Premio Racconti nella Rete 2011 “Il pesce” di Massimo Vecoli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Gabriel si era alzato presto come al solito e spalancando le persiane della finestra, si trovò difronte un mattino azzurro di primavera. Una leggera brezza muovendo l’aria portava profumi di nuove fioriture.
Cercò di togliersi di dosso il torpore del sonno. Quello stato intermedio, tra il sonno e la veglia, lo portava col pensiero ai magici momenti che separano la notte dall’alba. Allora chiuse gli occhi e con il naso puntato verso l’alto cominciò a respirare in modo lento e profondo,per far entrare dentro di se la freschezza di quel nuovo giorno. L’aria pulita del mattino gli riempì i polmoni,dandogli l’impressione di invadere il corpo,che finalmente si liberava dalle ultime nubi della notte. Allora,restituito al mondo,come ogni giorno pensò a lei e si sentì solo. Chinò il capo in avanti,una mano coprì i suoi occhi per poi scivolare sulla fronte fino ad arrivare a chiudersi tra i capelli. Quasi involontariamente si voltò verso una foto appesa alla parete. Riaprì gli occhi,la fissò con dolcezza e si ascoltò pronunciare un nome:” Cristina “. Continuò a fissare quel volto di donna,ancora giovane,che nella foto lo abbracciava e sorrideva felice accanto a lui. “Mi hai lasciato trppo presto” pensò “e sai che un uomo solo vale molto meno di una donna sola,ma questo non potevi prevederlo,è andata così…” Posò un bacio su due dita,le avvicinò a quel volto di donna che lo guardava felice dalla parete e decise di vestirsi. “Andrò a pescare” pensò.Era la sua unica grande passione,quella che aveva coltivato fin da bambino. A Cristina la pesca non piaceva, ma lo accompagnava volentieri nelle uscite domenicali,sedendosi vicino a lui e leggendo romanzi d’amore. Lei amava i romanzi d’amore e le poesie. Gabriel la ascoltava distrattamente recitare versi di grandi poeti a lui del tutto sconosciuti.
Mentre la sua mente vagava tra i ricordi,si rese conto che già si stava incamminando verso il torrente provvisto di canne,esche e una cesta di vimini dove rinchiudere l’eventuale premio di ore pazienti. Camminò per un pò lasciandosi alle spalle le ultime case del paese e quell’aria strana di festa che hanno le domeniche mattina di primavera. Ancora una volta si meravigliò di quell’esplosione di vita che puntualmente la natura rinnova e si trovò avvolto dai profumi che i fiori e le nuove foglie liberavano nell’aria. “E’ una meraviglia” pensò “tutto questo è una meraviglia,ma sono io che non sono più lo stesso” continuò tra sè. Ormai dentro al bosco,lasciò vagare libera la mente,che ben presto lo riportò da lei: Cristina. Gli mancava,la sua assenza aveva cambiato i colori alle giornate ed anche alle stagioni. Ricordò una poesia che lei amava molto e quei versi che mille volte aveva udito uscire,dolci,dalle sue labbra:
” Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.”
Adesso li amava quei versi,adesso li capiva,perchè? Come aveva potuto essere così sordo e cieco e indifferente alle dolcezze della poesia? Forse si ama la poesia quando si ha dentro un grande dolore? “Che dono ci fanno i poeti,che consolazione,che gioia possiamo trovare fra quelle righe!” E, pensando questo, sentì improvviso sulla pelle il dolce calore della commozione. Finalmente arrivò al torrente. L’acqua correva rumorosa e fresca sopra i sassi lisci,con la solita fretta di arrivare a valle. Gabriel scrutò la zona con occhio esperto,poi scelse il punto del fiume dove avrebbe buttato l’esca. Sistemò gli attrezzi,preparò le canne e cominciò a lanciare,frustando l’aria del mattino, assorto nei propi pensieri.
Nello stesso momento,un pò più a valle,un pesce stava risalendo la fresca corrente del fiume e anche a lui,come succede spesso tra noi uomini,la vita non riservava nemmeno una discesa. “Come vorrei avere un paio d’ali ed un becco” pensò il pesce guardando dall’acqua gli uccelli che volavano leggeri nel cielo. “Volare libero da un ramo all’altro,senza il peso della corrente che ti obbliga sempre a lottare per non essere trascinato via!” Così,mentre si chiedeva perchè non fosse nato uccello,il pesce affrontava la corrente cercando di portare a termine un comune destino: cioè risalire il fiume,riprodursi e morire.
Più a monte Gabriel,seduto sulla riva del fiume,guardava la sua immagine riflessa nell’acqua. Si vide vecchio e abbruttito ma soprattutto solo. La commozione si trasformò presto in dolore e quindi in disperazione.Lo assalì quello strano impulso di chiudere lì la partita della sua vita,affidandosi alla corrente e diventanto lui stesso cibo per i pesci. Aveva già provato questo desiderio dopo la morte di Cristina,voleva raggiungerla,non sopportava l’idea di separersi da lei. Poi aveva rinuciato,un pò per paura un pò perchè lei non avrebbe approvato. Ma adesso era diverso,ormai era passato tanto tempo e si sentiva stanco. “Neanche una giornata come questa riesce più a rendermi felice” pensò,”nemmeno l’amore del bosco,del fiume e della mie canne da pesca,riesce a spostare questo macigno che ho sul petto. Forse è l’ora di andarmene, di raggiungere Cristina. Forse solo così troverò un pò di pace.”
In quel momento il pesce,di cui ho già fatto menzione,vincendo faticosamente la corrente,si avvicinò alla sponda e vide la figura dell’uomo ricurva verso l’acqua. Si incuriosì e si fermò un poco ad osservarlo. Con quella dote che hanno molti animali del creato,per noi alcuanto misteriosa,il pesce poteva ascoltare i pensieri dell’uomo e le sue fosche intenzioni.”Come può essere una creatura così disperata?” pensò, “forse anche lui ha dovuto risalire a lungo la corrente e adesso si trova perduto? Allora non sono poi così diverse le nostre vite,corriamo tutti verso una meta che poi è la fine di tutto!” Provò allora una cosa che a lui e atutti gli altri pesci pensava fosse sconosciuta:la compassione. Così,in un momento,decise di non proseguire,dimenticando la vita e la sorgente. Vide una farfalla che brillava argentata volteggiando nell’acqua. Con un colpo di coda la raggiunse e quasi stordito da quel luccichio,chiuse gli occhi e la inghiottì. Sentì un leggero dolore alla bocca,smise di nuotare e aspettò.
In quell’istante Gabriel vide la punta di una canna piegarsi e la lenza tendersi nell’acqua. “Eccoti ci sei, ti ho preso!” gridò alzandosi in piedi e saltando sui sassi fini alla canna che si fletteva di lato. “Cristina se tu?” chiedeva nell’aria, ” ho capito,ho capito non vuoi che lo faccia vero? Va bene,d’accordo,ma ora lasciami sistemare questo amico che sembra non voglia nemmeno lottare per salvarsi la vita”. Recuperò facilmente la lenza; dall’acqua spuntò un bel pesce argentato che appena si dibatteva nell’aria. Gabriel lo afferrò con una mano,mentre con l’altra teneva saldamente la canna,lo appoggiò su un sasso e gli tolse accuratamente l’amo dalla bocca. Si sentì orgoglioso e soddisfatto,”so ancora pescare” pensò,”allora non sono ancora da buttare via!” Ritornò ad osservare il pesce ed ebbe l’impressione che anche lui lo osservasse. “Beh! Che c’è amico,non hai mai visto un vecchio?” gli disse e lo prese per i fianchi con l’intenzione infilarlo nella cesta, ma si fermò e provò ancora il desiderio di guardarlo. “Tu sei un pesce strano lo sai?” continuò,”per la prima volta mi fai sentire a disagio,e sai perchè? perchè sei un pesce che mi ha salvato la vita! Proprio così,mi hai salvato la vita offrendo in cambio la tua.E allora vai! Anche se dovrai lottare ancora molto contro questa corrente,vale la pena risalirlo questo fiume!” Così posò delicatamente il pesce nell’acqua e gli restituì la libertà. Lo guardò nuotare e saltare dentro la corrente finchè non sparì. Gabriel si piegò di nuovo verso il torrente,si rinfrescò il viso con l’acqua gelata e poi guardò il sole già alto sopra le piante. “E’ una giornata meravigliosa” pensò. Sentì il canto di mille uccelli e guardò le cime degli alberi che ondeggiavano lentamente come tante braccia. Tornò a respirare ad occhi chiusi quell’aria profumata di resine dolci e una leggera gioia si impadronì del suo cuore. Raccolse le canne ,le esche e la cesta di vimini e le adagiò all’ombra di un grande albero. Andò a sedersi sopra un grande sasso che dominava il fiume,tirò fuori dalla giacca un piccolo libro,lo aprì,sospirò e comincò a leggere la prima poesia.
Racconto originale e molto ben scritto che mette in evidenza l’animo sensibile di un giovane ancora sofferente per la perdita del suo grande amore.