Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Brucerò per sempre” di Alessio Paolillo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Presto sarò morto.

E’ assurdo pensare quanto a volte l’ironia della sorte sia singolare al punto da uccidere.

Sferzante come una lama, fastidiosamente bruciante ,come una ferita causata dalla carta.

E allora Bang, un colpo e via….un attimo e la fine…

Perché no?

Sono William Golden Swarlow , età 35 anni , idiota tra gli idioti, e credo di aver raggiunto il punto di saturazione.

Non riesco più a resistere, non ho più me stesso.

Tutto sarà presto finito, interrotto, come un canto spezzato, come un respiro corto.

Non udirò più le urla degli altri, della realtà nascosta nella pelle.

Desidererei vedermi morto, nell’istante in cui, trafitto decado nell’oblio più nero.

Giù sempre più giù fino alla fine.

Vedere le linee del volto doloranti cedere.

Sprofondare.

Nel silenzio, nell’assenza di dolore, amerei ancora te.

Amerei amarti vita.

Amerei, bruciando.

Tutto ebbe inizio e fine nel momento in cui scoprì di aver occhi per guardare.

Loro bramarono i miei occhi.

Era una serata afosa e guardinga, rientrai come sempre ,nello schifosissimo appartamento di periferia che mi apparteneva ormai da anni.

Colto da un senso di follia, ricordo che bevvi ripetutamente vino bianco ghiacciato, stuzzicando il mio refrattario appetito con pezzi di formaggio stagionato e stantii Wasa.

Non accesi la Tv, non ne avevo voglia, dopo un giorno di assiduo lavoro, ottusamente refreshato dal monitor per 8 ore di monotonia globale,mi sentivo cieco e in cerca di luce.E luce mi fu donata.

Perché di questo si tratta, una questione di luce.

Un abbaglio per sempre, oserei dire.

Andai a letto presto, brillo al limite dello stordimento.E allora qualcosa accadde.

Ero disteso, stavo cercando di non affondare e di capitanare quella barca sulla quale navigavo,

di rimpetto al mio mare d’alcol in tempesta, quando colsi un lampo feroce, anzi fui colto da esso.

Quindi presto sarò morto.

Un vivente morto, un respirante zombie, la gente mi cerca e non sa.

Stanno tutti osservando uno cadavere ambulante. Quello stesso lurido verme insito nelle loro sporche anime.

A breve sarò morto.

Scaccerò le loro paure e i loro insulti, i loro amori. Le loro tragedie.

Li cancellerò dalla mia vita, cancellando me stesso.

Perché conosco la verità.

Conosco Loro.

Quella luce così abbagliante gridava più di urla.

Ricordo distintamente che nonostante cercassi di tenere gli occhi saldamente chiusi,

essa penetrava tra le palpebre.

La prima volta tutto sembrò un incubo, passai dal sonno alla veglia in un istante,

ricordo il silenzio angosciante che sembrava circuirmi attraverso le pareti insieme alla luce.

Tutto mi fu chiaro per un istante e subitamente dimenticato in ancor meno tempo.

Pensai di aver sognato.

Il mattino dopo, tutto sembrò normale.

Mi svegliai tranquillo, doccia , caffè e di corsa al lavoro, il solito ritardo da stress mattutino.

La gente riempiva le strade come formiche impazzite, s’inseguiva e si disperdeva incurante.

Eppure qualcosa di diverso già inconsciamente si stava presentando; provavo una sensazione di libertà particolare.

Era insita in me stesso, la voglia di osservare con attenzione ogni singolo individuo si presentasse

davanti al mio campo ottico.

Attribuii la cosa alle maldormite ore notturne.

Poi all’errata alimentazione.

Infine all’alcool.

Non mi reputavo certo alcolista, ma la serata scorsa in compagnia di Bacco avrebbe sicuramente influenzato in modo negativo la giornata in corso.

Dimenticai i pensieri e le sensazioni e mutai in automa, come tutti i giorni, per affrontare la routine del lavoro.

Trascorsi la sera in compagnia di amici, in un pub tra panini e birre, socializzando con qualche sconosciuta del quartiere.

Infine, rientrato, mi addormentai sul divano.

Non ricordo che ore fossero quando mi svegliai improvvisamente.

Ma la mia stanza era inondata di luce , e la fonte oltre l’angolo della sala, mi attirava,

come fossi una vespa, ed essa il suo fiore oscuro, seppur così rilucente.

Il piacere fu quasi orgasmico quando mi avvicinai all’angolo.

E guardarla fu straordinario.

Fui invaso da una sensazione di benessere, dalla quasi totale perdita di controllo delle percezioni.

Come drogato, inebriato di lei, piansi come un bambino.

E udì voci d’amore.

Poi di colpo fu di nuovo buio.

Rimasi al cospetto dell’angolo, per molto tempo credo.

Fu la prima volta che riconobbi di aver assistito a qualcosa di superiore, di diverso,

qualcosa di inevitabile , di supremo; eppure ancora mi convinsi di dover dare una spiegazione razionale all’avvenuto.

Perché proprio io, mi chiesi?

Stavo forse impazzendo?

Pensai di avere un tumore al cervello.

Una malattia rara.

O delle allucinazioni da stress.

Fissai quindi il mattino seguente una check-up completo presso la clinica privata che sapevo essere di un mio ex compagno di college.

Rob fu entusiasta di vedermi, al contrario Io,mi disperai.

Fu l’inizio della mia tragedia.

Appena lo vidi, percepii subito qualcosa di strano all’altezza del suo mento.

Una seconda bocca che lenta parlava asincrona rispetto all’originale.

Una sorta di trasparenza ,una traslucenza, rappresentante un secondo Lui , discostato verso il basso,

serioso, pensante.

Mentre caloroso Rob mi salutava, chiarendomi il fatto che non ero assolutamente cambiato dall’ultima volta, udii una seconda voce provenire da quello di nebbia.

Una sorta di monologo bisbigliante agonizzante verso di me.

Mi sembrò chiedesse perdono ed aiuto.

Il tutto durò attimi.

La notte stessa all’interno della clinica tutto tornò normale.

I risultati non apportarono dubbi e Rob non si presentò più in due forme.

Godevo di ottima salute.

Me ne tornai quindi a casa, ero quasi certo che niente sarebbe più accaduto.

Sicuro che un buon sonno,e qualche calmante avrebbero curato tutti i mali.

Il mattino seguente in bocca avevo un sapore amaro.

Il sapore dell’attesa.

Mi affacciai alla finestra per prendere una sorta di boccata d’aria, se ancora così si può chiamare una mistura di gas volatili fuori controllo che regolarmente respiriamo nel centro cittadino.

Guardando i passanti mi accorsi ,mettendo a fuoco i loro volti, che tutti trascinavano una loro traslucente figura.

Indaffarata e diversa, e rivolta sempre, verso di me.

Il sangue mi si raggelò.

Questi volti persi erano muti, ma ne percepivo i dolori,

i lamenti, le richieste di salvezza.

Alle quali non potevo rispondere se non con consapevolezza inutile.

Possibile che Dio avesse scelto me, un povero idiota,

come salvatore?

Parlo di Dio come se ne avessi la prova, ma quelle voci intonanti canti nella notte, non possono essere del Creatore di tutte le cose.

Appartengono a qualcosa di ameno, di distante, non umano.

 

Adesso piango

Con il senno di poi, ricordare è inutile.

Non trovo causa o effetto.

Non posso farmene una colpa.

Ero stato scelto per salvare le anime di tutti.

Un nuovo messia. Il moderno Cristo Redentore.

Ma sono solo un uomo.

Ricordo che iniziai a non poter più uscire di casa, le traslucenze si annidavano ovunque.

Continuavano ad invadermi di richieste di aiuto, mi supplicavano con lo sguardo di salvarli, di ascoltare i loro intimi problemi e dissolverli.

In una di quelle notti ebbi un nuovo incontro con la luce.

Stavolta era circondata da una voce profonda e rassicurante, che mi parlava in una lingua incomprensibile e sembrava emessa da organi vocali a noi estranei.

Iniziai a dubitare fortemente del mio status.

Forse tutto si limitava ad un incubo, dal quale ancora non mi ero destato.

Sembra che una sorta di dono mi sia stato dato.

Riesco a percepire le vere essenze.

Cerco di filtrare inutilmente i miei pensieri, tra la bolgia delle sensazioni oscene.

La gente mormora con se stessa e infida soffoca i propri desideri reconditi.

È ignara di me, al contrario fa parte della mia misera vita.

 

Che ruolo hanno quest’invasori?

Per quale oscuro motivo,impossessarsi dell’uomo, liberarlo dai dolori dalle pene?

Non esiste gioia senza dolore.

Tuttora continuo a pormi domande.

Eppure tutto dovrebbe esser chiaro.

Hanno sbagliato bersaglio, non sono adatto ai loro esperimenti.

Lo dimostrerò.


Il 4 Marzo persi la vista.

La guardai troppo a lungo ricordo.

Troppo intensamente, per farla mia.

Non potevo farne a meno,era come una droga.

Qualcuno dalla luce mi parlò di doveri.

Mi parlò di fine dei tempi, se non avessi svolto il compito da loro affidatomi.

 

Adesso L’inferno.

Sento ancora le paure, il crepitio di denti dei passanti immersi nei loro pensieri.

Migliaia di anime in me urlano e non ho cuore per placarle.

Per questo ho deciso di farla finita.

In un attimo sarò libero.

Sento ancora le voci di coloro che mi donarono la seconda vista, cercano di tenermi in vita.

Vogliono forse invadere il mondo, io lo impedirò.

Non posso resistere ancora , sono troppo codardo.

La realtà dilania l’anima.

Sceglieranno un altro profeta forse.

Un cuore puro e impavido che schiarisca l’anima della gente.

E’ finita.

Sto partendo per l’inferno e il viaggio avrà inizio tra un attimo.

Addio.

Così finalmente libero, brucerò per sempre.

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3 commenti »

  1. il ritmo incalzante fa arrivare alla fine del tuo racconto con l’ansia di sapere cosa accade al povero William.
    Belli i lampi di luce che illuminano il buio della notte, vere le voci e l’anima che trasudano dai passanti. ricordano Ghost, uno dei film che adoro.

  2. Grazie mille Angela…

  3. Tra la poesia maledetta e Buffy l’Ammazzavampiri. Interessante!

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