Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Risvegli” di Emanuele Brugnoli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

I pesanti colpi contro l’armatura continuano a far cadere piastre di protezione sul campo, liberando in aria dense nuvole di polvere che filtrano attraverso le fessure della visiera, mischiandosi al vapore prodotto dal mio corpo stremato. Le palpebre non possono far a meno di battere, regalando al mio nervo ottico una sequenza di scatti che rallentano il tempo d’azione dell’avversario. I miei sensi quasi si illudono che quella progressione di movimenti non sia altro che un lavoro di pura animazione.

Ma il colpo arriva a bersaglio e il dolore che da lì corre fino al cervello riporta la mia percezione nel mondo reale.

Sono a terra.

Avevo una spada, non ricordo quando l’ho persa. Anche l’avessi, adesso non so se potrei sostenerne il peso. Il gomito destro è diventato il mio principale appoggio al terreno, mentre il braccio sinistro continua a proteggere il fianco. L’ira del suo sguardo ha capito che lì la maglia di ferro ha ceduto. Da interminabili istanti è quello l’unico punto d’assedio.

È così. Gli anelli sono saltati, ora i suoi occhi riescono a vedere il colore della mia carne. Il sangue che prima colorava la pelle dall’interno ha trovato un varco verso l’esterno, il livido è diventato ferita. Il rosso che sgorga si mischia ai freddi colori invernali del campo quasi a voler lasciare impressi in terra i movimenti di quel massacro.

Ora riesco a sentire le urla di tutti gli insetti schiacciati dal mio strisciare, il taglio dell’aria di invisibili uccelli che impassibili assistono alla mia fine. Ma… ahhh!, un altro colpo, terribile, regala sollievo alla mia schiena che ora è completamente adagiata al suolo.

Devo fuggire. Almeno col pensiero. Non può essere dolore l’ultimo ricordo terrestre che porterò con me.

Allora penso a ieri. Penso a te. Ma la ferocia di quegli attacchi arriva come scossa. La vista si annebbia. La goccia cade sulla superficie dell’acqua, l’onda si propaga e i contorni del riflesso si perdono.
Ora sento il peso del suo calcagno sulla bocca dello stomaco. Non sarebbe necessario. Non riuscirei mai a portare la luce dei miei occhi sul mondo e su tutta la vita che chissà da quanto abita questa distesa di terra e erba.

Si è alzato il vento, lo sento infiltrarsi tra gli anelli della maglia e gelare il sudore della mia fronte. Devo accontentarmi di seguire le nuvole che giocano a rincorrersi nel cielo. Non sento più scosse, né rumore di lama che tenta di violare il mio vestito di ferro.

Son già morto?

Lascio le nuvole alla loro spensieratezza e provo a curvare il collo per vedere che fine ha fatto il mio giustiziere.

Eccolo lì.

Vedo la punta della sua spada poggiata in terra. Anche lui ha un braccio da far riposare. Riesco a intuire il battito del suo respiro che fa cavalcare il corpo all’interno dell’armatura. La fatica adesso è l’unica cosa che ci accomuna. Che abbia deciso di risparmiarmi?

No.

La punta della spada torna a muoversi, disegnando un solco in terra, finchè l’impugnatura non viene raggiunta anche dall’altra mano. La lama si alza in cielo, rilasciando qualche granello di polvere che il vento porta subito via con sé. È il momento di sua massima grandezza. Sembra un gigante ora che la lama si stende dritta sulla sua testa.

Intanto dietro, sullo sfondo, le nuvole continuano a sporcare il cielo come a volermi dire “Continua a guardare noi! Guarda noi!!”.

Poi d’un tratto la lama sparisce, dietro la sua schiena. Ma un urlo che forte si spande dalle fessure del suo elmo ne annuncia il violento ritorno.

Ci siamo.

Nuvole: arrivo…

Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!

La mia stanza. Sette del mattino.

Il feroce cavaliere non c’è più. Che sogno!
Un momento… Il dolore al fianco però non è sparito! Ma cos’è??

Ah, ho dormito con Tolstoj e la sua Sonata a Kreutzer piantati nel fianco.

Ieri ho finito di leggerlo per la terza volta e come sempre lui la uccide. Ma… ha sbagliato. Anche se incontri notturni ed evidente complicità non possono non generare sospetto sulla natura di un rapporto…

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1 commento »

  1. Mi sembra di capire che l’autore speri che almeno nel suo sogno il personaggio di Tolstoj non uccida la moglie che forse non lo ha mai tradito. Quel libro, metaforicamente e non solo, agisce da spina nel fianco, influenzando i contenuti onirici della vicenda narrata, che si indirizza infine verso un epilogo cruento; fortunatamente, il mai abbastanza lodato meccanismo psicologico del risveglio, ci salva da un finale triste

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