Premio Racconti per Corti 2012 “Pecorella smarrita” di Maria Grazia Dessi
Categoria: Premio Racconti per Corti 2012Gra’ al mare era come una deficiente, perché non sapeva nuotare, pescare e, nonostante avesse sempre un libro appresso, neanche leggere; il sole la stordiva e stava sempre ricominciando dalla prima pagina.
Distesa sulla sabbia, trascorreva il tempo ad osservare la gente; così aveva sempre qualche cosa da raccontare alla vecchia madre, quando di sera andava a farle un po’ di compagnia, nel mentre che lei lavorava a uncinetto, senza sollevare lo sguardo. L’ultimo di quell’estate fu:
“Oggi due bambine hanno fatto un fosso grandissimo sulla sabbia e vi si sono infilate dentro. Secondo loro, quello era un ristorante. Dopo aver fatto un mucchio di polpette con la sabbia bagnata, hanno domandato al nonno:
– Signore cosa ordina? -.
Lui ci ha pensato un po’ e ha risposto:
– Spaghetti alla bottarga -.
Loro hanno riempito una formina di alghe e tutte sculettanti gliel’hanno avvicinata con un:
– Buon appetito!-.
Il nonno , facendo finta di mangiare, per dieci minuti ha fatto:
– Gnam, gnam- .
A me è venuto da ridere; lui se ne e’ accorto e mi ha detto:
-Favorisce?-.”
Neanche l’abbronzatura a Gra’ veniva in grazia di Dio: tutta a strisce. Aveva lo stesso candore del padre, quando magrissimo, si metteva in costume da bagno, non per andare al mare, ma per scendere dentro il pozzo di casa, per raschiare il muschio che cresceva sulle pareti. Gra’ e le sorelle si pisciavano dal ridere. Un giorno, affacciata al parapetto, gli disse:
– Mandami una cartolina!-.
Lui, quando uscì, le dette uno schiaffo a tradimento.
Questo stava ricordando Gra’, mentre camminava lentamente – perché era ancora presto – verso lo stradone, dove avrebbe preso la corriera, che l’avrebbe riportata in paese.
E restare a casa sua? Noo! Sarebbe scoppiata.
Ogni tanto raccoglieva una pietruzza.
Con esse faceva, come con le nuvole e i profili dei monti, il gioco di quello che mi pare. Ma con un pezzo di ferro non l’aveva mai fatto. Lo vide alla fine della spiaggia, dove cresce quell’erba spinosa, che trattiene cumuli di spazzatura.
Le sembrò subito una pecorella, come quella che può disegnare un bambino.
Lo raccolse di nascosto.
Giunta alla fermata, rivoltandolo da una parte all’altra, cominciò a storcere il naso, pensando che poteva essere il residuo di una bomba. Perché no? Gli americani ne avevano riempito tutto il Poetto.
Forse era meglio lasciarlo sopra il muro del campeggio, dove si era appoggiata, aspettando di partire.
E così fece. Però l’idea della pecorella era più forte, le inteneriva il cuore. Allora sotto le mise un biglietto con una specie di S.O.S.: “Io sono una pecorella smarrita”.
Dopo, muovendo le dita sopra le cosce, come se avesse avuto un computer, fece tutto il viaggio chattando mentalmente:
– Io sono una pecorella smarrita -.
-Peggio per te che non usi il navigatore!-.
…
A parte le cazzate, suoi puntuali buttafuori della tristezza, quella pecorella con quel biglietto potevano far accadere qualche cosa: almeno un battito di cuore, nel caso fosse un residuo di bomba.
Invece niente. Nessuno notò quella bestiolina e, se fosse, nessuno commentò il biglietto.
L’ultimo giorno di mare di quell’estate, già sulla corriera quasi in partenza, all’improvviso, dicendo all’autista che aveva scordato qualche cosa, scese e se la portò via.
-A casa la metto dentro un vaso di fiori. L’ossido di ferro fa bene –
disse all’autista che l’aspettò a urla:
– Muoversiii! –
e dopo pensieroso:
– Perché “ la metto”? Lo metto! Il ferro è maschio-.