Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Gimmi e le nuvole” di Raffaele Morelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

–          Alice era ormai stufa di starsene seduta accanto alla sorella maggiore, in riva al ruscello. Aveva sbirciato un paio di volte fra le pagine del libro che sua sorella stava leggendo, ma non vi aveva scorto ne` illustrazioni, ne` parti dialogate. Doveva dunque essere un libro ben noioso, dal momento che non aveva ne` figure, ne` dialoghi! Cosi` almeno pensava Alice.

Gimmi ascoltava la voce della mamma che aveva iniziato la lettura, con l’attenzione a mezzo. Si sentiva molto stanco e stava fermo nel centro del letto ad osservare le punte dei suoi piedini. Aveva verificato che se muoveva gli alluci in avanti riusciva a captare meglio i messaggi dallo spazio e se li muoveva indietro poteva facilmente comunicare con la Base Luna.

–          Faceva un gran caldo, e Alice sentiva in testa una gran confusione. Stava in ogni caso pensando se valesse la pena di alzarsi per cogliere margheritine e farne poi una ghirlanda quando vide, con sua grande meraviglia, un Coniglio bianco, con gli occhi rossi, passarle accanto tutto frettoloso. Un Coniglio che, a differenza di tutti i conigli di questo mondo che camminano sulle quattro zampine, se ne andava ritto su quelle posteriori, vestito con un panciotto!

Faceva fatica a respirare e quando aveva chiesto alla mamma il perché lei gli aveva risposto che alle volte capita che delle nuvole passino dentro di noi e portino un piccolo temporale nel nostro corpo. Così si fa fatica a respirare e ogni tanto lampi e tuoni squassano il petto ma poi alla fine il sole vince sempre ed il sereno ritorna. Gimmi si stava chiedendo se gli amici di Marte avrebbero potuto in qualche modo aiutarlo a vincere la battaglia contro il temporale. Cercava anche una posizione adatta degli alluci che gli consentisse di chiedere aiuto ai marziani ma per quanto si sforzasse di spostare con attenzione gli alluci per captare il segnale giusto non gli era riuscito di comunicare proprio niente. Ne aveva certezza perché da giorni non riusciva a respirare bene e tuoni e fulmini continuavano a farlo sobbalzare. Ma la mamma aveva detto che il sole avrebbe vinto e Gimmi era certo che la mamma avesse ragione. Entrò il medico per la visita del pomeriggio. La mamma interruppe il racconto e sentì la sua voce che gli diceva con dolcezza di stare tranquillo che l’avrebbe ripreso subito. Il dottore lo salutò con un sorriso. Si avvicinò al suo visino e lo carezzò. Gimmi sentì la mano fresca del dottore passare sulla sua pelle bollente. Gli chiese allora, parlando piano ed a fatica, quando sarebbero sparite le nuvole dal suo petto. Quello lo guardò sorpreso ma poi rispose che per farle andare via avrebbe dovuto acchiapparne delle altre per la coda e legarci quelle che aveva dentro così che le prime le trascinassero via. Gimmi chiese come avrebbe potuto fare ad acchiapparle e quello disse che avrebbe dovuto chiudere gli occhi ed immaginarle e non appena le avesse viste con gli occhi chiusi avrebbe dovuto cominciare a saltare finché non fosse riuscito a prenderne una per la codina grigia. Allora tutto sarebbe venuto di conseguenza ed anche le nuvole che aveva nel petto sarebbero volate vie con le sorelle. Stranamente Gimmi pensò che le nuvole sarebbero andate via ad una ad una come i suoi riccioli biondi che se n’erano andati lasciandogli la testa liscia e gialla come il budino di crema della nonna. Il medico controllò quell’ago che aveva nel braccio e uscì sorridendogli di nuovo. Gli stava simpatico quel dottore. Quando gli aveva infilato l’ago non aveva sentito null’altro che un pizzicorino e poi nessun dolore, proprio come gli aveva detto lui.

–          Passandole accanto, il Coniglio aveva estratto dal taschino del panciotto un orologio e aveva consultato l’ora. Poi aveva brontolato:”Oh, povero me! Oh, povero me! Ho fatto tardi!”. Curiosa come tutte le ragazzine della sua eta’ e senza riflettere su quanto poteva succederle, Alice salto’ su in piedi e via, dietro al Coniglio che aveva gia’ attraversato il campo vicino ed era poi sparito dietro la siepe, in un grande buco.

La mamma aveva ripreso a leggere e la voce si era rotta un attimo come se avesse il raffreddore ma poi era tornata uguale a sempre. Gimmi continuava ad ascoltare a tratti, a tratti perdeva la sensazione che la mamma fosse accanto a lui. Ma poi la ritrovava con la coda dell’occhio. Gli capitava di pensare che non avrebbe avuto nessuna paura di restare solo ma se, sbirciando, riusciva a vedere la mamma gli cresceva la certezza che, al più presto, il sole avrebbe vinto la battaglia col temporale. Gli tornarono in mente le parole del dottore. Doveva sbrigarsi a prendere una nuvola per la codina grigia. Aveva voglia di giocare al pallone nello spiazzo dietro casa, da dove poteva vedere le finestre della cucina e sentire la voce della mamma che lo chiamava quando cominciava a fare buio. Chiudeva gli occhi e poi li riapriva ma non gli riusciva di visualizzare le nuvole. La voce della mamma era diventata un morbido cuscino che lo invitava a dormire. Se dormo, pensò, non riuscirò a vedere nulla e nemmeno a saltare. Devo provarci ad occhi chiusi ma senza dormire. Poi pensò che non avrebbe potuto saltare comunque perché doveva star fermo per non far spostare l’aghetto che aveva nel braccio. Restò perplesso a ripensare a quello che gli aveva detto il dottore. Se doveva saltare voleva dire che avrebbe potuto farlo anche con l’aghetto ficcato nel braccio. Doveva solo stare più attento. Si tranquillizzò. Non sentiva più la mamma raccontare quella favola. D’improvviso si sentì muovere dondolando da un lato all’altro come gli era capitato quella volta che suo padre lo aveva portato a pesca oltre gli scogli. Mi verrà da vomitare come allora, pensò. Ma non se ne diede per inteso. Infine, chiudendo gli occhi, vide un cielo grigio pieno di grosse nuvole nere che si muovevano veloci. Si sorprese di quello che vedeva. Mosse il braccio destro per controllare se per caso anche l’ago fosse sparito. Era proprio così. Non aveva più l’ago a tenerlo fermo. Quel dottore gli aveva detto la verità, anzi ancor meglio della verità. Adesso poteva saltare senza problemi. Il petto si sollevò improvviso e dolente per un inatteso tuono. Doveva correre e prendere una nuvola se no non ce l’avrebbe fatta. Si mise ad osservare attentamente quello che accadeva sopra la sua testa. Il cielo era scuro. Sembrava uno di quei pomeriggi in cui doveva rimanere in casa perché fuori c’era il finimondo. Tempo da lupi diceva allora suo padre con la voce cupa. Sopra la sua testa non c’erano uccelli a svolazzare. Gli sembrò strano. Doveva essere proprio un cielo magico se non c’era null’altro che i nuvoloni scuri. Cercò di capire se tra quelle  che velocemente lo raggiungevano e poi lo superavano ce ne fosse qualcuna più adatta delle altre. Caspita se andavano veloci. Si girò dall’altro lato. Vide arrivare una nuvola con uno strascico che sembrava una sposa. La puntò con lo sguardo. Aspettò che fosse a tiro e non appena ebbe valutato che era a portata di salto cominciò a correre ed a saltare allungando il braccino per acchiapparla. Niente era troppo veloce perché potesse raggiungerla. Erano tutte troppo veloci. Gli venne in mente di quella volta che suo padre gli aveva raccontato una storia sui leoni e le gazzelle. Gli aveva detto che i leoni non corrono dietro a tutte le gazzelle del branco. Aspettano di trovarne una che sia meno veloce delle altre. Magari malata. Solo allora la inseguono e l’afferrano per mangiarla.  Bene avrebbe fatto la stessa cosa anche lui. Ci doveva pur essere una nuvola malata che non era in grado di correre veloce come le altre. Si mise col naso in su ad osservare. Finalmente vide arrivare una nuvoletta che si attardava in coda ad un gruppo di nuvole lunghe e rapide come l’acqua di quel ruscello dove era andato con la scuola a fare la gita. Concentrò il suo sguardo su quella ed attese che si avvicinasse. Ci volle un poco perché era davvero lenta rispetto alle altre, ma Gimmi sapeva che non avrebbe potuto sbagliare ancora e così ebbe pazienza. Finalmente la nuvoletta si portò a tiro, lentamente prese a scorrergli sulla testa. Accelerò il passo cercando di capire come doveva muoversi per starle dietro. Non fu difficile sembrava quasi che la nuvoletta non si fosse accorta di lui che stava lì in agguato pronto a ghermirla per la codina grigia. Quando le fu proprio sotto spiccò un gran salto ed allungò il braccio. La sfiorò con la punta delle dita ed ebbe la sensazione di sfiorare la stoffa di velluto di quella poltrona sulla quale si addormentava suo padre. Strinse il pugno e percepì come soffice ovatta morbida tra le dita. Si rallegrò con se stesso. Era riuscito ad acchiappare una nuvola per la codina. Ora non restava che trovare la maniera di legare a questa i nuvoloni che gli squassavano il petto e il gioco era fatto. Si ricordò di quella volta che suo padre per mandare un aquilone ancora più su aveva comperato dell’altro filo. Quando il primo era terminato aveva fatto un nodo con i fili accoppiati e aveva lasciato salire l’aquilone talmente in alto che faceva fatica a vederlo e poi, quando glie l’aveva lasciato guidare, poco ci mancava che se ne volasse anche lui su nel cielo. Ora mentre ricordava aveva perso tempo a non aveva legato la codina ai nuvoloni. Si era lasciato trascinare dai ricordi e la nuvola lemme lemme si era alzata nel cielo. Gimmi guardò in basso. I tetti delle case erano talmente piccoli che si vedevano a malapena. Riconobbe il campetto vicino casa. Osservando meglio vide dei puntini che rincorrevano un pallone. Pensò ai suoi amici. Sentì una piccola fitta nel petto. Quanto gli mancavano Stefy e gli altri. Ormai era così in alto che non riusciva a vedere più nulla. Ebbe paura. Stava per mettersi a piangere quando le nuvole nere sopra la sua testa scomparvero all’improvviso. Al loro posto uno strano ponte di luce comparve nel cielo azzurro terso e dall’altro capo gli parve di riconoscere sua nonna che a braccia aperte lo aspettava. Quanto tempo che non la vedeva più. Gli avevano detto che era partita con l’aereo per un lungo viaggio, ma trovarsela davanti proprio nel cielo e così all’improvviso gli sembrò una splendida novità. Si rassicurò. Prese la codina grigia della nuvoletta anche con l’altra mano e tenendola saldamente si lasciò trasportare. Il lungo ponte era ormai sotto di lui. Presto avrebbe riabbracciata la dolce nonnina che aveva vissuto con lui gli anni della sua prima infanzia. Gimmi si sentì felice e non pensò più a nulla. Solo si sorprese leggero. Girò lo sguardo e si accorse che gli erano spuntate due grandi ali bianche proprio sulla schiena. Ne fu felice. Aveva sempre sognato di poter volare. Ora non avrebbe avuto più bisogno della nuvoletta. Si lasciò andare e l’ultimo pezzettino di strada lo fece da solo. Verso la nonna e la luce. Gimmi salutò le nuvole con un sorriso. Il temporale nel petto era passato questo lo sapeva di certo. Appena possibile, si disse, lo avrebbe detto alla mamma.

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