Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2012 “Portami Via” di Guido Laremi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2012

Notte. Immagini di una città che dorme.

All’improvviso sulla scena irrompe un ragazzo. Corre.

Forse scappa, forse insegue.

 

Di colpo si schianta contro un portone. Suona, bussa, finché qualcuno si sveglia e apre.

Ad aprire è Matteo (il protagonista della storia). I due si conoscono, ma non si sentono da mesi e questa visita notturna a Matteo sembra piuttosto strana.

L’amico è disperato, ha un favore da chiedergli. Una cosa importante dice, “di vita o di morte”.

“Tra tutti ho pensato a te, perché di te mi fidavo”.

“Sono nei guai, lo vuoi capire?! Sei l’unico che può aiutarmi”.

Si tratta di un segreto, una “cosa” da nascondere. Il ragazzo spiega a Matteo: “domani all’alba, la troverai sotto il tuo portone, dovrai solo prenderla e portarla in casa”. Nasconderla per un giorno. Solo per un giorno.

Matteo all’inizio protesta, ma alla fine contrariato, accetta.

Dopo qualche ora (passata insonne), l’alba arriva implacabile e con lei il segnale.

Matteo scende sotto casa, apre la porta e all’improvviso si trova davanti la cosa da prendere e nascondere: una ragazza.

Bionda e bellissima.

Ha con se poche cose, un borsone, un cappello e un libro scritto in russo. Si tratta di “Alice nel paese delle meraviglie”.

Non parla, sembra stanca, spaesata e Matteo sembra di fronte ad un’apparizione.

Dopo qualche attimo di esitazione, Matteo la invita a salire in casa.

“Non sei italiana, vero? Sei russa?! O ucraina?”

“Non capisci quello che dico, è così?”

La ragazza rimane in silenzio, un pò spaventata e incerta.

“Comunque io mi chiamo Matteo… e tu?”

Silenzio.

“Mmm… se vuoi posso chiamarti… (guardando il libro)…Alice!”

Mentre la città si sveglia, i due fanno colazione, sistemano il letto e si studiano in silenzio, un silenzio delicato fatto di sguardi e piccoli sorrisi.

Matteo è sempre più perso nella bellezza di Alice e tenta di costruire con lei una comunicazione impossibile, rispondendo da solo alle sue stesse domande:

“Ma quindi è la prima volta che vieni in Italia…”

“Hai fratelli, sorelle…?”

“Ma che si fa in Bielorussia?! Qual’è la capitale? Ma c’è la crisi anche lì? A me sarebbe piaciuto fare il falegname…mi sa che la Bielorussia è piena di falegnami, con tutti quei boschi…”

“Secondo me, sei fidanzata… Cioè sei troppo carina per non essere fidanzata” Lei fa una smorfia strana e Matteo: “Vi siete lasciati! Cavolo…quando sei partita, vero?”

Matteo immagina così una vita per Alice, un’infanzia lontana, dei sogni, degli amici, un destino. S’inventerà letteralmente di tutto, creando inconsapevolmente un mondo e una storia.

Guarderà in un atlante la Bielorussia, le città principali, la flora e la fauna, gli usi e i costumi, calcolerà la distanza tra l’Italia e Minsk, controllerà i voli, i treni, gli eventuali collegamenti…

La sua condizione di studente, la crisi economica, l’amore, il futuro… e sopra ogni cosa: la voglia di scappare, saranno questi gli argomenti delle loro “strane conversazioni” e allo stesso tempo il carburante degli eventi. Per tutto il giorno Matteo si prenderà cura di Alice come non aveva mai fatto prima con nessuno. La osserverà di nascosto, le sistemerà le cose, le rimboccherà persino le coperte mentre dorme. Addirittura vedendola scrutare fuori dalla finestra, le proporrà di uscire un po’, di fare un piccolo tour della città (nonostante il divieto ricevuto dall’amico).

“Comunque ancora non capisco che sei venuta a fare fino qua?”

“Cosa c’entri col mio amico? In che giro ti sei cacciata? Devi stare attenta, lo sai!?”

Guardando casualmente un articolo su una rivista trovata in casa, Matteo ha un’illuminazione: si convince che Alice è finita nella cosiddetta “tratta delle bianche”. Qualcuno l’ha rapita nel suo paese e l’ha portata in Italia a prostituirsi, proprio in quel tanto osannato “paese delle meraviglie”.

Di colpo, Alice sembra urlare a Matteo: “portami via” così come Matteo a sua volta sembra supplicare Alice di fare lo stesso con lui. Ognuno a modo suo è in cerca di aiuto, di un passaggio (o un pretesto) per andare altrove, lontano dalla propria condizione, dal proprio mondo e dal proprio destino.

Un po’ di coraggio e un po’ d’incoscienza porteranno Matteo a non rispettare la più importante delle istruzioni impartitegli (consegnare la “cosa” in un parcheggio fuori città), a sfidare forze sconosciute e a rischiare… per la prima volta. Infatti la mattina seguente Matteo condurrà Alice alla stazione, le darà dei soldi e la metterà su un treno per Venezia. Da lì nessuno potrà più trovarla, se lei vorrà potrà tornare in Russia oppure potrà andare dove vuole.

Sarà libera.

Quanto a lui, purtroppo non riuscirà a seguirla, gli mancherà quell’ultima dose di coraggio necessaria a farsi davvero “portare via”… a sposarla, a vivere i suoi sogni, la sua vita da falegname a Minsk, i suoi figli, le domeniche in campagna, la pesca sul Volga, e tutti quei “film mentali” che da solo si era girato.

Sarà comunque felice e soddisfatto di sé. Per la prima volta, davvero.

La storia finisce con Matteo che cammina a testa alta sotto un primo sole di marzo, con una musica rock di sottofondo, mentre Alice, inaspettatamente, scende dal treno, tira fuori dalla borsa un cellulare, lo accende e in un italiano perfetto esclama:

“Ciao! Sono alla stazione! Il tuo amico è un pazzo completo, lo sai!? Sì, alla stazione! Vieni subito che ti spiego tutto!”. Colpo di scena.

Poi si vede il ragazzo che correva di notte (all’inizio della storia) arrivare alla stazione e andare incontro ad Alice dicendo:

“Silvia! Finalmente… quanto mi sei mancata… Ti chiedo umilmente scusa per questo contrattempo, ma le hanno posticipato il volo e alla fine è partita solo stamattina! Ora abbiamo tutto il week-end per noi! Promesso!” e si baciano.

Si vedono di nuovo i due (amanti clandestini) passeggiare verso casa e Alice questa volta spiega:

“In treno una bambina aveva dimenticato un libro, io l’avevo preso per restituirglielo dato che era scesa anche lei, ma poi alla stazione l’ho persa di vista e non l’ho più trovata… così l’ho tenuto io. Era “Alice nel Paese delle Meraviglie”, ed era scritto in russo”.

E poi seduti su una panchina il ragazzo dice: “Se gli avessi detto la verità su di te, prima di tutto non avrebbe mai accettato, e poi magari finiva per dirlo in giro ed è un attimo che la voce arriva alle orecchie di…”

In un’altra situazione (passeggiando) il ragazzo chiede ad Alice: “Ma perché tu non gli hai detto niente, poveretto?! Perché sei stata al gioco??”

E lei: “All’inizio non me l’aspettavo, mi ha preso alla sprovvista, ero arrabbiata con te e non ho saputo dire nulla… e poi in realtà ha fatto tutto lui prima ancora che me ne rendessi conto!”

“Era così tenero… non lo so… mi sono sentita quasi amata, protetta e così… non ho voluto rovinare tutto…”

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.