Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Le scarpe” di Adriana Sarno

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

L’aria della sera è fresca, il taxi sfreccia per le vie della città, costeggiando una delle sue zone più verdi e lussuose, palazzi imponenti e dal pregevole stile architettonico invitano lo sguardo a distrarsi, gira intorno all’albergo e si ferma davanti all’ingresso.

La grande sala da pranzo, dal soffitto affrescato da serene divinità mitologiche, accoglie i relatori; sono presenti i più autorevoli esponenti del mondo accademico.

I tavoli elegantemente apparecchiati, vestiti di azzurro lavanda, hanno al centro una composizione di margherite e rose bianche ed un ventaglio con i nomi dei relatori.

La sala è piena, sono tutti molto eleganti, sono tutti seduti, centrale davanti agli altri un lungo tavolo, con sette sedie.

Ad uno ad uno gli intervenuti hanno spiegato le loro teorie, la serata è finita, un lungo applauso, seduta, sorridente stringe varie mani, lentamente muove i piedi,  per cercare più spazio nelle scarpe.

 

India è una bella donna, allunga le gambe, è stanca, doveva già essere a destinazione, invece lo sciopero ha fatto slittare tutte le partenze.

Di fronte a lei altri due viaggiatori, uno probabilmente arbitro di calcio, ha notato che ha con sé una grande borsa con su incise le iniziali della federazione, l’altro più alto, di qualche anno più grande, ha un piccolo bagaglio, un’aria molto distinta ed una bella cravatta gialla.

Tutti e due leggono, il primo alcune carte stropicciate, l’altro il quotidiano della città.

Sbadiglia India e pensa all’articolo scritto per la rivista di psicologia lo scorso mese e spiegato ieri al convegno dell’Accademia.

Il lungo applauso e le molte strette di mano non l’avevano sorpresa, era riuscita ad avere il piacere di chiudere i lavori della serata, la sua teoria aveva fatto presa.  

Solleva i capelli e poggia la testa, sfila leggermente le scarpe: lo sguardo è catturato da un paese circondato da un grande ruscello.

Sembra un posto felice tutto molto curato: le case, le strade, gli alberi.

Un castello illuminato si scorge in lontananza.

  

Il Re Costantino era pensieroso, guardava fuori dalla finestra e sentiva il rumore del vento, il cigolio del cancello le cui volute sostenevano lo stemma di famiglia. Sospirò nel pensare se anche stasera avesse cenato da solo, senza la compagnia della sua giovane figlia.

L’amava moltissimo, la fanciulla era molto bella, ma il suo sguardo ultimamente era velato da una profonda tristezza.

Da qualche giorno, poco prima di cena, mandava le scuse al padre, chiedendo che il pasto le fosse servito nella sua camera.

Il Re trattenne il fiato nel vedere una sagoma in lontananza, non riusciva a distinguerne da lontano le fattezze, si girò verso la poltrona, prese i suoi occhiali, ma nel guardare nuovamente fuori non vide più nulla.

 

La principessa BellaChioma trascorreva le sue giornate recandosi al ruscello: si sedeva sull’erba a contemplare l’acqua che scorreva, si specchiava ed accarezzava i lunghi capelli.

C’erano farfalle, uccellini, fiori e molti ranocchi che le saltellavano intorno.

Un giorno decise di prenderne uno, lo avrebbe accudito e forse dopo un po’, chissà se baciandolo, sarebbe potuto diventare un  bel Principe.

Lo portò nella sua stanza, molto luminosa e con una bella vista, lì il ranocchio sarebbe stato bene pensò, avrebbe avuto tanto spazio.

Passarono i giorni e tutto sembrava normale, la Principessa era presa nella cura del suo ranocchio e questo sembrava essersi adattato alla nuova vita.

Una mattina, BellaChioma, pensò che fosse giunto il grande momento.

Si avvicinò al ranocchio e lo prese tra le mani, lo guardò, avvicinò le sue labbra, chiuse gli occhi e lo baciò.

Rimase un po’ con gli occhi chiusi, ma sentiva ancora nelle sue mani quel piccolo peso.

Allora riavvicinò le labbra, diede un altro bacio, aspettò, ma ugualmente non accadde nulla.

“Chissà di quanti baci avrà bisogno per trasformarsi?” pensò.

Non si perse d’animo e continuò.

Era convinta che prima o poi davanti a lei sarebbe comparso un bel Principe.

I giorni passavano, era stanca, voleva tornare ad essere più spensierata, non le piaceva trascorrere tanto tempo reclusa, sempre ad occuparsi di quel piccolo ranocchio.

Provò di nuovo, aprì gli occhi e nelle sue mani c’era sempre il ranocchio, anche lui stanco e sudato, che la guardava.

Allora capì, quel ranocchio non si sarebbe mai trasformato, sarebbe rimasto sempre così.

Si ravvivò i capelli ed uscì avviandosi verso il ruscello, teneva il ranocchio sul palmo della mano destra, il movimento della sua lunga chioma le dava un piacevole senso di compagnia.

Arrivata lo posò a terra, ma non si voltò a guardare se saltellasse verso l’acqua o rimanesse ancora sull’erba.

Davanti a sé un uccellino volando con destrezza e a tutta velocità la fece sorridere, è già primavera pensò.

Il senso di oppressione volò via, provò sollievo nel sentire che nulla era cambiato in lei,

quanta fatica sentì uscire dal suo corpo, liberando le sue membra.

I passi sulla ghiaia diventavano sempre più leggeri.

 

“Si avvisano i signori viaggiatori che tra pochi minuti entreremo in stazione”.

 India si desta di scatto, inclina il capo, avvolta da una strana sensazione, si alza, si allunga per prendere il suo bagaglio e lo sguardo cade sul giornale lasciato aperto dal suo vicino di viaggio.

“Prima di trovare il tuo principe azzurro, devi baciare molti rospi” dice la colorata pubblicità di una nota marca di calzature: la stessa di quelle comprate  prima di andare alla conferenza.

Sorride: “Nulla succede per caso”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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