Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2012 “Apoptosi” di Claudio Cagnazzo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Nella vecchia e unica scuola media del piccolo paese di Uggiano Montefusco, il professore di scienze istruiva i suoi alunni spiegando loro, le varie modalità di adattamento cellulare. Marco trovava quelle lezioni veramente noiose. Non gli era mai piaciuta la biologia, preferiva piuttosto la letteratura, amava le poesie e, ai temi di italiano, prendeva sempre il massimo dei voti. Quel giorno però, un argomento riuscì a colpire la sua attenzione. Ciò accadde quando il professore iniziò a parlare dell’APOPTOSI. Nella mente del ragazzo frullavano le parole pronunciate dal professore che, con la sua cadenza salentina diceva: – “L’APOPTOSI si verifica quando una cellula muore mediante l’attivazione di eventi che portano ad una morte programmata; possiamo anche definirla suicidio della cellula. Quando, per esempio, una cellula è infettata da un virus, questa, per evitare che il virus si replichi al suo interno e infetti successivamente le altre cellule, va incontro a questa morte programmata; in questa maniera la cellula infettata salva le altre cellule dal virus e quindi dalla morte”. Marco rifletteva su quelle parole. Non riusciva a comprendere come una cellula potesse essere tanto stupida da uccidersi per salvare le altre, invece di pensare solo a se stessa. Secondo lui tutto ciò non aveva alcun senso.

Suonata la campanella i ragazzi uscirono velocemente fuori dalla classe per dirigersi finalmente presso le loro abitazioni. Marco non vedeva l’ora di arrivare a casa perché la mamma come tutti i sabato gli aveva preparato il suo piatto preferito. Sua madre quella mattina era andata a fare un controllo medico perché ultimamente aveva dei malori e quando il ragazzo arrivò a casa venne a sapere che presto avrebbe avuto un fratellino. In pratica i malesseri della madre erano tutti dovuti alla inaspettata gravidanza.

Quel giorno fu una vera festa in famiglia, perché la nascita di una nuova creatura è sempre un evento straordinario, e come diceva la mamma di Marco, la signora Anna, questo era – “Un dono di Dio”. Anna era molto religiosa e nonostante non fosse più giovanissima era ben determinata a portare avanti la gravidanza.

L’idea di un fratellino riempiva di gioia anche Marco. Finalmente avrebbe avuto anche lui un fratello più piccolo con il quale giocare, guardare la tv, e sfidare alla play station.

Il lunedì a scuola, il bambino non perse tempo e cominciò a raccontare a tutti i suoi compagni che molto presto avrebbe avuto un fratellino. Questo pensiero era diventato ormai la sua nuova ossessione. Adesso sarebbe stato davvero arduo fargli seguire le lezioni di scienze.

Quella mattina il professore ricapitolava un po’ gli argomenti trattati la volta precedente e, come gli era solito fare, faceva delle domande ai suoi alunni, per rispolverare nella mente degli scolari le nozioni già trattate.

– “Marco” – disse il professore – “Ricordi cos’è l’APOPTOSI?”

Egli per una volta si sentì fortunato, perché il professore gli aveva chiesto l’unico argomento che gli era rimasto fissato in mente: “Certo professore” – rispose il ragazzo con lo sguardo fiero – “L’APOPTOSI è la morte programmata della cellula”.

– “Bravissimo” – rispose il professore.

Marco si sentì molto soddisfatto e gli sembrò curioso il fatto che un argomento che egli non riusciva a comprendere e a condividere gli avesse fatto fare una così bella figura.

Era passato poco più di un mese da quando si era scoperto che Anna era incinta e la gravidanza iniziava già a dare i primi problemi. La donna si sentiva sempre molto stanca, aveva spesso la febbre e cosa abbastanza strana presentava forti dolori al collo. Era comunque una donna forte, non si scoraggiava davanti a questi malesseri, voleva andare avanti, essere sempre la solita casalinga efficiente, la mamma premurosa di Marco e la brava moglie di Roberto.

Una mattina, poco dopo essersi alzata, Anna accese il camino, faceva davvero molto freddo quel giorno, e cominciò a preparare la colazione per il figlio. Si sentiva più debole del solito. Aveva brividi, dolori articolari diffusi, un respiro abbastanza affannoso e quel fastidio alla base del collo che ultimamente proprio non voleva abbandonarla. Si fece forza e continuò a preparare la colazione. Mentre il latte era sul fornello a scaldarsi, la donna spalmava la marmellata di albicocche, la preferita del piccolo, su delle belle fette dorate. Appena fu tutto pronto chiamò il bambino che, ancora assonnato, si diresse verso il tavolo dove consumò la sua colazione molto lentamente, come al solito.

Alle 8,00 in punto Marco salutò la madre e si avviò per la scuola che sorgeva ad appena duecento metri dalla loro casa. Appena Anna fu rimasta sola iniziò ad avere forti giramenti di testa, era sul punto di crollare a terra ma fece in tempo a sdraiarsi sul divano. Fortunatamente il cellulare era sul tavolino vicino e poté subito chiamare il marito che a quell’ora si trovava già al lavoro. Roberto appena apprese che la moglie si sentiva male esclamo: -“Tra cinque minuti sono a casa! Non muoverti!”.

Cinque minuti dopo Roberto era già a casa. Egli si rese subito conto che la moglie aveva bisogno di approfonditi controlli medici; era incinta, e quindi trascurare anche solo il minimo problema poteva essere nocivo per il feto.

Quella mattina in ospedale sembrava interminabile per Anna. Era tranquilla, non aveva paura di nulla lei, inoltre era molto religiosa e pregava sempre Dio. Qualunque situazione gli si era presentata davanti, nella sua vita, aveva sempre mantenuto il sangue freddo e affrontato la situazione con calma e coraggio. Ma non adesso. Quello che avrebbe appreso dal medico in quella giornata nosocomiale l’avrebbe gettata nello sconforto e nella disperazione.

Il medico le diagnosticò una forma rarissima di cancro alle ghiandole salivari. L’unica possibilità per salvarsi era quella di iniziare subito le terapie anti-tumorali. Le probabilità di sconfiggere il tumore erano abbastanza buone, ma le terapie avrebbero irrimediabilmente compromesso il bambino che portava in grembo.

La disperazione di Anna era ai massimi livelli. Per niente al mondo avrebbe rinunciato al bambino che cresceva dentro di lei, ma al tempo stesso non avrebbe mai voluto lasciare Marco. La decisione era davvero difficile stavolta. Lei piangeva, guardava Roberto, in lacrime anche lui, e alzava gli occhi al cielo cercando conforto a Dio e sperando in un suo segnale.

L’indomani avrebbe fatto sapere ai dottori la sua decisione. Sperava che la notte le portasse consiglio anche se in realtà riuscì a dormire appena un’oretta. In quel breve tempo sognò la madre morta che si avvicinava al suo letto, le metteva la mano sul cuore e le diceva: -“E’ lui che devi ascoltare”- le diede un bacio e sparì.

Adesso Anna aveva capito cosa fare; mettere da parte la ragione e ascoltare solo e unicamente il suo cuore. Quel giorno abbandonò l’ospedale e disse ai medici che avrebbe portato avanti la gravidanza.

I giorni e le settimane successive proseguirono abbastanza bene. Anna notava che le sue forze erano diminuite, ma riusciva comunque a far sembrare come se nulla fosse accaduto: cucinava, lavava i piatti, stirava e guai a chi le diceva di non affaticarsi troppo.

Col passare dei mesi, i controlli ginecologici si intensificarono sempre più e, nonostante il tumore avanzasse incontrastato, la gravidanza procedeva in maniera abbastanza soddisfacente.

Gli ultimi mesi però furono difficili. Anna era esausta, priva di forze. La malattia adesso si faceva sentire davvero. I medici decisero di intervenire con un parto cesareo, facendo nascere il bimbo prematuramente. L’intervento andò benissimo e le condizioni generali del neonato erano buone.

L’oncologo fece iniziare subito la terapia antitumorale, sperando che non fosse troppo tardi.

Il mese successivo la signora Anna morì.

Fu difficile spiegare a Marco perché sua madre fosse morta. In fondo Anna era morta per dare la vita. Ma un bambino a quell’età non può capire certe cose. Egli non accettava la morte della madre, ma ne capiva il significato. Anna aveva fatto come le cellule, era andata in APOPTOSI. Aveva ucciso se stessa per salvare la vita al piccolo neonato.

Ora Marco capiva davvero quale fosse il senso dell’APOPTOSI. No, non era una morte programmata, o un suicidio come diceva il professore. Era molto di più.

Per Marco adesso l’APOPTOSI era un gesto d’amore.

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9 commenti »

  1. Dopo essere stato uno dei vincitori dell’edizione 2010, quest’anno ci riprovo!
    LuccAutori è stata una delle esperienze più belle della mia vita…è stato un onore conoscere il dott. Brandi e tutti gli altri…
    Claudio

  2. La vita resa possibile solo attraverso la morte, anche qui una emozione che non so discostare dal dolore. Due facce della stessa medaglia, ben descritte. Bravo.

  3. Grazie di cuore Bettina.
    claudio

  4. Una storia che arriva diritta al cuore. Complimenti!

  5. Grazie mille!
    claudio

  6. Un racconto emozionante che ci ricorda la notevole importanza della figura materna all’interno di una famiglia. Anna ha compiuto un grande gesto d’amore
    che riscalderà il cuore dei suoi familiari ogni volta che si sentiranno tristi per non averla più al loro fianco.

  7. Grazie Roberto! Sono felice per averti regalato una emozione!
    claudio

  8. Ciao Claudio! Eravamo insieme a Lucca nel 2010. E’ un bel racconto, triste ma che sa trasmetterci un segno di speranza, perché l’amore è fatto di gesti ma anche di quelle parole che lo raccontano agli altri e danno la forza di sopravvivere agli eventi tragici della vita. In amore nulla è vano. Non resta che augurarti un grande in bocca al lupo. Se hai voglia di leggermi:
    qui per i corti: http://www.raccontinellarete.it/?p=8951
    e qui :http://www.raccontinellarete.it/?p=8948

  9. Grazie mille Francesca. Certo che mi ricordo di te! Leggerò con piacere i tuoi racconti.
    A presto…

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