Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Punto di Gaetano Gallitto”

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Punto.

Punto fermo.

Punto e a capo.

Punteaccapo.

Punto primo e punto secondo.

Punto G.

Punto d’impatto.

Punto di vista.

Punto di non ritorno.

Punto focale.

Punto e virgola, quando si sente solo.

Punto interrogativo, se ha dei dubbi.

Punto esclamativo, ogni volta che ha delle certezze.

Punto e basta, quando è stufo.

Punto.

In genere è la fine del discorso.

Qui no.

Qui è l’inizio.

Un punto è un punto.

I punti, si dice, sono tutti uguali.

Come i cinesi.

Nelle foto una folla di cinesi.

Tutti uguali.

Ma se ingrandite l’immagine e li guardate da vicino non sono più così uguali.

Sono diversi.

Alti bassi grassi magri.

Diversi l’uno dall’altro.

Diverse anche le facce.

Fronti guance menti occhi nasi bocche orecchie tutti diversi.

E così i punti.

Se ingrandite molto l’immagine, se li guardate abbastanza da vicino, sono diversi.

Non solo diversi uno dall’altro, perché in questo caso sarebbero cinesi, ma anche cangianti, mai uguali a se stessi.

Perché un punto può diventare qualsiasi cosa.

Un punto può farsi crescere una gamba.

Fornita di piede.

O molte gambe, tutte con piedi annessi.

Magari pelosi.

O braccia con mani.

O gobbe e rigonfiamenti strani.

O nasi.

O quel che volete.

Una volta un punto si è fatto crescere addosso un intero cammello completo di gobbe, molto irritato dalla assoluta mancanza, nei dintorni, di deserti in cui scorrazzare e cercare cammelle con l’occhio languido.

Un cammello infelice.

Ma i cammelli non hanno mai l’aria molto felice.

Forse sono tutti troppo lontani dai deserti e dalle cammelle con l’occhio languido.

O forse sono troppo vicini ai cammellieri, che sembrano fatti apposta per mettere i cammelli di cattivo umore.

Tornando al punto, il punto può correre.

O volare, gonfio come un aerostato, oppure sfrecciante come un razzo.

O nuotare.

Strisciare come un verme.

Saltare come un canguro.

Piroettare come Carla Fracci.

O meglio.

E, se incontra una punta, innamorarsi.

Oppure litigare.

E azzuffarsi con altri punti, confondendo assai chi guarda.

E quando è perplesso si fa spuntare da una parte una mano per grattarsi la testa.

E non muore mai.

Neppure se lo schiacciate fra le pagine di un libro.

D’altronde fra le pagine dei libri ci sono un sacco di punti.

Tutti vivissimi.

Non sono zanzare, che muoiono quando le schiacciate fra le pagine dei libri.

Perché le zanzare non amano la cultura.

Mentre i punti si.

La amano molto.

E ne sono riamati.

Si sa che la cultura ama la punteggiatura.

Il dotto spiega e chiosa e approfondisce e scandaglia e viviseziona puntigliosamente ogni punto.

E il punto si sente importante.

Quasi sempre.

A volte però si scoccia.

E se ne va.

E in questo caso è il dotto che ci rimane male, senza punto da spiegare e chiosare e approfondire e scandagliare e vivisezionare puntigliosamente.

Ma poi trova un altro punto, e si rasserena.

Molti pensano che il punto sia solo nero.

Ma i punti neri sono un’altra cosa.

Divertimento da spiaggia per signore molto annoiate, che si accompagnano a bella posta con signori ben forniti di punti neri da martirizzare sotto il sole.

Invece il vero punto non è schiacciabile e può essere di qualsiasi colore vi venga in mente.

Anche dei colori più strani e meno praticati dagli stilisti.

Che non usano mai i colori senza un attributo: verde livido, rosso gota di fanciulla in fiore, grigio mare d’inverno, giallo foglia d’acero secca e così via.

E quando sono affermati danno ad un colore il proprio nome, facendo così sapere al mondo che ne sono proprietari in esclusiva.

Ma il punto se ne frega degli stilisti.

Usa i colori come gli pare.

Accoppiandoli spesso e mischiandoli senza risparmio e senza domandarsi prima se staranno bene insieme o no.

Il punto ama la i.

Non si sa perché, ma la i è la vocale prediletta dal punto.

Forse ci sta particolarmente comodo.

Eppure altre vocali potrebbero essere più comode: la o, largotta e panciutella, oppure la a, altrettanto largotta e panciutella, e per giunta con l’appoggio laterale.

Ma il punto non ne vuole sapere: vuole la i.

Per questo cerca sempre chi voglia mettere punti sulle i.

Impresa peraltro impossibile, perché ogni i nasce già fornita del suo punto e non ne vuole due.

Chissà cosa c’è dietro tutto ciò.

Forse è solo una questione di simpatie e antipatie.

E allora c’è poco da discutere.

Soprattutto per noi, che non siamo punti e neppure i.

I punti odiano la geometria.

Che invece sembra non poter fare a meno del punto.

Anche se poi dice che fisicamente il punto non esiste, è una specie di convenzione, determinabile con calcoli astrusi.

Dato un poligono, determinate il punto d’incontro dell’apotema con chissà che altro.

E giù tutti a far calcoli, mentre il punto grida come un ossesso: sono qui, sono qui!

Ma nessuno lo sente: sono tutti assorti a calcolare e non lo vedono.

E poi, invece di chiamarlo per nome, la geometria indica il punto con A o B o C oppure con un’altra qualsiasi lettera dell’alfabeto.

E il punto non è contento.

Preferirebbe Astolfo, Bernardo, Carlo, Diego, Enrico, Felice, Giacomo e così via.

Ma quella, la geometria, dura, insiste: prendiamo due punti che chiameremo A e B. La linea che li unisce dicesi segmento…

E i punti elenco?

Un disastro: neanche le lettere, solo pallini o trattini o asterischi.

Nessuno sarebbe felice di chiamarsi asterisco o trattino.

Conosco solo un commendatore che è contento quando la giovane amante lo chiama pallino, ma non fa testo.

E infine c’è il punto dei punti.

Quello che ci conteneva tutti.

Quello in cui, se è vero quel che ci raccontano gli scienziati, è scoccata la prima scintilla del Big Bang.

E che ci conterrà tutti, la prossima volta in cui l’universo mondo si raccoglierà in preparazione di un nuovo botto.

Insomma il punto ha una vita complicata.

Per certi versi anche misteriosa.

Piena di dispiaceri, certo.

Ma anche di gioie, probabilmente.

Soprattutto quando, come ora facciamo, si mette il punto finale ad una storia.

Punto.

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3 commenti »

  1. complimenti un racconto che incuriosice… o meglio più che un racconto un monologo surreleale….a me è piaciuto …ciao..:-)

  2. Mi piace molto. Moltissimo! Ciao.

  3. Punto è sempre bellissimo! Ciao.

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