Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Album” di Orietta Mele

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Chiamò Lei da un telefono pubblico, poche parole, poco più di una formale comunicazione, come era nel suo stile: “vai a svegliare la nonna e dille di precipitarsi all’abbeveratoio, papà ha avuto un malore”.

Era una tersa mattina di agosto, avevo solo dodici anni e, fatto non secondario, giunsi correndo sul posto molto prima della nonna, che arrancava dietro di me. E lo vidi.

Era ancora accasciato sul volante e la mia mente, in pochi istanti, sviluppò e stampò  quell’immagine indelebile, l’istantanea della mia giovinezza, la foto ricordo che Lei non volle risparmiarmi: un volto cianotico, i denti digrignati, gli occhi spalancati sul privato abisso.

Non possiedo foto che mi ritraggono insieme a mia madre, per il semplice motivo che lei morì per complicazioni legate al parto, giovane ed entusiasta della sua gravidanza, malgrado un fisico esile e molto provato da una grave forma di anemia che l’aveva colpita durante l’adolescenza.

Papà, mi dissero poi, si chiuse in se stesso e nel suo dolore, occupandosi solo del suo lavoro, che doveva necessariamente fornirci i mezzi di sostentamento, e della sua piccola adorata creatura.

Non ho, ovviamente, ricordi di quei  primi difficili, solitari, due anni della mia vita, ma nelle foto che conservo gelosamente ci siamo sempre io e lui: il rito del bagnetto, la sua forte mano che accompagna il cucchiaio verso il mio visino sorridente, i primi passi, l’altalena, tutte le istantanee comuni ad una piccola famiglia felice.

Beh, la famiglia era davvero piccola ed io sembravo davvero molto felice.

Poi, dopo la seconda candelina, nel nostro album colorato comincia a trovar posto un nuovo ritratto femminile. Arriva Lei nella nostra vita e non ho ragione di dubitare che la sua ferrea volontà abbia impiegato solo pochi mesi a piegare le deboli resistenze di mio padre.

Per amici e parenti è un dono del cielo, la collega single (ma forse allora si sarebbe definita zitella), di qualche anno più grande, saggia, parsimoniosa, soavemente mielata e così tanto premurosa nei confronti della “piccola”.

Da una frettolosa conoscenza ad un’altrettanto frettoloso matrimonio il passo è breve.

Dopo, i miei ricordi cominciano ad affiorare, a farsi via via  nitidi e dolorosi.

Lei, votata al lavoro, estremamente pignola e precisa nelle cose di casa, intransigente e collerica nei confronti miei e di papà, Lei che comincia ad avanzare nella carriera, a migliorare i  suoi  guadagni e papà che sempre più si chiude in se stesso, trascura il suo lavoro, finisce per regolare  la sua  ancor giovane, esuberante, vita sui miei ritmi.

È lui ad accompagnarmi a scuola, in piscina, alle visite mediche. È  la sua voce quella che mi narra la fiaba serale, che mi spiega il significato del film appena visto, che commenta i nostri libri preferiti.

Sono anni strani, apparentemente quieti, quasi sereni, caldi di sentimenti reciproci, a tratti scossi da un gelido vento di ostilità che serpeggia nelle nostre stanze, che sibila a volte nell’innocua apparenza di certi piccoli gesti.

Ecco allora la splendida foto di mia madre, in attesa di me, che sparisce dalla parete del soggiorno, lasciando un segno grigio nella carta chiara da parati e un solco profondo nei nostri cuori.

Scoprirò, solo anni dopo, che Lei l’ha nascosta in cantina, in fondo ad un baule e che fu quella repentina sottrazione la causa di quella spaventosa lite notturna della quale per anni non seppi trovare ragione.

Eccomi, nella foto della Prima Comunione, costretta nel saio da penitente che io e papà odiammo tanto, ma  che Lei, non si sa come, riuscì ad imporre a tutta la  nostra comunità.

Ecco il ritratto di Lei, dipinto da un pittore allora famoso, una donna matura, poco piacente, altezzosa, circondata dai suoi due amatissimi cani.

Non ricordo una sua frase nei miei confronti che non fosse circospetta, studiata, a volte aspra, a volte falsamente accondiscendente.

Ricordo però la voce del babbo, profonda, partecipe, il balsamo della mia infanzia e della mia  fanciullezza.

Fino a quella data, fino a quel mattino di Agosto. Erano usciti insieme, in macchina, per prendere le ricotte fresche dal  fattore. Avevano percorso poco più di un chilometro su quella che era la strada delle nostre annuali vacanze, poi “quella cosa”, quel malore e papà che lascia la sua vita (e un pezzo della mia) sul ciglio di quella strada maledetta, papà che intraprende un nuovo viaggio, l’ultimo, mi piace pensare, verso quello che fu il vero amore della sua vita.

 

Si disse, allora, che poteva trattarsi d’infarto, di tragica fatalità. Per me fu per sempre e semplicemente “crepacuore”.

Vissi con Lei per poche settimane, chiudendomi in un ostinato mutismo, prima che fosse deciso di trasferirmi, definitivamente, in casa della nonna.

Giunsi in quella nuova casa portando solo una piccola valigia, il “nostro album” e la meravigliosa foto di mia madre, capelli al vento e ostentato orgoglio per il suo pancione.

Altri si occuparono, poi, delle piccole cose materiali.

Lei, non volli più vederla.

Ho poi impegnato molti anni della mia vita nello sforzo di salvare nella memoria, come in un file prezioso, solo i ricordi cari legati al mio adorato padre.

 

Molte estati si frappongono tra me e i fatti che, con ritrosia, faticosamente, ho provato a narrare.

Foto nella casa in collina non ho più voluto farne, né ho mai più ritrovato il piacere delle vacanze in quei luoghi. Spesso i miei figli mi chiedono perché i miei occhi si incupiscano, nel sole d’agosto, mentre fisso il nuovo condominio che ha aggredito la collina, lassù, verso il vecchio abbeveratoio.

Quella strada non c’è più, ma il mio album è ancora aperto su quell’ultima foto che nessuno ha mai stampato.

 

 

 

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2 commenti »

  1. Un padre – madre che ci commuove, una capacità di trasmetterci tristezze che però non disturbano, sono dense di dolcezza. Brava Orietta

  2. una stagione della propria vita, drammatica e meravigliosa, descritta con struggente nostalgia. Straordinaria capacità di rappresentare i fatti con semplicità ed efficacia. Molto brava.

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