Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Pranzo di famiglia” di Giovanni Fiorina

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

I soldi rallentano la vita, pensa Anna mentre osserva sua sorella Giulia ricevere dal proprietario del Tis il regalo per i suoi trent’anni.

Come ogni tredici ottobre da quando suo padre, il dottor Costa, è diventato il commercialista anche di questo ristorante del centro di Milano, lei e la sua famiglia sono qui per festeggiare il compleanno della primogenita Costa, un tavolo prenotato nella saletta riservata solo per loro.

E come ogni anno, il proprietario e il maitre – con il suo immancabile farfallino a pois – rimangono in piedi dietro Giulia, un sorriso invincibile mentre lei apre il regalo, il solito Si figuri, è solo un pensiero, quando la signora Costa dice che hanno esagerato (un foulard d’Hermes, Papà quest’anno deve essere stato davvero bravo, pensa Anna), il finale Avanti con gli antipasti, veloci! rivolto ai camerieri, quando i ringraziamenti sono ormai terminati e la loro presenza al tavolo potrebbe risultare di troppo: ad Anna sembra di essere nella scena di un film che qualcuno si diverte a rivedere di continuo.

Mentre Giulia prova il suo foulard, soddisfatta dall’effetto che l’arancione del tessuto ha sui suoi capelli neri e lunghi, Anna sente sua madre dire Sarà costato almeno trecento euro, e intanto pensa che ora lei ha l’età di Giulia la prima volta che sono venuti al Tis a festeggiare: venticinque anni.

– Carlo è in gamba, di sicuro l’avrà ottenuto a molto meno – dice suo padre, in mano il bicchiere di champagne offerto dal ristorante come aperitivo.

Due camerieri arrivano con gli antipasti, ed è mentre serve al dottor Costa un’insalata con rucola, grana e funghi porcini che uno dei due – giovane, scuro di carnagione e di capelli, sempre sorridente – fa l’occhiolino ad Anna, facendola arrossire.

– Come sta Davide? – chiede la madre dopo aver provato il primo gamberetto in salsa d’arancio.

Giulia beve un sorso d’acqua prima di rispondere.

– Bene, ha detto di salutarvi e di scusarlo, ma oggi doveva andare a Verona e non ha potuto rimandare.

– Certo, con questo vento chissà come si diverte a fare kitesurf sul lago. Vuoi mettere in confronto a un pranzo con i genitori e la sorella della ragazza? – dice Anna ridendo.

Giulia le dà della stronza; il dottor Costa, intanto, osserva compiaciuto il colore del vino, senza dire una parola.

– Guarda che a me Davide sta simpatico. Ha fatto bene a non venire: l’ultima volta la mamma gli ha chiesto mille volte perché non fate un figlio, e quando alla fine le ha detto Perché non ne ho voglia, non gli ha quasi più rivolto la parola.

Anna guarda la madre, sicura di una sua risposta, e mentre la osserva pensa che è ancora una bellissima donna. Elegante come sempre nel suo completo rosso Valentino, le poche rughe sul viso ben coperte dal trucco, le labbra vive, gli occhi neri, profondi. Ha sessantadue anni e ne dimostra almeno dieci di meno: nessun intervento chirurgico, solo cura per il corpo e assenza totale di responsabilità per la mente. Le cene e gli aperitivi con le amiche, i viaggi con il Soroptimist, lo shopping: ecco il suo bisturi da almeno vent’anni.

– Beh, era stato irriguardoso nei confronti di Giulia. Ma è un bravissimo ragazzo, così elegante.

– Mamma, anch’io non voglio un figlio. Te l’ho già ripetuto non so quante volte, ma tu fai finta di non sentire – dice Giulia, già nervosa.

– Ma hai trent’anni! È ora, ormai. Lo sai che per ogni uomo al mondo ci sono sette donne a disposizione? Ti conviene non fartelo scappare. E anche tu, Anna: perché non ti trovi un fidanzato?

Sua madre cerca di accarezzarle i capelli, ma Anna si sposta infastidita.

– Dovresti cambiare acconciatura: così non risalti il viso. E poi i vestiti, amore: devi curarti di più se vuoi trovare un fidanzato.

– Mamma…

– Guardate Valeria: non ha ancora trent’anni ed è già incinta del secondo figlio. E dopo la prima gravidanza è tornata più in forma di prima. Non ci vuol…

– Mamma, basta! Almeno oggi puoi lasciarci stare? Per favore!

All’alzata di voce di Giulia, il padre è costretto per un attimo a separarsi dal suo Montepulciano d’Abruzzo che gli sta dando tante soddisfazioni.

– Cara, tu hai avuto Giulia a trentadue anni e Anna a trentasette: c’è tutto il tempo per avere figli senza doverci per forza rovinare il pranzo – dice calmo, prima di accarezzare il viso di Giulia e di dare un bacio ad Anna.

Mentre lo vede tornare felice alla sua insalata, Anna pensa che nessuno al mondo la tranquillizza come suo padre.

È così calmo e deciso. Forse perché non gli importa molto di niente. E non gli importa perché ormai è rassegnato alla sua vita, sereno e rassegnato.

La signora Costa borbotta qualcosa sulla vecchiaia, poi chiama il cameriere per chiedergli un altro po’ di vino.

– A proposito, per capodanno Davide e io andiamo in Venezuela – dice Giulia,  en passant.

– In Venezuela? Non è pericoloso? – chiede il padre.

– Ma no, andiamo all’Isola Margarita: Davide dice che è il posto migliore al mondo per fare kite.

– Ma tu non fai quella cosa lì, giusto? – le chiede la madre.

– No, però ci sono delle spiagge bellissime.

Anche mia sorella se ne frega, ma il suo è il tipico menefreghismo postmoderno associato alla libertà.

Era la frase che aveva usato per descrivere D. Karamazov nell’introduzione della tesi. Il professore gliel’aveva tagliata perché troppo vaga. A lei sembrava chiarissima.

Se ne frega e fa bene. Lavora quando ha voglia nello studio di famiglia, per il resto il suo tempo è equamente diviso tra lo shopping e i viaggi con il ragazzo o le amiche. Lei la sua libertà se la vive, se la domina, io invece la mia la odio perché non so come utilizzarla, non so che farmene di tutte queste possibilità quando ne vorrei solo una per non bloccarmi ogni volta di fronte alle scelte da fare. Da quando ha finito l’università, Giulia sembra avere rallentato la sua vita, gli anni che passano uno dopo l’altro senza cercarsi nessun tipo di preoccupazione, proprio come la mamma. A me, invece, manca l’aria al solo pensiero che tra poco finirò la tesi.

Il cameriere porta via i piatti degli antipasti e intanto continua a fissarla, sorridendole. Anna lo guarda di sfuggita per un attimo, poi prende un grissino, infastidita.

È per questo che sono innamorata di Luigi – si rende conto Anna – perché lui non ha tempo per la libertà, lui deve pensare prima di tutto a sopravvivere, e questo lo rende capace di vivere, a differenza mia.

La voce del maitre che spiega i piatti principali la riporta al tavolo con la sua famiglia.

– Per la signora abbiamo crespelle al tartufo, per le ragazze i due branzini con julienne di zucchine e patate, mentre per il dottore un fantastico filettino Tis con funghi porcini e prosciutto. Buon appetito.

Per qualche minuto rimangono tutti in silenzio, persi nei loro piatti.

– Buonissime queste crespelle, devo chiedere la ricetta per fargliele cucinare a Miriam – dice infine la signora Costa.

Il dottor Costa le risponde che è inutile, visto che gli unici piatti decenti che sa preparare la loro domestica sono quelli tipici filippini, poi chiede ad Anna se ha saputo la data della laurea.

– Non ancora, però la sessione sarà dal quindici al venticinque novembre.

– Che peccato che ti laurei a novembre, è così triste: non possiamo neanche fare una festa in campagna. Non puoi rimandare?

Tutti guardano la signora Costa senza dire niente.

– Su cos’è che fai la tesi? – chiede Giulia mentre si fa versare dell’altro vino.

– S’intitola Moderno e Postmoderno ne ‘I fratelli Karamazov’ di Fëdor Dostoevskij , ma non preoccuparti: non devi fare finta di interessarti o peggio ancora di capire – le risponde Anna, prima di sentirsi dire da sua madre che non c’è pericolo che qualcuno di loro la legga.

– E allora poi vuoi fare la regista? – le chiede la signora Costa dopo qualche secondo, con lo stesso tono con cui si chiede a un bambino se vuole fare l’astronauta o il pompiere.

– Sì – risponde Anna, acida.

– E questo cosa significa? – chiede ancora sua madre.

– Significa che dovrete continuare a pagarle da vivere per un bel po’ – dice Giulia ridendo mentre guarda la sorella.

Anna le mostra il dito medio, poi abbassa lo sguardo sul suo piatto prima di rispondere. Non ha molta fame.

– Mamma, te l’ho già detto: vuol dire che farò i test di ammissione per le scuole di Milano e Roma.

– Ma hai deciso se vuoi fare la regista di cinema o di teatro? – le chiede il padre, con quel suo tono falso gentile che usa in ufficio quando vuole sembrare cortese, ma in realtà pretende una risposta. Anna lo aveva visto un paio di volte arrabbiarsi per davvero, quando il malcapitato davanti a lui non soddisfaceva le sue richieste. Mentre urlava come un ossesso, gettando fogli per terra e sbattendo i pugni sulla scrivania, le era sembrato libero come non lo aveva mai visto. Dopo pochi secondi si era ricomposto, di nuovo a proprio agio dentro la necessità del suo ruolo.

– No, non ancora. A Milano provo per teatro, mentre a Roma per Cinecittà.

– Posso farti entrare senza problemi in entrambe, ho dei buoni contatti anche a Roma: basta che decidi. Fossi in te, però, proverei con il cinema: ci sono sicuramente più soldi a disposizione.

– Papà, te l’ho già detto: non voglio che tu faccia niente.

Anna sa che qualunque cosa dica, suo padre si attiverà in ogni caso per farla accettare dovunque, a sua insaputa. Deve solo decidere dove.

– E a New York non vuoi provare? Ho delle ottime conoscenze anche lì.

– Non lo so papà, ci devo pensare.

Milano, Roma, New York. Cinema o teatro. E Luigi? Potrebbe venire con me, pensa Anna mentre finisce il suo vino. Ora, però, le manca l’aria per davvero, fisicamente: un altro secondo lì e potrebbe urlare.

– Scusate, devo andare in bagno.

Quando esce dalla saletta, il cameriere è in piedi in mezzo alla sala principale, senza niente da fare: ci sono solo due tavoli occupati, entrambi già al caffè. Sorride quando Anna gli passa davanti. Lei non lo guarda, poi si volta qualche metro dopo perché si sente osservata: in effetti il cameriere le sta fissando il sedere, un sorriso ebete sul viso.

In sala non c’è nessun altro, Anna sente le voci del maitre e del proprietario provenire dalla cucina mentre si avvicina alla toilette. Quando sta per entrare in bagno, non riesce a trattenersi dal voltarsi un’ultima volta: è allora che vede il cameriere venire verso di lei.

Anna corre in una delle toilette delle donne, chiudendosi dentro e trattenendo il respiro mentre ascolta il rumore dei mocassini da uomo farsi sempre più vicino, fino a scomparire proprio dietro la sua porta.

Una bussata leggera.

La secondogenita Costa si guarda un’ultima volta allo specchio, prima di aprire.

– E’ arrivato il lupo! – le dice Luigi con il suo accento siciliano, ancora più marcato per farla ridere. Non ha nemmeno chiuso la porta dietro di sé che già se la stringe addosso, baciandola sul collo. È Anna che la va a chiudere, ridendo e facendogli segno con il dito sulla bocca di stare in silenzio. Poi torna da lui e lo bacia con calma, a lungo. Luigi prova a metterle le mani sotto il vestito, ma lei lo blocca ogni volta che si avvicina troppo.

– Sai che prima a tavola ho capito finalmente perché mi piaci? – gli dice Anna dopo qualche minuto, sempre abbracciati.

– Vuoi che indovino? – le dice Luigi, prima di prenderle la mano e portarsela tra le gambe.

– Quanto sei imbecille!

Anna lo prende a schiaffi per giocare, ridendo.

– Anch’io l’ho capito prima, sai? Quando stavi andando in bagno: hai un sedere che sembra un cuore, è perfetto! – le dice Luigi toccandole il contorno dei fianchi.

– Che poeta…

Anna si gira verso lo specchio per sciacquarsi il viso.

– Che cosa hai regalato alla principessina per il suo compleanno?

– Un abbonamento al Piccolo Teatro.

Luigi la guarda sorridendo.

– L’hai fatto apposta, vero? Tanto sai che non ci andrà mai. Vuoi solo farla sentire ignorante.

Anna gli fa una linguaccia attraverso lo specchio mentre si sistema i capelli.

– È vero. E allora? Così poi ci andiamo noi due.

Deve dirgli che sta scherzando per togliergli un lampo di terrore dagli occhi.

– Dai, dobbiamo tornare di là.

Luigi si è seduto sul water, sbuffando.

– Finisco alle tre: ti chiamo dopo, ok?

Anna gli dà un ultimo bacio sulle labbra, poi esce dalla toilette battendo un colpo sulla porta del bagno: è il segnale per dire che non c’è nessuno.

Quando torna in saletta il maitre è di fronte al loro tavolo con il carrello dei dolci.

– Ecco la signorina Anna: appena in tempo. Che cosa desidera? Un sorbetto alla castagna come sua madre? O forse questa magnifica crostata con i cachi? C’è anche un soufflé al cioccolato, ottima scelta del dottor Costa e di sua sorella Giulia.

Anna vorrebbe solo andarsene, ma non potendolo fare chiede un gelato al limone. Poi tira fuori dalla borsa un pacchettino avvolto in una carta di giornale che sua madre guarda disgustata.

– Ecco il tuo regalo: tanti auguri!

Giulia lo prende ringraziandola, ma quando vede che cos’è si arrabbia all’istante.

– Lo sai che non ci vado a teatro, allora lo fai apposta! L’anno scorso mi hai regalato l’abbonamento al Franco Parenti, due anni fa all’Elfo, quest’anno al Piccolo: non mi far niente e almeno risparmi i soldi!

Anna ride mentre sua sorella le urla addosso, poi allunga la mano per farsi ridare l’abbonamento. Luigi, intanto, si è avvicinato con la scusa di pulire il tavolo per non perdersi la scena.

– Sai com’è, ho sempre la speranza che prima o poi ci vai. Ma non preoccuparti, dallo pure a me. Ti regalerò qualcos’altro. Anzi, forse…cosa c’è qui? – chiede Anna frugando nella borsa della madre, prima di tirar fuori una busta rossa.

La signora Costa la prende e la dà a Giulia, augurandole buon compleanno.

– Un abbonamento alle terme per un anno! Con i massaggi! – grida Giulia, alzandosi per baciare la mamma e la sorella.

Il padre, intanto, le ha messo un’altra busta sul tavolo.

– Ti ho comprato delle obbligazioni olandesi che danno il quattro per cento netto, me le ha consigliate Snider – le dice quando Giulia si risiede.

Giulia lo ringrazia baciando anche lui sulla guancia, tutta contenta.

Anna non sopporta quando suo padre le regala dei soldi – cioè a ogni minima occasione -, sua sorella, invece, non sembra preoccuparsene: li accetta e basta.

– Qualcuno lo vuole assaggiare? È delizioso – dice la signora Costa, un cucchiaio di sorbetto alla castagna davanti a lei.

Il dottor Costa si sta portando il dolce della moglie in bocca, quando il maitre si avvicina al tavolo e guarda Anna, serio.

– Che sia la prima e l’ultima volta, ci siamo intesi?

Anna lo fissa senza dire niente, mentre il maitre continua a rimanere in piedi di fronte a lei.

– Le interesserà sapere che il suo amichetto è già stato cacciato.

Anna pensa per un attimo di prenderlo a schiaffi, strozzandolo con quel suo farfallino a pois di merda: invece guarda suo padre appoggiare con calma il tovagliolo sul tavolo.

– Come si permette di parlare così a mia figlia? Che cosa intende dire?

Intanto è arrivato anche il proprietario.

– Niente, dottore. Non intende dire niente. Vero Giampiero?

– E invece no, adesso parlate. Non potete interromperci e accusare mia figlia senza spiegarvi: ma chi vi credete di essere?

Il tono della voce del dottor Costa si è decisamente alzato. Anna vede suo padre arrabbiarsi per lei, per difendere lei, e vorrebbe scomparire.

Il maitre guarda il dottor Costa, poi il proprietario, infine Anna.

– Intendo dire che sua figlia si è…come dire…appartata in bagno poco fa con uno dei nostri camerieri.

La signora Costa inizia a tossire senza riuscire a fermarsi. Giulia versa veloce dell’acqua a sua madre sorridendo divertita. Il dottor Costa fissa sua figlia.

– Non è vero! Non è vero niente!

Anna pensa a ciò che le aveva detto una volta Luigi: quando sei in difficoltà nega sempre, anche l’evidenza. Non credeva che sarebbe stato così facile.

– Li ha visti uscire dal bagno un altro cameriere. Non posso tollerare che nel mio ristorante ci siano queste cadute di stile.

Alla parola ‘mio’, il proprietario scatta come punto da una vespa.

– Giampiero, ho detto che non è successo niente. Chiedi scusa ai signori per il disturbo e lasciamoli finire il loro pranzo in pace.

Il maitre guarda il proprietario con uno sguardo pieno di odio, un odio profondo, sottomesso, di vecchia data. Mentre lo osserva allentarsi il papillon, ad Anna sembra si stia per mettere a piangere.

È allora che nella saletta entra Luigi: la camicia bianca fuori dai pantaloni, senza giacca, prende una sedia e l’aggiunge al tavolo dei Costa.

Quando Luigi si siede tra lei e suo padre, ad Anna viene in mente la scena finale di Otto e mezzo, e per un momento vorrebbe nascondersi anche lei sotto il tavolo.

Poi sente Luigi parlare, e allora vorrebbe semplicemente morire.

– Buongiorno, sono il fidanzato di sua figlia.

A queste parole, la signora Costa ha la stessa espressione di quando la sua primogenita le dice che non vuole avere figli, Giulia si versa dell’altro vino rapita dalla scena di fronte a lei come in un film, mentre sia il proprietario che il maitre dicono a Luigi di alzarsi e andarsene subito.

Anna non solo non dice niente: non sente niente. Sta osservando la sua vita prendere una direzione senza riuscire a fare nulla.

Il dottor Costa stringe veloce la mano di Luigi lasciata lì a mezz’aria, poi guarda i due signori in piedi di fronte a lui.

– Mi sembra che abbiate detto che l’avete licenziato, per cui può fare ciò che vuole. E, per ora, a me va bene che stia al nostro tavolo. Voi, invece, potete andare, non abbiamo bisogno di niente.

Il maitre se ne va all’istante, veloce e altezzoso, mentre il proprietario rimane ancora al tavolo dei Costa a scusarsi.

– Ho detto che te ne puoi andare, Carlo. Ne parliamo un’altra volta – gli dice il dottor Costa con un tono che non accetta repliche.

Poi si gira verso sua figlia.

– È vero che siete fidanzati?

Anna sente Luigi prenderle la mano, e pensa che quando vuole è proprio un coglione. Ma lo lascia fare.

– Sì.

– E da quanto tempo?

– Due anni.

La signora Costa strilla Due anni?! guardando il marito, poi chiede a sua figlia perché non le ha mai detto niente.

Anna vorrebbe dirle che non ha raccontato di Luigi alla sua famiglia per non sentirsi dire Ma è solo un cameriere, cara; per non avere rotture di scatole a ogni Natale o compleanno; perché la faceva sentire libera; perché si vergognava di Luigi con la sua famiglia e della sua famiglia con Luigi; perché voleva Luigi solo per Anna, e non per Anna Costa; perché aveva paura di deluderli, di deludere tutti.

Ma sente una lacrima scenderle dall’occhio destro, e tutto quello che riesce a dire è un Non lo so.

Il dottor Costa dice a sua figlia di non piangere, poi chiede a Luigi se è interista o milanista. Luigi è stato un ultrà del Palermo, ma sa che il padre di Anna è un milanista sfegatato, con un abbonamento al primo anello rosso non lontano da Galliani.

– Milan, ovvio.

Il dottor Costa può assaggiare il suo soufflé, di nuovo rilassato.

– Allora domani sera vieni a vedere il derby a casa nostra.

 

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4 commenti »

  1. Bel racconto!! Fatto con gusto e spirito e soprattutto critico con stile!
    In bocca al lupo!

  2. Grazie, che bello un complimento da una sconosciuta!
    Partecipo al concorso anche con un racconto intitolato ‘post Hollywood’: se ti va di leggerlo mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.

  3. Concordo pienamente con il giudizio di Alice. Splendido il colpo di scena finale!

  4. Bel racconto davvero, ironico e ben scritto.

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