Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Un gesto che non c’entra assolutamente nulla” di Alessia Poloni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

C’è l’odore oggi che cambia stagione e indossa pollini e ricordi  che pensavo di avere scordato.Chissà se a te questa giornata sta portando anche qualche mio sorriso rimasto incastonato nel nostro rancore come una carta fra i sampietrini. E magari ora svolazza.E poi lo perdi di vista.Si sta facendo sera, osservo la punta di gomma delle  scarpe che mi accompagnano. Ha raccolto colore di erba tagliata.In soggettiva la mia sigaretta dell’attesa è più grande della signora in vestaglia nel palazzo di fronte , incerta fra prendere un po’ d’aria e gettarsi di sotto.Che ridere le decisioni di cui nessuno sa niente e che riscrivono le regole del gioco.Le infinite distrazioni che abbiamo sugli altri e su noi stessi e che ci servono a sentirci a cena con amici e allo specchio con qualcuno che conosciamo bene. Ma da quando il mio peluche di topo con gli occhi sperduti ho scoperto che mi guarda male, io non mi illudo più.Si, mi guarda male.Non che io non lo ricambi talvolta con una  superiorità malcelata prima di uscire.Del resto sospetto che pippo pluto e paperino parlino di me fra loro e se dovessi rispolverare e aprire i fumetti custodi del mio armadio li vedrei andare via con una scusa qualunque.Non che ci resterei male. Non lo sapevi? Abbiamo un manipolo di alleati silenziosi di cui ti accorgi solo quando sono andati via e in genere sei tu che riconosci loro per strada anni dopo .Quando loro non ti vedono affatto e non li puoi salutare.Getto la sigaretta a tre quarti .Insieme ad ogni pudore. E ammetto che sto andando a fare mondanità divertita senza speranza più che qualcuno mi scopra là dietro. Nascosta fra i muscoli facciali del sorriso che alleno apposta per dare una convincente interpretazione di me.Insomma, getto e salgo.Venti minuti e sono altrove.E va abbastanza bene.Qua a Termini l’aria è un pò diversa, saranno quei piccioni decimati , ma è un pò come tornare a prendere le chiavi che hai scordato ad una festa. La sensazione del giorno dopo qualcosa, dei momenti sospesi fra la rivelazione brutale di una chiave di lettura e la sua accettazione. Quelli che io chiamo i momenti senza dogana,senza controlli neanche della tua coscienza. Tu da sola. E sembra semplice ma non accade quasi mai. C’è sempre il rumore di fondo.
.L’idea che ti segue come un cagnolino e scodinzola per darti coraggio mentre stai piangendo, il pensiero  che intona una filastrocca su un dolore, le risate in differita di un amico, i bicchieri che posi col minuscolo tonfo preparando la cena….e poi ci sono i momenti di dogana.Quelli in cui con un terrore che non ha paragoni il sottofondo tace. Fermoimmagine della solitudine esistenziale. I momenti di dogana.Ora.E infatti non lo so mica chi sono, e devo dire chè è molto confortante dato che così quello che cercavo di dirti non è perduto, è solo la fiaba raccontata da qualcuno di cui non mi ricordo il nome.Ma cosa cercavo davvero di dirti?Forse non diventare come loro. Non diventare come loro.Eppure mai come oggi mi sembra seducente quel pragmatismo che fa man bassa delle sfumature.Ora che ho capito che non posso nè devo salvarti da niente e che nessuno puo’ farlo con me, io quei nemici di sempre me li sento dentro. Ora posso cedere all’odio e paradossalmente rifarmeli amici.Non prima di essermi vendicata ,ovviamente. Di loro e dei sogni.Accendo un’altra sigaretta, Elisa sarà qui non prima di mezz’ora.Sono in anticipo. Contrariamente alle apparenze lo sono  proprio perchè di vedere lei o le altre non me ne importa niente. Sono come capitata qui per caso, e quindi all’orario sbagliato.Mi chiedo perchè stia con me. Mi sembra di sentirmi  la testa ovattata, sono dentro un acquario, lei nel mondo di fuori, altre leggi,anche quella di gravità qua è differente. Come posso capirla?, come  posso capire?. Io qua dentro sto bene, che lei ci sia o che se ne vada.Avere solo se stessi da proteggere è un privilegio feroce che si avvicina molto alla felicità dal suo lato sbilenco, magari un giorno mi capirà. Certo non è affar mio.- Hai una sigaretta?-  mi chiede un ragazzo con un accento che non so decifrare, o forse è il suo tono di voce che è strano. No, vorrei dirgli.  In automatico ho in mano il  pacchetto e mentre ne prende una mi chiede se voglio del fumo.No non lo voglio, ma lui dice- non da comprare- e tira fuori una canna.Gliela sto fumando tutta, fra l’altro senza parlare. Te la sto fumando tutta- dico-, ma lui mi dice -tranquilla anzi ti va di scopare?-
Oggi per quanto mi riguarda è come se mi avesse chiesto un’informazione turistica.Eppure mi sento rispondere non lo so. -Se non lo sai- ribatte-  allora è si-.Mentre lo dice gli lampeggia per un attimo un sorriso che mi fa paura. Perchè mi fa paura?….si, sembra il tuo impercettibile sorriso di quando ti sorprendi soddisfatta della legge del più forte, ma è solo per ripicca la tua , ti vorrei dire.Tu non sei come loro ,lo so, non sei come loro.Ho voglia di piangere, strano. Strano aver voglia di piangere eppure sentire che le sensazioni ti attraversano come fa il vento con un suono sordo dentro una bottiglia vuota. Non sono le mie, le indosso un momento ma non sono le mie, e in un modo totalmente diverso da sempre fanno male.Lui mi prende la canna con gli ultimi due tiri e dice ora stai zitta e lasciami fare, la gira e con le labbra mi schiude la bocca e mi fuma dentro una boccata al contrario.Un pò girano in tondo i pensieri. Dovrei dirgli che sono lesbica mi dico e che la mia ragazza sta per arrivare. Ma sarà l’erba ,o solo che il termine mia mi sembra ridicolo e blandamente surreale. Dico solo sono lesbica.-Si, ma adesso mi vuoi scopare- dice- proprio perchè non ti piaccio e forse ti sto anche un pò sul cazzo-.Stavolta ride proprio, come uno che ha vinto. Scacco matto a tre anni di terapia in due frasi. Mi prende il polso, lo seguo. Come fa ad avere le chiavi del deposito delle scope io non lo so ma sono certa che sto sentendo qualcosa. E’ paura ,ma pur sempre qualcosa di  diverso dall’amore che diventa paralitico da cieco che era. Quello che sento è qui, è presente, è paura. Sono quasi felice.Mi dice sbottonati e mentre tolgo anche il reggiseno penso a minnie e topolino.. e se lui fosse un arrogante dittatore e lei piangesse di notte e qui quo e qua fossero restati piccoli per paura di capire? Ma no, no, io lo conosco lui, …è un pò saccente mi dico mentre sento la prima piccola fitta di piacere e di dolore sul capezzolo che stringe.. lo conosco, lui è un buono..ansimo un pò ,il mio corpo si muove verso  quest’uomo che però si allontana e resto in una posizione innaturale con lui che gioca col mio seno.E’ innaturale restare bambine e amarti guardando un palloncino, con quegli occhi che non sanno trattenerti .. da adulti non si può più fare? Averti amata senza condizioni?
Forse lo vorrei baciare ma lui stringendo più forte che per poco urlo mi spinge a lato un pò a sinistra  dove c’è un water e mi ritrovo inginocchiata su una tavola un pò fredda.Fredda sono fredda mi viene da credere pensando a me che non ti urlo almeno di non farle male ,a lei, a quella me che non difendo mai.Quella che ti adorava. Istintivamente inizio a leccargli la pancia .Poco più giù il bozzo famoso dentro mutande bianche.E’ da che sono conclamatamente lesbica che non lo vedo.Le mutande bianche sembrano un richiamo alla purezza fuori luogo o fuori tempo, un cartello stradale in fondo ad un dirupo,lo zucchero filato in mano a un assassino. Mi viene da ridere. Tanto. Tanto che fa? Ma uno schiaffo mi ferma e lui che dice non ridere stronza continua.Lo lecco di nuovo e penso di odiarlo e quindi la lingua stuscia più forte più forte come un tentativo di lasciargli un solco e mi sembra di capire qualcosa, ma cosa cosa cosa?Mi fermo seria ma senza aria di sfida .Lui tira fuori il suo pene e sorride incoraggiante.Quasi mi intenerisco.Come quando mio padre mi compra una macchina ma non valgo niente. Che c’entra?.Un pò vorrei vomitare, un pò gira  tutto, mai stata così confusa.Mai stata così lucida. Capisco.Incrocio le braccia dietro la schiena e sto recitando in questo porno autoprodotto. Lui comincia a respirare davvero forte. In questo preciso istante ho il potere.Di smettere ,mordere o non essere più nella parte. Lo odio, e sono tutti. Sono la ragazzina obesa presa in giro al liceo che da grande odierà chi la ama, sono il bambino balbuziente, sono la femme fatale che voleva solo un abbraccio che non c’è mai stato. E lo odio.Perchè lui sono loro. Io sto facendo un pompino al passato. A chi voleva vedermi crollare per sdoganare il suo affetto per me. No, non basta a volte essere cattivi, è il diventarlo nel percorso quello che seduce, è il fascino del decomporre che spinge alle azioni peggiori chi vorrebbe amarci  e non ce la fa.Per un attimo io sono loro. E -penso- non conta più la questione di principio, non c’è da difendere niente.E’ diventata una questione meramente personale.
Vi odio non per quello che siete, ma solo esclusivamente perchè lo siete stati con me. In questo preciso istante coincidiamo perfettamente.Non è meraviglioso? E tu, tu che ne pensi? Tu che ne penseresti? Non è meraviglioso? La cosa che mi sfuggiva è che l’odio mi dona, è stato come consigliarmi un vestito, stupida io che non l’ho capito!Lo indosso e vengo a trovarvi, loro,voi, i nemici che ora mi rispetteranno.E tu? Lui viene con un respiro più profondo, baritonale,io penso ad un mostro marino che urla  in una grotta .Cazzo- dico- mi devo sbrigare.Lui mi guarda stupito. C’è rimasto male.-Non vuoi continuare?- mi chiede con lo sguardo di chi non capisce. Come il tuo quando dicevo “ non mi vuoi bene”, ma tu non sapevi in che senso, nè io lo riuscivo a  spiegare.-Sono venuta -gli dico. E con un gesto che non c’entra assolutamente niente con quello che siamo e che siamo venuti a fare, gli passo la mano fra i capelli.Avrei dovuto farlo con tutti, avrei voluto farlo sempre, quel gesto che non c’entra niente ma che  ci fa tornare a prima del ruolo, quando eravamo solo persone.Salgo le scale di corsa e non ti ho nella testa,sei ovunque.Una tinta indelebile che filtra lo sguardo,il colore viola freddo dell’anima.Ho sempre saputo che non potevo essere io a impedire che le tue di ferite venissero a tentarti di essere peggiore, che le tue partite irrisolte chiedessero il conto di cosa ne volevi fare. Ho paura per te . Ma posso solo pregare.Per quanto mi riguarda, a dispetto di cosa pensi di me, di cosa pensi di te, qualunque sarà la tua scelta per sentirti più forte sapro’ che ci sei dentro tu, comunque. Comunque ci sei dentro tu.Ti lascio la bambina che ero, il meglio di me, seduta con le braccie serie e lo sguardo attento, su una panchina. Dritta dritta che sbircia per vederti spuntare, per poterti ascoltare.  Ma ora devo andare .Eccola Elisa, è un pò preoccupata.Dico semplicemente -io non ce la faccio, non può continuare-.Il resto è veloce.Neanche le  raccomando di essere felice, tanto lo so, la sua felicità accadrà e poi scadrà come latte in un cartone, piu’ e piu’ volte, ma ovviamente le auguro miglior sorte. Mi sembra duri tutto incredibilmente poco.Dandomi le spalle  lei prende le scale e io sento un signore che chiede a qualcuno per dove la linea A della metro,- mi scusi per dove?-.Magia. Eccoli di nuovo, i rumori di fondo.Guardo il display del mio cellulare con una speranza in fase embroniale.

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