Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Un muro di Papaveri” di Maria Teresa Sacchelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Ho sempre amato i papaveri… All’apparenza fragili , in realtà giganti di tenacia.  Li  vedo imporsi con la loro bellezza sulle erbacce, sul grano duro ed orgoglioso. Con  i petali, da piccola, mi coloravo le labbra nelle lunghe estati che passavo dai nonni. Notavo  spesso, nelle mie scorribande nel sole, un signore distinto che veniva a trovare il nonno attraversando campi pieni di questi fiori. Mi colpiva molto la sua tristezza, ne ero intimorita. Intuivo, dal modo di camminare,  dal vestito scuro che indossava  e  da quello sguardo cupo, una  malinconia lontana. I bambini sono osservatori attenti, non hanno maschere, osservano con il cuore. Credo di non aver mai ricevuto da lui un complimento, una sola carezza, anche perché, quando il nonno lo chiamava Romeo, fuggivo impaurita come una gazzella ritornando  ai miei giochi tutti campestri. Tanti anni sono passati da quelle estati, sono diventata grande, non mi coloro più le labbra con i papaveri  ma gli  occhi di quel signore sono tornati ancora a trovarmi. Venendo a conoscenza della sua storia ho avuto  la conferma che quella bambina non si era sbagliata. Ho attraversato, senza saperlo, la storia d’amore più bella della Versilia del secolo passato. Cominciò tutto nel 2000, nel piccolo cimitero del mio paese,e fu zia Lilia che, vista la mia consueta sosta sulla tomba di sconosciuti, mi chiese se conoscevo  i signori lì sepolti. Non sapevo in effetti cosa mi portasse sempre davanti a quel volto,ogni volta che mi recavo a far visita ai nonni , né  perché mettevo sempre un fiore, davanti a quella lapide. Per me tutto questo è anche oggi un mistero ma credo nella legge di risonanza. Mi piace pensare che sono stata attirata da sottili presenze ed energie che sfuggono all’occhio umano. Zia nei giorni successivi mi invitò nella sua casa sulla collina e misteriosamente, sempre per quei fili di risonanza, entrò  in camera tornando con un piccolo biglietto d’amore. Forse l’unico rimasto, della storia di cui narro… Cominciarono le mie ricerche, la mia fame di conoscere e,in seguito, di raccontare. Rapita ascoltavo attenta ciò che  mi veniva detto dagli ultimi testimoni, da zia . Siamo nella Versilia del 1936. Elia ed Annamaria si conoscono nelle vigne, di cui il piccolo paese dove vivono  e’ ricco e rigoglioso. In  chiesa, alla funzione della domenica,  cominciano a guardarsi  furtivamente. Qualcuno  mi disse proprio dietro il campanile si vedevano di nascosto. Lì iniziarono a scambiarsi promesse, progetti. E’ graziosa quella chiesa, diversi anni fa aveva il tetto completamente ricoperto di piccoli quadratini di marmo verde. Questi, cadendo sul piazzale,  divertivano noi bambini diventando bottino di scambio. Per me erano piccoli pezzetti di cielo. Vedevo in quei frammenti un Dio giocoso. Siamo noi uomini i veri paesi e  con le nostre storie vissute  formiamo mappe e incidiamo i luoghi, come solchi nella terra. Quella chiesa e’ un luogo inciso nella mia memoria. Ancora di più lo sarebbe stato per quei due ragazzi. Erano giovani, belli, pieni di vita. Annamaria una ragazza dall’aspetto gracile, sorriso dolce, occhi intensi e profondi.  Elia alto, scuro di capelli, forte, bellissimo ragazzo. Lei era la figlia di una famiglia importante, lui non fu riconosciuto dal vero padre ed aveva il cognome della madre, che portò con devozione fino alla morte. Per la  morale di quel tempo il loro amore fu subito ostacolato e la famiglia della ragazza, nel tentativo di proteggerla , le proibì di rivederlo. Fu rinchiusa in casa per ben due anni. Nessuno aveva però fatto i conti con il loro sentimento, che uscì ancora più rafforzato. C’è chi dice che le difficoltà alzino muri, bloccando le nostre energie. Questo varrà forse per tutti coloro che non hanno fede in quello che credono. Non certo per i nostri due ragazzi. Lui sostava per ore sotto la finestra, da cui lei si affacciava timidamente, con la paura di essere scoperta. Con la sua presenza costante sicuramente infondeva coraggio alla sua donna , che ogni giorno appariva sempre più debole e sofferente. Il coraggio è contagioso e la forza del vero amore abbatte qualsiasi muro. Organizzarono una fuga, per potersi sposare, con la complicità di una signora il cui nome sospetto. Per la morale del momento era  semplicemente un bastardo… Nel frattempo Elia aveva preparato la casa, comprato gli anelli. Era un uomo forte, determinato, con un suo lavoro. Annamaria lo aspettava da troppo tempo. Il giorno  fissato, lui attendeva sotto il grande muro che cintava la casa. Lei, correndo con trepidazione verso il suo Amore, scivolò da quel muro. Lui la raccolse e nello stringerla a se si accorse di avere tra le mani un pugno di piume leggere, ancora tiepide, come di un uccellino caduto dal nido. Annamaria era un ombra, scavata, sofferente. Da tempo si era ammalata. Si recarono in una chiesa della Lucchesia e si sposarono. Erano i primi giorni di un agosto . Le prime luci di una mattina videro sfiorire i suoi papaveri così coraggiosi. Sono stata in quella chiesa, ho potuto accedere ai registri, ho sfiorato quelle firme, quella di Annamaria era tremolante. Ho vacillato e pianto. Dopo il matrimonio si recarono nel loro nido. La ragazza, da tempo malata di tubercolosi, stava malissimo. La caduta, che al momento non sembrava  grave, aveva peggiorato le già precarie condizioni di salute. La madre di Elia si trattenne più del dovuto . Raccontò che li sentì parlare a lungo. Quante cose da dirsi dopo tanta lontananza… Guardandosi negli occhi si ritrovarono ancora e si comunicarono tutto ciò che altri non riescono a fare in un’intera vita. La chiamano intensità e non ha nulla a che vedere con il tempo terreno. Può riempirti tutta la vita. Nessuno può sapere se riuscirono a fare l’amore. Annamaria entrò in coma la mattina seguente e morì il 12 Agosto del 1938. I papaveri aveva brillato nel sole ed avevano compiuto il loro destino. Era scomparsa , nel lieve soffio di un bacio, ma quello che si erano detti quella notte bastò a suo marito per tutti gli anni che lo videro invecchiare. Ogni anniversario portava un mazzolino di fiori d’arancio sulla tomba della sua sposa , quella tenera ragazza avvolta nel suo vestito rosa pallido. Quella fedeltà è durata tutta la vita fino al 1993, anno della sua morte. Elia, signore di animo e modi, chiamato bastardo, non svelò mai il segreto del suo passato .Tutto era racchiuso nella sua memoria e nel suo cuore, ma una bambina che si colorava le labbra con i papaveri  era troppo coinvolta. Doveva raccontare per dare ancora luce a questo amore grande. Posseggo io l’ultimo messaggio di Elia per Annamaria. Lo porto con me per devozione, come una sorta di passaggio, lo porto con me per Amore. “Dio ti accolga nel suo Regno, dove i fiori non avvizziscono, dove il sole non tramonta, in attesa che io torni a te per essere in eterno congiunti. Il tuo sposo.”Ora riposano entrambi nel nostro piccolo cimitero, tra gli olivi, dove ancora vado a trovarli. Li  penso insieme, in una terra che non ci è dato conoscere. Una terra dove non esistono guerre… barriere.. soprusi,  potere dell’uno sull’altro. A quella bambina  che  amava i papaveri  hanno insegnato il coraggio e la forza del vero amore…

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2 commenti »

  1. Raccontare storie semplici è, solo apparentemente semplice, scoprire storie delicate e rivelare mondi di delicati sentimenti denota profonda umanità.

  2. …Torino, 01.11.2011
    Gentile Maria Teresa Sacchelli, buongiorno. Ho letto il tuo… “Un muro di papaveri…” e ne sono rimasto veramente ‘colpito’…! Lo rileggerò per meglio ‘interpretarlo’… e lo aggiungerò alle mie ‘perle letterarie’.
    Vorrei, però, essere sicuro di rivolgermi alla Maria Teresa che ho ‘conosciuto’ qualche anno fa a proposito di Lorenzo Stecchetti… e della quale ho perso traccia… per assicurarmi di non aver sbagliato il mio parere nel giudicarti… brava. Ne ero convinto all’epoca… e il “Muro di papaveri” me ne ha dato conferma.
    Grazie se mi risponderai in qualche modo che tu conosci sicuramente meglio di me…
    Le mie coordinate: Filippo Bonifacio – Torino –
    tel. 011+020.21.82 (abitazione, che però non uso mai perchè sono sempre fuori per lavoro…)
    392+898.77.60 (cellulare configurato al computer che uso solo per inviare messaggi… e riceverne…)
    339+710.18.23 (cellulare che uso per lavoro… e controllo ogni due ore per vedere chi mi ha cercato… e rispondere)
    mail: bonifacio.filippo@fastwebnet.it

    P. S. Vorrei poter leggere ancora qualcosa di tuo: farò altre ricerche sperando di trovare altro.
    Ciao…

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