Racconti nella Rete 2009 “Betsy domani non verrà” di Andrea Meregalli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Nella biblioteca di Vedano si sta bene. Si gode. È piccola.
Fuori, mattoni a vista. Un tetto triangolare. L’edificio sfocia attraverso un vialetto che procede tra due lati di verde curato.
Dentro, il locale è piccolo. Non sembrano esserci molti libri. Un paio di lunghi tavoli in massello. Vecchi e rigati. Gremiti di ragazzi che sorseggiano caffè o cioccolata. Teste chine su volumi aperti. Penne, matite, evidenziatori e righelli un po’ ovunque. Nessuno legge o studia. Conversano. Ridono a voce alta perché, tanto, non c’è nessuno che si disturba.
Adam entra. Gli occhiali appannati per lo sbalzo termico. Cerca il suo posto. Il suo posto è accanto a Betsy. Ma Betsy non c’è. Neanche oggi.
Adam sembra deluso. Appoggia la borsa con i libri di chimica sul primo sgabello libero. Toglie i guanti, la sciarpa e il cappotto. Si siede. Estrae un grosso tomo dalla sacca.
Chimica generale e inorganica.
Lo apre con una mano. A caso. Pagina centoottantaquattro. Nella piega del libro ci mette una matita. L’evidenziatore lo appoggia nel centro della pagina.
Inchioda i suoi acquosi occhietti neri alla porta d’ingresso.
Improvvisamente, una voce alle sue spalle dice:
“Adam”.
Il ragazzo si gira. Nonostante il timbro decisamente maschile, gli occhi tradiscono speranza. Ma è solo Arturo. Quello che studia design. Il fidanzato di Maria che, come sempre, è accanto a lui.
“Cosa c’è?”, chiede Adam. Già voltato verso la porta.
“Ho fatto il caffè. Ne vuoi?”
Adam con la coda dell’occhio, senza girarsi verso Arturo, sbircia la tazzina di plastica bianca fumante.
“Lasciala lì.”
Arturo guarda Maria. Maria ha la faccia preoccupata. Dice:
“E’ uscito un bel film. Sai Adam? Domani sera Arturo e io andiamo a vederlo. Potresti venire con noi se ti va.”
La ragazza sorride verso Adam. Ma Adam non la può vedere.
“Ho altro da fare domani.”
Maria guarda Arturo. Arturo scuote la testa.
“Cosa devi fare domani?”, chiede Arturo.
“Non lo sai? Domani dovrebbe arrivare Betsy.”
Maria si morde il labbro inferiore. Arturo stringe gli occhi. Si appoggia con le mani al tavolo.
Un paio di ragazze ascoltano la conversazione. Fanno cenni in direzione di Adam. Mettono le mani davanti alla bocca. Parlano sottovoce, come si conviene in una biblioteca.
Arturo prende fiato. In un soffio dice:
“Betsy domani non verrà.”
Adam rimane girato verso la porta d’ingresso. Ma smette di fissarne la figura. Gli occhi ora sono rivolti verso il pavimento. È marrone chiaro. Parquet.
Il ragazzo ingoia saliva. Unisce le mani e si accarezza i pollici. Le lacrime arrivano feroci ma si fermano nelle iridi. Non rigano il viso del giovane. Si limitano ad arrossirne lo sguardo.
Adam si gira. Guarda Arturo. La follia nei suoi occhi. Chiede:
“Perché?”
Arturo regge lo sguardo.
Vorrebbe solo dare una pacca sulla spalla di Adam e scompigliarli i capelli. Come quando erano ragazzini e lui li portava lunghi. E c’erano solo i pomeriggi, i gol alla televisione, i cartoni animati, le figurine dei calciatori.
Prima di tutta questa merda.
Prima delle ragazze, delle macchine, delle birre.
Prima delle discoteche, dei pompini, della marijuana.
Prima degli ospedali, delle sofferenze, dei funerali.
Prima di Maria.
Prima di Betsy.
Prima degli incidenti.
“Non lo so perché.”
Adam annuisce lentamente. Poi si alza. Indossa il cappotto. La sciarpa. I guanti.
Ed esce.