Premio Racconti nella Rete 2011 “… quel budellino!” di Emma Viviani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Stasera, mi sento particolarmente rilassata, sono entrata in un dormiveglia soave e profumato, i ragazzi sono già a letto e mio marito, finalmente è a casa e sta per giungere da me. I pensieri si rincorrono, giocano tra loro e vi è un intreccio di colori, di sensazioni, di suoni, ma ad un certo punto vi è un suono più forte – qualcosa turba quest’armonia – non capisco – sento mio marito già accanto a me e con un occhio mezzo aperto lo vedo parlare al telefono e l’unica cosa che gli sento dire chiaramente è: “Preparate la sala, arrivo subito!”
Improvvisamente la mia vetrina di sensazioni piacevoli va in frantumi, mi tiro su, lui si avvicina a me dicendomi: “Devo andare, c’è un appendice da fare!” Io non riesco a parlare, lo guardo, raccolgo il bacio che mi dà sulla testa, e a mala pena ce la faccio a dirgli: “Stai attento, non fare troppo tardi!” Lo sento allontanare bofonchiando, e mi sforzo di udire lo scricchiolio della porta che si apre e poi si chiude.
Mi corico nuovamente a ricercare quello spazio tra sonno e realtà, che però non trovo più. Ora sono troppo sveglia ed i pensieri sono di un altro tipo. Ascolto il silenzio che c’è in casa, non sento niente, neppure il cane in giardino che abbaia. Un brivido mi corre lungo la schiena ed i miei pensieri diventano angoscianti: da una parte vedo le immagini di guerre nel mondo, le violenze, le ingiustizie e dall’altra emerge il mio egoismo nel pensare al perché le persone devono star male.
“Ma proprio stasera quel … disgraziato doveva farsi venire l’appendicite? Ma possibile che io e mio marito non riusciamo a stare insieme tranquilli a causa di gente che sta male? Eh sì! Forse ha mangiato cose che non doveva mangiare, tanto poi c’è chi cura! La gente pensa solo a se stessa!”
I miei pensieri egoistici si gonfiano di rabbia per quell’individuo che, porca miseria, deve essere operato d’urgenza. “E poi … a mezzanotte! Ma dico? Non è che poteva farsela venire domani mattina? Oppure … non so, alle cinque, sei, sette del pomeriggio! Ad un’ora decente! E poi … l’appendice! Quel budellino in fondo all’intestino, credo – crasso – dai miei ricordi di scuola – che porca miseria se ne sta lì, buono, buono, per anni; a volte la gente muore vecchia decrepita e non ha mai avuto l’appendicite. Ma guarda un po’ se quel … budello, ora doveva mettersi a fare i capricci e svegliarsi a mezzanotte! Lo immagino già: un uomo sulla trentina, magari uno di quei tipi muscolosi da palestra, forti e possenti e che ora se la fa sotto, per una parte di sé, la più insignificante che egli abbia: quel pezzettino in più, avanzato da dieci metri di intestino e che il Buon Dio si è dimenticato di togliere quando ha fatto l’uomo. Io … che aspettavo tanto questo momento, che non vedevo l’ora di abbracciare mio marito, dopo una settimana infernale trascorsa in mezzo a problemi di lavoro, di casa! Lui che era fuori per un convegno ed io … a tirare avanti il tutto, da sola, facendo salti acrobatici per conciliare lavoro e famiglia, rischiando sul lavoro perinosservanza delle regole … che poi sia funzionale ai sistemi lo sanno solo certi studiosi … Ma figurati se un responsabile sa queste cose e poi … come faccio a dirgli che devo comprare il pane o fare un po’ di spesa – che ieri non ho potuto e che i figli tornano da scuola e devono trovare qualche cosa da mangiare, che il marito è fuori … che la colf che mi deve aiutare in realtà sono io che devo aiutare lei … e che devo fare dei rientri pomeridiani altrimenti mi mancano le ore, quelle che invece … a mio marito eccedono in abbondanza …”
Insomma, i neuroni ora corrono sfrenati e vi è un ingorgo a livello di sinapsi; come quando siamo in una superstrada dove affluiscono tante altre strade e bisogna stare attenti a dare la precedenza. Ora la precedenza la richiede il neurone più rabbioso, quello che cel’ ha con quel poveraccio sotto i ferri. Ma proprio quel … budello, ci doveva separare anche stasera! Poi i pensieri si fanno meno aspri ed emerge in me un po’ di quel residuo di bontà, ormai sopita anche quella, pensando a quel budello … di un poveraccio che deve subire un intervento chirurgico.
Mica è bello! Ho dei ricordi anch’io, di esperienze provate sulla mia pelle ed allora mi impongo di essere meno egoista e più umana. Sì, un corno! Non ci riesco, sono troppo arrabbiata! Ma forse, non è colpa di quel budello … è colpa del mondo, della vita che ci siamo creati, del benessere, di tutto ciò che crediamo sicuro – che non lo è – come ad esempio questa sera che credevo che niente e nessuno potesse turbare. I miei pensieri si offuscano nella mente che diviene sempre più minacciosa ed irrefrenabile ed approda in epoche remote dove il medico era uno stregone che aveva il potere oltre che del corpo anche della psiche, dotato di un sapere soprannaturale, era capace di infondere nelle persone, fiducia, al punto di farle subire le pratiche più stomachevoli ed impensabili – mangiare i propri escrementi, bere il sangue di lucertola o di qualche altro strano animale – il chirurgo usava un sasso particolarmente affilato – per estrarre pezzi umani. Chissà se poi il paziente sopravviveva … ma questa è un’altra faccenda! Una cosa è certa che sicuramente non finiva davanti al giudice per un’unghia incarnita venuta male e non veniva svegliato nel cuore della notte!
I miei pensieri ora si confondono, cercano una linea di demarcazione in questo dormiveglia lungo ed affannoso. Mi rigiro tra le lenzuola alla ricerca del sonno, ma non ci riesco ed il pensiero ritorna a quel budello … di un paziente che non si merita nemmeno di rubarmi il sonno. Le prime luci dell’alba filtrano dai fori dell’avvolgibile della porta sulla terrazza ed un canto di usignoli mi dice che sta nascendo un nuovo giorno. Il letto è ancora vuoto, mio marito non è ancora tornato e penso che dev’essere stato un intervento difficile o forse c’è stata un’altra urgenza e sento crescere in me un sentimento benevolo verso quest’uomo impegnato a salvare vite umane. Sento che la mia rabbia si sta dissolvendo, così come l’oscurità che si fa sempre meno intensa dal sopraggiungere della luce del giorno.
Ora mi sento tranquilla, avverto la carica di ogni mattina, quando mi alzo e mi sento felice di pensare che anche oggi mi posso costruire un nuovo giorno e chissà quante cose mi aspettano di belle e di brutte – ma sono cose nuove – diverse da quelle di ieri. Ed anche se devo fare le corse per arrivare in tempo al lavoro, se passo con qualche rosso o rallento eccessivamente ad un giallo per trovare il tempo per truccarmi, se farò le corse nei supermercati e se mi dovrò dividere tra famiglia e lavoro … mi viene da sorridere e pensare che in fondo…siamo delle trasformiste mai esistite.
Il sole sta sorgendo, il cane che inizia ad abbaiare ed il gatto a miagolare mi ricordano che è l’ora di preparare la colazione per tutti, anche per loro, ma in quel mentre, sento la porta che si apre; il mio cuore fa un tonfo di gioia, mio marito è rientrato.
Sento che sale le scale, si avvicina a me e sorridendo mi dice: “Quel tizio se l’è vista proprio brutta, cel’abbiamo fatta per un pelo, era già in peritonite!”. Io apro gli occhi come se mi svegliassi da un lungo sonno e gli dico: “ Ti preparo un caffè”. Lui annuisce e guardandomi affettuosamente mi sussurra: “ Meno male, che qualcuno in famiglia dorme! Sbrigati che devo ripartire perché alle otto ho un altro intervento da fare!”. Io mi alzo stralunata e facendo finta di essere riposata come chi ha dormito tutta la notte, scendo giù a preparare le colazioni.
Poi mentre preparo il caffè mi viene da osservare la Jocca, la mia setterina bianca, che dal giardino abbaia senza tregua, anche lei aspettando il cibo e mentre i nostri sguardi si incrociano mi rendo conto che il suo muso appare molto più decente del mio – poi china la testina – come dire: “Che ti succede? Ti vedo un po’ assonnata, non hai dormito?” Ed io con lo sguardo le rispondo: “Potevi perlomeno stare sveglia anche tu ed abbaiare un po’, ci saremmo fatte compagnia!” Ma il nostro dialogo termina mentre le verso il cibo nella ciotola e lei si precipita a nutrirsi voracemente.
Il vociare su dei ragazzi che si sono svegliati mi dicono che è molto tardi e che mi devo dare una mossa.
Poi mio marito, scende giù, bello vestito e pettinato, si avvicina e mi dice: “ Ma non è ancora pronto? Tu che hai dormito tutta la notte mi sembri più addormentata di me, sbrigati che sono in ritardo?!”
Una descrizione efficace del mondo sanitario dall’interno, da chi sembra conoscerne a fondo aspetti, imprevisti ed implicazioni. Questa è la faccia meno raccontata della sanità; ogni tanto ci vuole perchè non si sedimenti nell’opinione pubblica che i servizi siano una jungla dove la vita dei pazienti per gli operatori non conti niente. I contrattempi che a volte negano ai loro congiunti di avere ritmi di vita normale, visto il fine salvifico, ci possono e ci debbono stare stare, ma è giusto descriverli per far sapere che non ci sono di norma isole felici, nè rose e fiori per nessuno. Conciso ed istruttivo