Racconti nella Rete 2009 “Nella testa tanti pensieri, ma nessun pentimento” di Adriano Muzzi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009“Perché hai ucciso il tuo amico?”
“Non ho ucciso nessuno” dissi io.
“L’hai buttato dal nono piano” disse l’ispettore. “Adesso è solo una macchia sull’asfalto.”Con l’indice allargava continuamente il colletto della camicia, che il giorno prima doveva essere stata bianca.
“Le cose si mettono male per te!” disse lui.
Cercai di trovare una posizione migliore sulla sedia di plastica. Mi guardai le scarpe.
“Staremo qui anche un mese se ti servirà per ricordare” disse lui, sfilando una sigaretta dal taschino. Il pacchetto accartocciato cadde sul pavimento di linoleum.
“Non ho fretta” dissi io.
Dette un calcio al pacchetto. Si sedette. Il suo naso a dieci centimetri dal mio.
Aveva le gambe appoggiate sul muretto, le braccia conserte, come qualcuno che aspetta qualcosa.
“Non penso sia una soluzione” dissi io.
“Non penso ci siano soluzioni” disse lui.
Le nuvole rosa che solcavano il cielo zaffiro cercavano invano di passare tra le migliaia di antenne della tv. Troppo grandi per spazi troppo angusti.
“Non farlo” dissi io.
“Ti voglio bene, amico mio” disse lui.
Il mio amico tremolò come se lo stessi vedendo attraverso il riverbero di una fiamma; sembrava un anima degli inferi, un fantasma che vagava tra i tetti.
I miei occhi erano diventati umidi.
“Perché piangi?” disse lui passandosi una mano nei capelli.
Lei non rispose; si voltò di schiena, chinando la testa come per contemplare il disegno astratto di un artista di strada.
“Dài, non fare così che mi preoccupo” disse lui.
“Andiamo via, scappiamo insieme. Prendiamo un aereo per la destinazione più lontana che c’è” disse lei, sempre girata.
Lui si scrutò le mani mai ferme.
Lei guardò un punto indefinito nel cielo inondato di rosso.
“Oggi c’è l’aria giusta per un volo in parapendio” disse lui. Guardava di fronte come se non fossi presente. “Lei non ha mantenuto la promessa, lo sai, ma tu… non dovrai parlare di questo con nessuno… me lo prometti?” aggiunse con un filo di voce.
Mi sorrise strizzando un occhio. Poi, senza nessun preavviso, si alzò e partì veloce come un centometrista. Io lo guardavo attraversare il largo terrazzo, ipnotizzato. Il tempo aveva perso di significato; il mio orologio un accessorio inutile.
I lunghi capelli fluttuanti come una bandiera esposta al vento, le gambe che si piegavano per spiccare un balzo, la mascella serrata, i pugni stretti. Attimi di realtà dilatati in una specie di sogno. Non era possibile che accadesse una cosa simile a noi due.
“Non possiamo più stare insieme” disse lei.
I suoi occhi non volevano incrociare quelli del ragazzo.
“Perché? Non era per sempre?” disse lui. Le mani che combattevano con un ciuffo ribelle.
“Per sempre è una parola troppo grande, una promessa troppo difficile da mantenere” disse lei.
“Ma una promessa è una promessa” disse lui.
Lei si era già voltata incamminandosi lungo il viale. I capelli ondeggiavano come serpenti incantati.
“Abbiamo una testimonianza. Ti hanno visto sul tetto con il tuo amico. Cosa hai da dire?” disse lui.
“Confermo, c’eravamo solo io e lui” dissi io.
“E quindi?” disse lui.
“C’eravamo solo io e lui. Punto” dissi io, agitando le mani sudate.
Il poliziotto fece un balzo verso di me con un pugno alzato.
L’aria attorno a me ondulò, forse una corrente d’aria calda, forse… Saltò. Un gesto atletico anche bello da vedere se non fosse stato per … Saltò. Le braccia aperte come un tuffatore.
Nella testa tanti pensieri, ma nessun pentimento. Non poteva vivere senza essere amato da lei. Senza essere amato.
Sulla terrazza rimasi da solo. I miei occhi cercavano qualcosa lungo la traiettoria ideale del balzo. Il mio braccio ancora teso con la mano aperta.
Mi alzai e trascinando i piedi raggiunsi le scale. Nella mia testa tanti pensieri, ma nessun pentimento.
Mi colpì sulla spalla con un cazzotto. Provai dolore ma rimasi immobile.
“Parla! Non hai alibi, sei nella merda!” disse lui.
“Uhm” dissi io.
“Allora?” disse lui.
“Non ho fatto niente” dissi io.
“Se non sei stato tu, dimmi cosa è successo” disse lui.
“Non ho niente da dire” dissi io.
Con un gesto veloce mi prese il viso con una mano, schiacciandomi le guance, e mi ficcò qualcosa in bocca.
“Allora?” urlò paonazzo.
Sputai in terra. “Una promessa è una promessa” dissi io con un rantolo.
“Sei colpevole! Abbiamo un testimone. C’è anche una foto scattata con un cellulare!” disse lui. Una vena del collo gli si gonfiò.
“Sono venuto bene?” dissi io.
Chinai la testa e vidi il pacchetto di sigarette sul pavimento. Mi sentii soffocare.
“L’ho lasciato” disse lei.
“Uhm, e come l’ha presa?” disse lui.
“Uhm. Tu sei il suo amico. Prima o poi verrà a parlartene” disse lei.
“Ti fidi di me?” disse lei.
“Sì, mi fido di te” dissi io, mentre pensavo che il problema era che non potevo più fidarmi di me stesso. Non potevo più avere questo privilegio avendo tradito un amico.
“Mi dispiace che quei bastardi ti abbiano tenuto rinchiuso tutti questi giorni” disse lei. Mi accarezzò la testa con un gesto lieve.
“Me lo sono meritato.”
“No, forse no.” disse lei.
“Non doveva finire così” dissi io.
“No, non doveva finire così” disse lei.
“Già” dissi io.
“Mi prometti una cosa?” disse lei.
“Uhm” dissi io.
“Mi prometti che non parleremo mai più di lui?” disse lei.
“Va bene, te lo prometto” dissi io.
Mi dette un bacio, labbra calde e umide.
Mi girai di spalle nascondendo un leggero sorriso, un impercettibile increspamento del labbro superiore. Guardai le mie scarpe lise. Detti un calcio a un sasso.
Una promessa è una promessa.
E’ una strana, ma piacevole sensazione vedere il proprio racconto “on-line” :-)))
complimenti adry_66, breve ma intenso, cinico e sospeso, mi è piaciuto molto.
Ciao Roberta,
grazie!!! Molto gentile.
Almeno nel tuo caso ho raggiunto gli obiettivi che avevo quando ho pensato al racconto 🙂
Grazie ancora
Ciao
Adriano
ciao,diciamo per prima cosa che il racconto mi è piaciuto,mi piace lo stile secco e asciutto,il linguaggio essenziale e il ritmo che hai saputo imprimere. Mi piace di meno il fatto di non identificare bene i personaggi,cioè con tutti questi “lui” e “lei” il lettore si perde un pò,preferisco quando dici “il ragazzo”,meglio se tu dessi un nome,qualche segno identificativo che mi faccia seguire meglio la storia,per lo stesso motivo taglierei qualche “disse” di troppo e troverei un sinonimo. Naturalmente sono andata a cercare un pò il pelo….ma l’insieme mi è piaciuto e mi sono permessa di lasciarti il mio modesto parere.
complimenti! se vuoi puoi leggermi e cercare i miei “peli”. 🙂
un abbraccio
Ciao Francesca,
grazie per i commenti e per i complimenti.
Puntualmente ti rispondo:
– “con tutti questi “lui” e “lei” il lettore si perde un pò”: è vero, in parte è voluto, in parte è saltata un po’ la formattazione qundo ho copiato il testo da word e un po’ hai ragione tu
– per lo stesso motivo taglierei qualche “disse” di troppo e troverei un sinonimo: OK, recepito e memorizzato per la prossimo racconto…
Ti vado al leggere/spelucchiare :-))) e ti faccio sapere.
Grazie
Ciao
Adriano
Ciao Adriano,
Bene!!! Sono molto contenta di averci “azzeccato”!! Dopotutto sono convinta che anche se un racconto non ti appartiene più una volta pubblicato, sia una bella sensazione sapere che un altro nel leggerlo ha provato ciò che speravi provasse, no?
:-))
Roberta
Ciao Adriano,
la tecnica che hai usato, si chiama mosaico, è tanto affascinante quanto pericolosa.
Il racconto, a tratti, non è semplice da seguire.
I dialoghi hanno qualche “tempo morto” di troppo. Sarebbero probabilmente da “asciugare”. Concordi?
Perdonami se mi sono permesso di muovere due mini-critiche al tuo lavoro. Credo si tratti di critiche costruttive.
Per il resto la storia è valida. Interessante. Eterna come trama.
Ciao!
Andrea
Ciao Roberta,
sì sono d’accordo con te! In generale penso che esistano due tiologie di scrittura: una privata, ossia si scrive per se stessi (ad es. il diario) e solo chi ha scritto quei pensieri può intepretarli correttamente, e una pubblica dove la bravura dell’autore consiste nel creare la massima “empatia” in che legge. Leggendo il mio racconto tu diventi me (e/o i miei personaggi) per un pò… grazie ai neuroni specchio :-))))
Ciao
Adriano
Ciao Andrea,
la scrittura di un racconto offre infinite possibilità creative: dalla tipologia di scittura al montaggio (ad es. quello a mosaico). Sono convinto che è importante sperimentare e diversificare le proprie creazioni, perchè solo così s’impara a scrivere veramente. Sì è pericoloso, ma il fascino sta tutto lì… :-)))
Che non si a facile da seguire è vero ma io prediligo, di solito (in questo momento sto scrivendo un racc. giallo totalmente lineare) un intervento importante da parte del lettore. Voglio che chi legge si sforzi a ricostruire i pezzi in modo che la storia si dipani pian piano. Il problema di asciugare ancora di più i dialoghi è che con questo tipo di montaggio si rischierebbe di creare confusione. Non lo so…
Grazie per i consilgi!
Ciao
Adriano
Ciao. Prendo in prestito alcune considerazioni degli altri tuoi lettori.
Mi piacciono lo stile asciutto e il cinismo finale (quello lo adoro). I “lui” e i “lei” sì, confondono un pochino, ma non molto. Anzi, ho apprezzato il fatto che non avessi usato alcun nome.
Personalmente mi è piaciuto tantissimo l’inizio. “perchè hai ucciso il tuo amico?”
E’ davvero una frase a effetto, invoglia a leggere il proseguimento.
Complimenti.
Se vuoi puoi leggere il mio
Azzurra
Ciao Azzurra,
innanzi tutto grazie per la lettura! :-))
E grazie per gli apprezzamenti!
In questo racconto ho usato una tecnica alla “Carver” che nei dialoghi usava spesso un’alternanza di “disse lui” e “disse lei”. Molto asciutto, molto moderno, molto bello.
Sono sempre molto attento all’incipit perchè so che la decisione di lettura dipenderà molto da “Lui”. Specialmente nei racconti brevi un buon inizio, con un bel salto “ellittico” al centro della trama ha sempre un buon effetto.
Vado a leggere il tuo…
Ciao
Adriano Muzzi
Quella tecnica l’ha usata anche un certo Baricco, ma non in un intero capitolo. Così mi sembra eccessiva, ma è un parere personale, quindi vale quel che vale. Nel complesso molto buono. Bravo. Un ultimo appunto, questo senza riserve: piantala con le faccette, fa finto ingenuo.
Ciao Peter,
diciamo che la letteratura non l’ha inventata Baricco, e nemmeno ne ha deciso le regole. Però tutti noi siamo continuamente influenzati da quello che leggiamo, e chi scrive, di solito, legge molto.
Io cerco sempre di variare la scrittura dei mie racconti e fino ad ora non ho trovato una forma definitiva e comunque milgiore in assoluto di altre. E poi mi annoierei a scrivere sempre nello stesso modo.
Le faccette le uso perché nei dialoghi scritti on-line manca la parte non verbale che in percentuale è molto più importante di quella verbale; di solito si usano per evitare fraintendimenti. I’m sorry, ma è Internet bellezza…
Ciao
Adriano Muzzi
“Le faccette le uso perché nei dialoghi scritti on-line manca la parte non verbale che in percentuale è molto più importante di quella verbale”
La differenza sta proprio qua. E non è da poco.