Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Le parole per dirlo” di Alessandra Marini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Si avvicinava la festa della mamma, la prima per Daria, che aveva partorito da meno di un mese. 

Le due amiche del cuore, Eloisa ed Antonella, la pensavano sempre, fin da quella telefonata che annunciava la nascita prematura di Arianna.

 La gravidanza era andata bene; Daria aveva fatto i normali controlli previsti di routine, ma volontariamente non aveva fatto l’ amniocentesi, visto che avrebbe tenuto “comunque” il bambino.

  Non aveva voluto nemmeno sapere il sesso del nascituro, mettendo in crisi sua madre che teneva tanto a preparare un corredino o rosa o celeste.

 Sembrava sempre  serena, era sorridente per quel dono inaspettato arrivato a quasi 40 anni, a completare la famiglia fino ad allora composta da lei ed il marito.

La piccola era arrivata con più di un mese di anticipo e Daria aveva raccontato alle amiche per telefono la lunghezza esasperante del travaglio, quella del parto – nonostante  il peso relativamente piccolo della bambina – la concitazione dell’ evento legata a complicazioni, infine il fatto che la bambina era stata subito allontanata, per essere posta in incubatrice nell’ unità di terapia intensiva neonatale.

 Poi con una successiva e-mail Daria aveva scritto alle amiche che le condizioni di Arianna si erano aggravate e si era reso necessario il trasferimento presso il centro di cardiochirurgia pediatrica nella vicina città universitaria  per un problema al cuore.

 L’ e-mail aveva “ghiacciato” Eloisa ed Antonella, già pronte con il loro regalo di benvenuto per la neonata: avevano considerato il fatto che era nata prematura, quindi  sottopeso, il tempo perché potesse riprendersi e quindi avevano acquistato un completino rosa molto carino per l’ estate.

 Adesso il  pacchetto con il suo bel bigliettino colorato e spiritoso giaceva nella cabina armadio di Eloisa e sembrava qualcosa di assolutamente inadeguato; le due amiche cominciavano a chiedersi se non fosse il caso di riportarlo al negozio di abbigliamento per l’ infanzia, per cambiarlo con qualcosa destinato ad altri bambini,  oppure di tenerlo per future
nascite, o addirittura di portarlo in uno dei centri di aiuto alla vita per
regalarlo.

Pensavano che per Daria il mondo fosse crollato, la vita fosse finita o meglio che lei continuasse a vivere solo per la sua creatura.

Passando davanti alla sua casa avevano notato che non era stato appeso neppure il fiocco rosa e ciò aveva impressionato soprattutto Antonella, che aveva avuto un brutto presentimento.

 A questo punto Daria non aveva più risposto alle e-mail di Eloisa, ai messaggini di Antonella, ma inizialmente le amiche non si erano preoccupate più di tanto perché pensavano ai problemi logistici che comporta il trasferimento di un prematuro in un’ altra città, soprattutto per una neomamma ancora provata dal parto.

 Solo dopo l’ennesimo SMS di Antonella – un laconico “Come va? Baci anche da Elo” era arrivata come una scure la notizia (una brevissima telefonata) che Arianna era  affetta da sindrome di Down.

E adesso? Che fare,come portare conforto a Daria, come far sentire la propria solidarietà all’ amica di lunga data, con la quale avevano condiviso le gioie ed i dolori della vita fin dall’ epoca del liceo?

Avevano deciso di diradare i messaggini, bastava uno a settimana da parte di una delle due, inoltre evitavano i contatti con altre amiche curiose che avrebbero potuto chiedere notizie di Daria.

 Ma adesso si avvicinava la festa della mamma e non si poteva far finta di niente, sarebbe stato come rinnegare tutta l’ amicizia, non si poteva lasciare sola l’ amica nel suo dolore in quel giorno particolare.

 Eloisa si fece  coraggio e chiese a Daria se potevano incontrarla dove e quando  preferiva lei, anche nel centro di cardiochirurgia.

Daria rispose che potevano passare nel pomeriggio nella clinica, lei non poteva stare lontana da quel posto che in così pochi giorni  era
diventato così familiare, come se fosse sempre vissuta lì e non fosse mai
esistita la vita di prima. Si era del tutto abituata agli orari della clinica,
sapeva quando era l’ora del  latte per i piccoli pazienti, quando era previsto il turno dei medici, quando poteva dare una carezza furtiva – inserendo le mani nell’ incubatrice – alla sua sfortunata creatura; conosceva ormai le infermiere più “rigide” e quelle più accondiscendenti.

 E così al momento dell’ incontro nella saletta per i parenti dei piccoli ricoverati  le tre amiche si abbracciarono a lungo, con le
lacrime che rigavano i volti e le parole che non servivano; bastavano gli
sguardi, ancorchè  di occhi umidi e gonfi.

Poi la neomamma tirò fuori dalle pagine di un libro una fotografia, la prima fatta ad Arianna attraverso l’incubatrice; tra i vari tubicini si vedeva soprattutto il volto e Daria disse : “Guardate come è bella!”.

In quell’ attimo si materializzò accanto alle tre amiche una bambina di quattro o cinque anni con in braccio una bambola, allungò la testa sopra le mani delle donne ed esclamò con tutta la sua innocenza :

 “E’ bellissima, sembra il mio bambolotto cinese!”.

La bambina, subito richiamata da sua madre, aveva trovato le parole per dirlo.

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