però…cerca di non fare le ore piccole.”
“Stai tranquillo…”
“Mah, sinceramente poco…ti conosco Anna, quando sei con la tua amica, perdete ogni cognizione di tempo e spazio, immerse nelle vostre chiacchiere.”
“Spiritoso!”
“Adesso devo proprio andare.”
“Ciao Alfredo.”
Dopo aver baciato sua moglie, l’uomo esce all’esterno e salito sull’auto parcheggiata nel parco, mette in moto e si allontana.
La donna resta a seguirlo con lo sguardo, per poi volgerlo verso la luna, piena e luminosa nel buio ormai giunto.
Un brivido di freddo, le fa capire che è il caso di rientrare e prepararsi per la serata.
Il ristorante è affollato.
Anna e la sua amica sono già nel pieno delle loro chiacchiere davanti a una gustosa grigliata di carne.
Poco dopo, un uomo alto, biondo e con uno sguardo magnetico, interrompe i loro discorsi appoggiando sul tavolo alcuni oggetti in vendita.
Anna è subito colpita dallo strano accendino.
Gianna invece lo trova orrendo e forse anche di malaugurio.
Nonostante la disapprovazione dell’amica, lo acquista.
L’affascinante e ambiguo venditore, tornato al tavolo per ritirare gli oggetti, contento della vendita effettuata ringrazia la donna con un sorriso e un cenno del capo.
Il resto della serata prosegue piacevole.
A fine cena le due donne si alzano e si dirigono verso Sandra, proprietaria del ristorante, e loro amica.
La donna bionda e prorompente è seduta alla cassa.
Si scambiano alcuni rapidi pettegolezzi dell’ultima ora, prima di saldare il conto.
Anna fa vedere l’accendino acquistato a Sandra, che come Gianna lo trova davvero orribile: “Come hai fatto a comprare una cosa simile?
Oltretutto quel tipo era un gran maleducato!
Quando prima di uscire, gli ho fatto notare che poteva almeno salutare, si è girato a guardarmi in malo modo…altro che sordomuto…ci sentiva eccome!
Secondo me…quello parlava pure!”
Lasciata Sandra, escono dal locale e dopo essersi concesse altre due chiacchiere, si salutano dirigendosi ognuna verso la propria auto.
Quando Anna sta per mettere in moto, un forte battere sui vetri del finestrino la fa sobbalzare.
Vede il venditore dell’accendino che le sorride e la saluta.
La donna ricambia un rapido e forzato sorriso, poi si allontana velocemente.
Quell’uomo le aveva trasmesso una certa inquietudine.
Varcato l’imponente cancello, Anna rientra nel parco che circonda la villa.
Posteggia l’auto davanti all’ingresso.
Scende e aperta la porta finestra che dal patio porta direttamente nel salone, entra in casa.
Toltasi l’elegante giaccone rosso rubino che indossa, si versa del cognac e si siede sul divano.
“Alfredo dovrebbe chiamare tra poco, ” pensa a voce alta.
Oltretutto non ha per niente sonno.
Prende il telecomando per accendere la televisione, quando sente un rumore improvviso provenire dall’esterno.
Apre la porta ed esce sul patio.
Una sedia si era ribaltata nonostante non tirasse un filo di vento.
Si guarda intorno.
Il parco è immerso nel buio a parte alcune zone raggiunte dalle luci dei lampioni.
All’improvviso nota del fogliame muoversi in modo sospetto.
Capisce che c’è qualcuno.
Rientra rapidamente in casa.
Si precipita al telefono scoprendo con terrore che è isolato.
Un brivido le attraversa la schiena.
Il cellulare: deve chiamare con quello.
Prende la borsa e ne rovescia il contenuto a terra.
Non c’è.
Eppure sapeva che stava lì dentro.
Lo sguardo le cade sull’accendino.
Aveva ragione Gianna.
Porta sfortuna.
Lo scaglia con rabbia contro la parete.
A un tratto sente il cellulare squillare.
Alfredo!
Deve essere suo marito.
Si rende conto che il suono proviene dall’esterno.
Apre la porta.
Lo vede sopra il tavolo con il display lampeggiante.
Lo afferra con un gesto rapido della mano.
“Alfredo aiuto…c’è qualcuno in casa…sono sola…”
La voce che le risponde non è quella di suo marito, e con tono glaciale la sta minacciando di morte.
In realtà c’è qualcosa di più strano…più spaventoso in quella voce.
Sembra vicina…troppo vicina.
Anna si volta.
Una figura alta, vestita di nero e con una maschera da teschio sul viso, è dietro di lei.
Il cellulare da cui stava parlando in una mano e nell’altra un lungo coltello.
La donna gridando corre verso il parco.
Nel buio inciampa su qualcosa.
L’assassino avanza verso di lei.
Dei colpi di pistola giungono improvvisi, facendolo roteare più volte su se stesso e poi cadere a terra.
Giordani raggiunge la donna, che abbracciandolo si scioglie in un pianto liberatorio.
Dopo tante ricerche, finalmente avevano trovato la serata e il ristorante giusti.
Era finita.
Sapevano che il collegamento degli omicidi era l’accendino e non la maschera, come avevano fatto credere alla stampa per non allarmare l’assassino.
Uccideva a caso.
Dava la morte a chi, nella sua follia la sceglieva acquistando l’accendino.
Spiegò alla donna che l’aveva salvata Sandra, ricordandosi sia del venditore, che del suo acquisto.
Fortunatamente l’amica conosceva il suo indirizzo.
Purtroppo per Anna l’orrore non era ancora finito.
Quando il commissario tolse la maschera all’uomo, vide che celava il volto di suo marito.
Urlò sconvolta con tutto il fiato che aveva in gola.
Giordani capì subito tutto.
Un piano perfetto.
Uccidere sua moglie, addossando la colpa al maniaco con la maschera da teschio.
Era stato davvero sfortunato.
Non poteva immaginare che quella sera sua moglie avrebbe incontrato il vero serial killer, e che la polizia fosse ormai sulle sue tracce.
Il venditore sicuramente aveva seguito Anna, ma accortosi che qualcosa non andava, era fuggito.
Comunque suo marito non poteva sapere dell’accendino, e non trovandone traccia, lo avrebbero scoperto lo stesso.
Quattro giorni dopo, il vero assassino fu catturato da uno dei tanti agenti in borghese, sparpagliati nei vari ristoranti.
L’incubo era finito…per la città.
Per Anna, la strada della ripresa sarebbe stata molto più lunga.
Complimentissimi Roberto,bel racconto,scritto davvero bene e con minuziosita’ dei particolari.
Roberto RICCI mi ha davvero rapita questa storia! Ho una forte immaginazione quindi è come se avessi visto il film del tuo racconto… sarebbe un bellissimo film, di quelli che amo: GLI HORROR!!!
Devo comunque sollecitare questa tua attività, mi piace moltissimo come scrivi perchè sai trasmettere le emozioni in maniera totalizzante: HO AVUTO PAURA…
Complimenti, signor Ricci, Lei è dotato di talento del vero scrittore HORROR. (…mia moglie mi ha regalato un accendino simile, mi devo preoccupare? ). Le auguriamo sinceramente un
gran successo.
pieno di particolari e contorto al punto giusto..degno di un horror,sono daccordo. ci piace! perchè non ci scrivi un bel libbro e lo pubblichi?io lo comprerei!
rapisce l’attenzione fino alla fine.un bell’horror!ci piace signor RICCI (Roby)
Questi racconti mi appassionano, devo dire poi, che la trovata dell’accendino nel ristorante è davvero geniale. Ha scritto anche altro? Ci faccia sapere.
Avvincente!
Angela Lonardo
Lo stile è quello che mi ha più colpito. Frasi brevi, a volte lapidarie, rappresentano in maniera perfetta il ritmo, la cadenza dell’evolversi della scena. Complimenti, appassionante.