Racconti nella Rete 2009 “Padma e il bramino” di Eleonora Luisi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Padma si svegliò all’alba del giorno prima della sua partenza.
Torino appariva ancora avvolta da un velo di nebbia e aspettava di destarsi da un sonno profondo.Gli ultimi mesi della sua vita erano stati un inferno. Dopo aver lasciato gli studi universitari, perchè aveva capito che troppo nozionismo e astrattezza non era quello che cercava in questo momento, si era messa subito alla ricerca di un lavoro: un qualsiasi mestiere per riuscire a sbarcare il lunario.
La situazione politica italiana alla fine degli anni settanta non era delle più tranquille: la minaccia del terrorismo spaventava la gente, iniziavano le prime contestazioni contro il sistema costituito, insomma imperversavano il caos e la baraonda. Padma si chiuse sempre più in se stessa e iniziò per lei una fase di profonda perdita di identità che sfociò in una depressione che la portò alla ricerca di un “qualcosa” dentro di sé. L’evento che fece scaturire la decisione della tanto attesa partenza per l’India accadde per caso un mercoledì sera, quando sentì suonare il campanello di casa. Padma indossava il pigiama floreale e un paio di pantofole a forma di cuore andò ad aprire la porta e si vide davanti due individui sui trent’anni: un uomo e una donna vestiti con una lunga tunica arancione, la testa rasata ad eccezione di una piccola ciocca di capelli sulla nuca: due monaci che appartenevano all’ordine degli Hare Krisna. I due giovani entrarono in casa e si presentarono come due discepoli del dio Krisna lasciarono sul tavolo un paio di volantini, la Baghavadgita, testo sacro per gli indù, una musicassetta.
Padma decise di accettare il dono e lasciò come offerta pochi spiccioli ai due monaci. Questo incontro cambiò per sempre la sua vita. Infatti alcuni mesi dopo la visita dei due Hare Krisna stanca e profondamente insoddisfatta della sua insignificante esistenza decise di partire per l’India e mettere in discussione se stessa. Il biglietto del volo Milano-Monaco, Monaco-Nuova Delhi era datato mercoledì 15 febbraio . La vigilia della sua partenza Padma era euforica all’idea di lasciare l’Italia: preparò una valigia con l’essenziale e aspettò l’indomani il treno che da Torino l’avrebbe portata all’aereoporto milanese per prendere il volo. Sentiva dentro di sé che non aveva niente da perdere. Il viaggio durò quasi un giorno intero e con il cambio di fuso orario in avanti di quattro ore e mezza rispetto all’Italia, arrivò all’aereoporto di Nuova Delhi all’alba del 16 febbraio. Una folla sdraiata sui marciapiedi, mendicanti, un caotico frastuono di clacson, un pesante odore di spezie, incensi e sterco di vacca l’attendevano. Appena uscita dal gate principale venne assalita da tre o quattro guidatori di tuk tuk( i taxi indiani che equivalgono alle nostre api 50) e altrettanti risciò-walla che cercarono di “acquistare” il cliente proponendo la tariffa più vantaggiosa.
Per la modica cifra di 20 rupie Padma si fece accompagnare alla stazione ferroviaria dove avrebbe preso un treno per Benares, la città santa sul Gange. Quando la voce metallica del controllore annunciò “Banares,” con la sua valigia scese dal treno e rimase colpita dal degrado e dallo squallore circostante. Alcuni ratti dalle dimensioni di gatti le si avvicinarono affamati in cerca di cibo e venne circondata da diversi bambini di strada che chiedevano l’elemosina saltellando a piedi nudi sulle fetide strade indiane. Prese il primo tuk tuk disponibile che la portasse nel centro della città, vicino al bazar Bengali tola a pochi passi dal ghat principale sulle rive del Ganga, la “Grande Madre,”il fiume sacro a Shiva il dio della Trimurti indiana. La sua principale preoccupazione era quella di trovare una sistemazione a buon prezzo in una guesthouse economica, poi avrebbe cercato qualche asram per dedicarsi un po’ alla meditazione e magari avrebbe trovato qualche discepolo degli Hare Krisna.
La strada principale del bazar era gremita di gente: donne dai sari variopinti ornate di gioielli tintinnanti, fruttivendoli con i loro carretti carichi di banane, ovunque risciò-walla trasportavano i ricchi indiani dai ventri pronunciati da una parte all’altra della città.
Trovata una modesta sistemazione in una guesthouse vicino ai ghats (le scalinate che scendono al Gange) per una cifra irrisoria, stanca del viaggio in treno si addormentò sulla brandina della stanza. Quando aprì gli occhi era già pomeriggio inoltrato e decise di uscire per mangiare qualcosa e andare ad assistere al famoso rituale che ogni sera si compie sulle rive del Gange.
Padma sentì dentro di sé un emozione molto forte un flusso di energia, una pace interiore quando dietro le indicazioni di un’anziana donna che vendeva verdure sul ciglio della strada raggiunse il fiume sacro. Aveva sentito parlare e si era documentata prima della sua partenza del magnetismo della città santa indiana, meta di pellegrinaggio da tutte le parti dell’India: infatti secondo la tradizione indù morire a Benares interrompe il ciclo delle reincarnazione e rende possibile l’unione diretta con il divino, quindi ogni devoto indù almeno una volta nella vita deve compiere un viaggio nella città sacra a Shiva.
Benares infatti è anche la città dedicata a Shiva il dio della distruzione, il cui simbolo è il lingam o fallo segno della virilità maschile che viene venerato nei templi con rituali, cerimonie e offerte da parte dei devoti. Padma rimase incantata dal soave “canto” del Gange che all’imbrunire si preparava ad essere venerato dalla cerimonia dei bramini. Una folla di persone, in maggioranza indiani, ma anche diversi turisti occidentali affollarono le enormi scalinate che scendono al fiume per assistere alla cerimonia. Alle sette di sera in punto vennero iniziati sul ghat principale tutti i preparativi per il rituale. Il suono dei campanelli segnò l’ingresso dei cinque bramini che officiavano la cerimonia.
Gli altoparlanti suonavano mantra in onore del Gange, ovunque si sentivano odori di incensi profumati e le ghirlande di fiori venivano gettate nelle acque. Un bambino di strada si avvicinò a Padma per vendere una candelina da abbandonare nelle acque sacre.
I bramini con enormi candelabri contenenti il fuoco sacro iniziarono le oblazioni rivolti verso le sponde del fiume. Burro fuso, incensi e petali di rose profumavano la serata di festa. Padma si sentì all’improvviso attraversare da una vibrazione fortissima da capo a piedi e svenne. Quando riprese i sensi la cerimonia era finita.
Era stata soccorsa dal proprietario di un bazar vicino che l’aveva adagiata sulla scalinata del Dasaswamedh Ghat e le aveva portato una zolletta di zucchero. La sua avventura in India era iniziata. L’indomani si alzò di buon ora come è tradizione in India, svegliata dalle scimmie che saltellavano e schiamazzavano sui tetti .
Fece un abbondante colazione a base di frutta, lassi e yogurt e uscì alla ricerca di qualche asram. Tornò sui ghats, dove all’alba gli asceti compivano le abluzioni per purificarsi, esercizi yoga e dove la gente faceva il bagno, lavava il bucato e decise di prendere la barca per raggiungere Assi ghat.
I barcaioli appena avvistata la potenziale cliente le si avvicinarono con l’imbarcazione gridandole: “Madame boat”. Riuscì a contrattare il prezzo con un giovane indiano dal bel sorriso e per 30 rupie salì sull’imbarcazione. “Che emozione!” pensò Padma fra sé –”Sono sulle acque del fiume più sacro di tutta l’India”! Assi ghat era la zona più turistica di Benares, meta di tanti yippie che venivano da ogni parte del mondo. Padma voleva trovare un asram (più noto da noi in Occidente come comunità spirituale) per dedicarsi un po’ alla meditazione trascendentale di cui aveva sentito tanto parlare a cui anche i Beatles, seguaci del guru Maharishi, si dedicavano. Assi ghat era gremita di gente, sadhu, vacche e alcuni lebbrosi in disparte chiedevano l’elemosina.
La ragazza doveva star attenta a dove mettere i piedi perché ovunque vi era sterco di vacca, l’animale sacro che in India è normale trovare a spasso per le strade accanto alle vetture. Si incamminò lungo la strada principale e i commercianti delle numerose botteghe di sete pregiate, gioielli e artigianato locale la invitavano a visitare i loro negozi. Si avvicinò a un gruppo di occidentali, forse spagnoli o inglesi per chiedere se conoscessero l’asram di Babaji e tentennò due parole in un inglese stentato. Un giovane americano rispose : “Yes, we come there,” Padma allora si unì a loro.
Camminarono per un vicolo stretto ai cui lati erano ammucchiati numerosi rifiuti e un odore di urina riempiva l’aria carica di umidità. All’improvviso su un muro comparve un indicazione con la scritta in rosso “asram” accanto al disegno di uno yogi nella posizione del loto, Padma girò l’angolo ed entrò per prima.
Al centro della grande sala illuminata da piccole candele e profumata da incensi floreali, con le gambe incrociate, il guru recitava mantra e intorno era circondato dai suoi discepoli in meditazione. Padma entrò in punta di piedi, dopo essersi tolta i sandali e si sedette vicino a un ragazzo vestito di bianco.
Chiuse gli occhi, si mise nella posizione degli yogi e iniziò la respirazione profonda e si abbandonò alle sensazioni corporee cercando di allontanare i pensieri che le assillavano la mente. Dopo una mezz’ora il maestro aprì gli occhi e con un grande sorriso portò i palmi della mano all’altezza della fronte e disse : “Namaste”. La meditazione era terminata e ben presto la sala si svuotò. Padma rimase ancora un po’ seduta e continuò a meditare e quando tornò cosciente vide che il bel ragazzo vestito di bianco era sempre vicino a lei e le rivolse un bel sorriso.
Il giovane aveva la carnagione ambrata, i lunghi capelli gli sfioravano le spalle e i suoi occhi neri emanavano una sensazione di pace. Si chiamava Jagdeep era il figlio del bramino e studiava alla Banares Hindu University. I due giovani si presentarono e Jagdeep la invitò a bere un tulsi- tea allo Shiva cafè, un locale vicino. Padma e Jagdeep parlarono delle loro vite e dei loro interessi e fecero subito amicizia.
Padma rimase colpita da questo giovane indiano così erudito e affascinante e si diedero appuntamento l’indomani per la meditazione. Passarono le settimane e i mesi e Padma era veramente felice e si sentiva come “a casa” pur essendo tanto lontana dalla sua Torino.
Una sera all’uscita dall’asram era andata con Jagdeep sui ghats di Benares a bere un lassi e l’indiano in un momento della loro conversazione le si era avvicinato con eleganza, le aveva sfiorato i capelli e l’aveva baciata.
Alcuni mesi dopo i due giovani innamorati convogliarono a nozze con rituale indù sulle rive del sacro Ganga. Padma e Jagdeep l’Occidente e l’Oriente che si incontrano, lo Ying e lo Yang , il bianco e il nero che si fondono insieme e diventano parte del Tutto.