Premio Racconti nella Rete 2011 “Ruben correva veloce” di Valentina Vigano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Ruben correva veloce.
Voleva mettere più chilometri possibili tra sé e il villaggio.
Voleva mettere più chilometri possibili tra sé e la sua vita.
Stava tornando, come ogni sera, alla sua capanna dopo una dura giornata di lavoro, quando, ad un tratto, tutti i muri che si era costruito in quegli anni erano crollati.
Non ne poteva più di tutto questo. Sveglia, alzarsi, lavorare nei campi, pranzare velocemente, lavorare nel villaggio, tornare a casa dopo il tramonto, cercare di dormire e di nuovo da capo. Qual era il senso della sua vita? Dove stava andando? Perché non vedeva un futuro di fronte a sé? Non bastavano più le parole di nessuno a convincerlo che la vita è tutta qui…che non tutti arrivano in alto… che doveva essere felice… come potevano permettersi di imporgli la felicità? Lui non lo era. Vedeva tutto nero e aveva paura. Una dannata, tremenda paura.
Correva veloce come non aveva mai fatto.
Non sentiva più il terreno umido sotto i piedi, né i rami e le foglie contro la pelle… voleva spingere il suo corpo fino all’estremo delle sue forze…finché finalmente il suo cuore non avesse smesso di battere, la sua mente di pensare, i suoi occhi di vedere… finché, finalmente, non avesse sentito più nulla…
Ad un tratto la foresta si aprì e i suoi occhi, stremati per lo sforzo furono abbagliati dalla luce di un lago argentato.
Si fermò di colpo.
Era ormai notte e la radura aveva qualcosa di magico e misterioso.
Davanti a lui il lago se ne stava lì con le sue acque calme e tutta la sua bellezza… Si accorse che stava trattenendo il respiro e, quando si permise di rompere quel silenzio con un fiato, si accorse che dall’altra parte del lago c’era una casa.
Non era una capanna come la sua, ma una vera casetta di legno, non molto grande, con un bellissimo balcone che sembrava volesse gettarsi nel lago.
Non fece in tempo a mettersi a pensare a nulla che la porta della casa si aprì e ne uscì una fanciulla meravigliosa. Aveva la pelle chiara, gli occhi scuri, un vestito nero che toccava terra e dei lunghissimi capelli argentati.
Restò incantato.
Non riuscì a fare altro che rimanere a guardarla mentre passeggiava sulle sponde del lago con passi lenti, lievi e delicati. Sembrava che i suoi piedi non toccassero terra.
Poi, con la calma con cui era comparsa, scomparve in casa, privando la radura del suo incanto.
Ruben dimenticò tutto, il villaggio, le paure, sé stesso. Esisteva solo la ragazza del lago.
Per 50 anni si recò ogni sera in quel luogo per vederla uscire di casa e camminare come una dea.
Dopo 50 anni decise di provare ad avvicinarsi. Camminava lento verso di lei, ma ad ogni passo che lo portava da lei, la fanciulla ne faceva uno verso la sua casa e quando lui era abbastanza vicino, era ormai rientrata in casa.
Per 50 anni cercò ogni sera di avvicinarsi a lei.
Passati 50 anni decise di sedersi davanti alla sua porta ad aspettarla e la fanciulla comparve sul balcone che si trovava proprio sopra la testa di Ruben. Il ragazzo non si muoveva, per paura che la fanciulla rientrasse in casa, e se ne stava lì sotto, senza vederla ad ascoltare il suo respiro.
Per 50 anni sedettero ogni sera a guardare il lago…lui sull’uscio di casa, lei dall’alto del suo balcone.
Dovettero passare 50 anni prima che la fanciulla si decise a scendere dal balcone. Scese al piano inferiore, ma non aprì la porta. Posò la sua schiena contro di essa e sentì Ruben fare lo stesso dall’altra parte.
Per 50 anni stettero ogni sera schiena contro schiena, con una porta di legno che li separava.
Dopo altri 50 anni la porta si aprì. Ruben la stava aspettando…la pelle bianca, gli occhi scuri, le labbra rosate e i suoi lunghi capelli argentati. La seguì senza toccarla, si sedette al suo fianco in riva al lago e si mise ad ascoltarla.
Per 50 anni ascoltò ogni sera la sua voce spiegargli il cielo. Gli insegnò ad alzare gli occhi e guardare quell’immensità mozzafiato, quella distesa luccicante del cielo africano. Gli insegnò a riconoscere i pianeti, le stelle e le costellazioni; gli insegnò a vedere la via lattea e ad esprimere un desiderio per ogni stella cadente.
Poi si alzarono, si presero per mani e si misero a camminare intorno al lago parlando della vita e della morte, delle cose invisibili e di quello che l’uomo non sa vedere.
Per 50 anni fecero ogni sera un giro del lago, mano nella mano, lasciando che le loro parole si intrecciassero in discorsi divini.
Fu al termine di questi 50 anni che la fanciulla posò le sue labbra su quelle di Ruben, in un bacio candido come un giglio, puro come un diamante.
La sera successiva Ruben tornò alla casa del lago e non vide la fanciulla ad aspettarlo. Entrò in casa e non la trovò, salì sul balcone, ma solo il lago lo stava aspettando.
Pianse disperato sul letto di quella candida creatura, pianse tutte le lacrime che teneva nascoste negli occhi. Poi uscì dalla casa e si mise a correre.
Corse senza sapere dove stesse andando. Nessun pensiero gli attraversava la mente, ma il suo cuore continuava a battere. Corse tutta la notte, finché all’alba si ritrovò al suo villaggio.
Dentro di sé sapeva che era il suo villaggio, ma non lo riconosceva. Camminava per le strade deserte, tra le case ancora addormentate. Tutto era uguale, ma tutto era così diverso. C’era sempre stata quella pianta piena di fiori rossi accanto a quella capanna? C’era sempre stato quel cuore di tappi incastrati nel terreno?
Intuì che non era passato molto tempo da quando se ne era andato, che, in realtà era rimasto lontano per poco. Forse solo per una notte.
Camminava lento, con passo tranquillo.
Arrivo al fiume e vide una ragazza che stava prendendo l’acqua dal pozzo. Lei alzò gli occhi e lo guardò. E lui finalmente capì. Era molto tempo che la stava aspettando… la sua pelle scura, i suoi occhi nocciola, le sue fertili forme e le sue labbra carnose… Bastò uno sguardo.
Aveva negli occhi una luce argentata…la speranza si un nuovo futuro.