Premio Racconti nella Rete 2011 “Il pranzo si è servito” di Christian Ferrante
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011L’aspettavo ogni giorno davanti l’ultimo palo della strada. Quando lei passava, io potevo far finta di andare a comprare le sigarette e sarei riuscito a vederle il culo mentre andava a prendere l’autobus. Tutto questo andava avanti da mesi.Aspettavo le venti e zero otto, scendevo dalla macchina, e mi piazzavo a dieci metri dalla fermata dell’auto con le spalle rivolte alla Gs, da cui, poi, lei sarebbe uscita.In tutto quel tempo d’attese e appostamenti avevo capito tante cose di lei. Sapevo che il lunedì, mercoledì e giovedì andava in palestra perché portava sempre con sè una borsa sportiva, che il venerdì usciva con le amiche perché venivano a prenderla sempre le stesse due ragazze, una mora, l’altra rossa, e lei, bellissima, si vestiva sempre bene. Odiava le scarpe da ginnastica e le gonne. Portava sempre due braccialetti colorati al polso destro. Ma se li cambiava ogni due giorni, tranne il venerdì che portava sempre lo stesso braccialetto d’argento e acquamarina. Sapevo che voleva molto bene a qualcuno in particolare, infatti varcata l’uscita della GS le telefonava e per circa una decina di minuti le parlava, poi si fermava, la salutava e si accendeva una sigaretta, sei tiri ed arrivava l’autobus. Lei la spegneva sul muretto della fermata, faceva sempre per rimetterla nel pacchetto, ma poi la buttava per terra. E così per mesi. L’unica cosa non chiara era il fatto che lei un secondo prima che si chiudessero le porte dell’autobus si girava verso di me e mi guardava. Anzi sembrava proprio fissarmi. Per un secondo.Un lunghissimo secondo.A volte mentre, col freddo dell’inverno, la aspettavo in macchina chiedendomi perché stessi facendo quella follia, riuscivo solo a pensare al suo sguardo, tra poco tutto mio per un secondo, che mi avrebbe appagato per tutta la notte e per il mattino seguente.…Avevo perso interesse per ogni mia passione. Avevo smesso di leggere, di fare foto, di uscire con gli amici, di andare al cinema. Tutto era in funzione di quel quarto d’ora che avrei passato davanti a quel supermercato e della mia perpetua convinzione che proprio quel giorno sarebbe stato il giorno in cui mi sarei fatto avanti.Continuavo a rimandare. Ogni volta che la vedevo uscire dalla porta elettronica. Ogni volta che la vedevo girarsi per un secondo verso di me.“ Ciao brother!”“ Ciao …”Rientravo a casa verso le otto e quaranta. Da tempo però varcavo la soglia sempre più pensieroso e distratto.“ Allora com’è andata con la tipa? Ti sei dichiarato?”“ Macché!”“ Neanche oggi? Ma come, ieri tutti i bei discorsi davanti allo specchio, gli schiaffetti in faccia, quella sicurezza… E niente?”“ Lo so. Non ci riesco. Che devo fare? Vado da lei tutto convinto. Poi la vedo uscire e non ho più il coraggio. Anzi abbasso un po’ lo schienale per essere il meno possibile visibile…”“ A proposito… Anche oggi mi ha guardato per un secondo…”“ Ancora? Secondo me, quella non ti guarda, anzi non guarda proprio nessuno…”“ Ti dico che mi fissa… Sono sicuro… va bè, basta, domani vado lì, la fermo e le dico tutto…”Preso come ero da tutta quella situazione e dall’inquietudine crescente del mio cuore, avevo allentato il bellissimo rapporto che avevo con mio fratello. Le belle chiacchierate serali avevano preso la piega di risposte laconiche, e niente di lui, quei giorni, mi spingeva a curiosità. E di lei le avevo detto pochissimo … avevo mentito perfino sul luogo degli incontri. Era il mio terribile spettro ed era troppo grande per poterlo raccontare. Sapevo che da poco usciva con una ragazza. Sapevo che era molto bella. Sapevo che lui ne era innamorato. Non volevo sapere altro.Lo vedevo allegro e sollevato da terra, come solo sa fare chi inizia una relazione, nessun impegno era più insopportabile per lui, lui che anche solo dover gettare la spazzatura lo disturbava. Per questo lo invidiavo. Un’invidia bonaria per mio fratello ed il suo sentimento, bonaria, ma sempre invidia.Ed io invece passavo tutto il tempo seduto a fumare sul mio divano in eco-pelle nera e a pensare a quella ragazza. Ma perché?L’avevo vista la prima volta, più o meno novantadue giorni fa, entrare velocemente e sicura nella GS, era vestita casual, ma quel casual delle rock- star, stava al telefonino, sembrava parlasse beatamente con qualcuno che la facesse sentire bene, io stavo scartando il mio pacchetto di sigarette, appena comperato, nel tabaccaio del marciapiede di fronte il gran supermercato. Ricordo che la fissai per qualche minuto, lei splendida che camminava quieta ed elegante verso l’entrata. Da quel momento la mia vita cambiò.”Oh! Ma ti vuoi tirare un po’ su? Sembri un cadavere! Eppure sei grandicello. Ne hai avute di esperienze. Un matto. Cazzo sembri un matto!- mi apostrofò così un sabato pomeriggio mio fratello, quando per l’ennesima volta mi trovò, sporco ed avvilito, a fumare spalmato sul divano nero. Io ovviamente non volevo ascoltare. Non perché dicesse cazzate. Ma perché io sapevo che quello che diceva era la verità. La brutale verità. Pensavo costantemente ad una persona che non conoscevo, in verità, ma soprattutto lei non sapeva nemmeno che io esistevo. Che esisteva un matto, appunto, che si ostinava a spiare quindici minuti della sua, essenziale per me, vita privata.-Ma lasciami un po’ stare.- usai la tattica dell’attacco manifesto. Ridicolo, agli occhi di mio fratello, il mio psichedelico modo di arrampicarmi su fottuti specchi. – Parli te! Che capisci le donne come io capisco la trigonometria. T’hanno sempre lasciato! Che ne vuoi sapere. Sempre lì a soffrire, soffrire, piangersi addosso ed entrare nel mondo profondo dei “ se io …” – presi fiato dopo aver ringhiato fuori il tabacco marcio. Avevo bisogno di colpirlo nell’animo per azzittirlo. Non troppo. Ma l’elenco delle sue ultime tre storie finite in tragedia fecero ridimensionare il suo timbro.-Ma guarda, brutto coglione, che ti voglio solo dare un po’ di conforto. Non ti prendo per il culo. Ti sto solo cercando di dire, che forse non ne vale la pena .- e sottolineo mi disse proprio NON NE VALE LA PENA. Ma per favore. Proprio lui. Che aveva perso la testa, il lavoro e settecento euro per una sua ex- compagna delle elementari, incontrata per caso, dopo vent’anni, ad un falò Hippy su una spiaggia sarda. E solo perché lei, ubriaca fradicia, ricordando i bei tempi spensierati della fanciullezza, glielo aveva preso in bocca. Ed arrivati a questo punto che fare? Fermarsi? No. Scopare, ovviamente. Con una luna così poi, sarebbe stato impossibile non cadere nelle braccia della passione. – Non ne vale la pena? E Francesca te la ricordi? Una coatta, brutta, analfabeta e romanista. Per una scopata ti sei rincoglionito per sei mesi. E poi? Poi t’ha lasciato. Come Anna Maria. Del resto. pazzo di lei dopo due volte che uscivate insieme. Col fratello sempre in mezzo alle palle, tra l’altro. Lettere, fiori, week – endini romantici, pagati da te, tra l’altro, e poi?- feci per aggiungere la dolorosa frase.-M’ha lasciato. Lo so .- l’avevo colpito, infierendo su ferite ancora aperte.… in arrivo milioni di sensi di colpa a babordo. Caricare i cannoni delle scuse. UMILTA’ ! ALL’ATTACCO!-Dai. Scusa. Hai ragione te. Sto esagerando. Devo cercare di non pensarci più.- spensi la sigaretta nel posacenere etnico di legno. Il fumo della cicca uscì per altri sei secondi. Stampai un sorriso amichevole.-Perché non inviti la tua ragazza domani a pranzo? Ormai sembra sia diventata una storia seria. Dai cucino io. Carbonara e pancetta arrosto.- aspettavo con gli occhi ben aperti la sua risposta affermativa. Più passava il tempo dell’attesa risposta più decoravo la portata.-Quant’è che uscite? Tre mesi?–Due .- aggiunse laconico. Intento a riflettere se fosse giunto o no il momento di porre la sua nuova conquista al fraterno ludibrio.-Uscite insieme quasi tutti i giorni? Mi sembra … –Bè. Il lunedì, mercoledì e giovedì ci alleniamo insieme. Lei fa aerobica. O roba simile. Poi magari ci andiamo a mangiare una pizza. O ci facciamo una scopatina in macchina.Lei sempre presente nella mia mente, pronta ad uscire ad ogni associazione logica. I stessi giorni della mia dea. Ma lei farà sicuramente danza o nuoto, al limite. E sicuramente sarà la più brava del suo corso. Anzi , di tutto il Lazio. Anzi di tutta Europa. Del Mondo.-E perché non te la sei mai pompata a casa? – amavo distruggere il suo romanticismo mieloso con turpiloqui ricercati.-Non l’ho mai portata a casa a fare l’amore ( Cazzo! Anche lui s’era proprio bevuto il cervello. Fare l’amore. Che mi stesse diventando finocchio il fratello?) perché il venerdì ci incontriamo ad un corso di teatro … stiamo lì un paio di ore. Lo frequentano anche un paio di sue amiche. Carine. – Carine … stava cercando di spostare la mia attenzione su queste amiche carine, sulle loro tette, sui loro culi strizzati in pantaloni strettissimi. Ma se avessi cercato amiche carine sicuramente avrei pensato subito e solamente alle amiche bellissime, divertentissime, cool al massimo e sempre mooolto fini della ragazza per cui ero impazzito.-Stiamo insieme a casa il sabato e la domenica. Ma tu quei giorni vai a fare foto a tutti i derelitti d’Italia e non ci incontriamo mai.- tradivo la mia futura dolce- metà solo nel week- end. Lei non lavorava. Io non potevo incontrarla. Quella domenica avrei abbandonato zingari ed ubriaconi romani. Tutto qui.-Una perfetta sincronia!- feci io pensando a come i nostri orari si incrociavano in modo perfetto per non farci incontrare MAI. Se avessimo voluto avremmo potuto vivere insieme per altri trent’anni e permetterci di non sapere niente l’uno dell’altro. In fondo era mio fratello. Io gli volevo un bene dell’anima. Avrei già dovuto incontrare la donna su cui riversava il proprio amore. In verità sarebbe stato un ottimo modo per contrastare la mia totale apatia. Non avrei potuto cancellarla nemmeno un secondo dalla mia mente, ma avrei reso meno sofferente la sua mancanza.-Allora? Che dici si può fare? E poi sono proprio curioso di vederla.- stava cedendo. Avrebbe accettato alla mia prossima insistenza.-Guarda non lo so proprio. Ci tengo parecchio. E ti conosco troppo bene. Comincerai a metterla in imbarazzo … – forse si riferiva alla prima volta che conobbi la coatta e le chiesi a brucia pelo, quanti partner avesse avuto. E se le piacesse la penetrazione anale. Mollando due o tre peti, molto puzzolenti, le raccontai che una mia compagna delle medie si masturbava davanti la gigantografia di Michael Jackson. -Ti giuro che sarò bravo. Cortese. Educato. Non rutterò. E se per caso, dimenticandomi per un secondo della situazione, mi dovesse uscire una scorreggia, la farò piano piano.- quest’ultima frase lo convinse. Non so come …-Va bè, dai. La chiamo ed organizziamo il pranzo per domenica … la spesa la fai tu. No?- ecco, se c’è una cosa, che quella potente droga chiamata amore non può cambiare è la radicata e penosa tirchieria. Mio fratello ne era un degno rappresentante.In quel momento il suo cellulare squillò. Lo prese, aprì lo sportelletto e dirigendosi verso la sua camera esordì con – Aaaamore mio. Ti stavo proprio pensando!- la sua gioia prendeva per il culo la mia delusione nel constatare che quella era proprio il momento in cui la mia amata chiamava la madre.Ritornò al mio cospetto con il sorriso di chi ha appena ricevuto la notizia di aver vinto il concorso pubblico per diventare usciere al parlamento.-Perfetto. Allora viene domenica verso l’una. – mi affrettai ad uscire. Dovevo fare la spesa. Mentre varcavo la soglia del portone mi sentì aggiungere.-Poi va via verso le quattro però, che deve andare a ritirare un suo braccialetto da un amico che glielo ha riparato.- che braccialetto doveva essere? Addirittura ad andarlo a ritirare di domenica pomeriggio?-Era della nonna. Ci tiene molto.- anticipando la mia risposta cinica del tipo “ ma che cazzo ci deve fare con un braccialetto di domenica? Non può aspettare un giorno?”- E’ molto antico e prezioso. È d’argento ed acqua marina.- lì per lì non feci caso a questo particolare. Ed uscì preoccupato che i miei soldi non bastassero a comprare tutto il necessario per il pranzo. Non avrei chiesto neanche un centesimo a mio fratello. E scelsi la C.O.O.P.…La domenica mattina mi sforzai ad alzarmi presto. Ma soprattutto mi sforzai a fingere di essere sereno. Preparai il pranzo. E all’una puntuale, sentii le chiavi che giravano nella serratura del portone.-Siamo noi .- mio fratello sottolineò la loro presenza, con la paura di trovarmi intento a guardare un film porno col mio arnese stretto tra le mani.-Ciaao !- aggiunse lei.Gli andai incontro portando la pentola fumante di carbonara mantegata ad arte. La loro visione era ostacolata dalla porta semi- chiusa della cucina.-Ciao ragazz … – la vocale mi si conficcò in gola come una lisca di pesce. Avvampai fin sopra le tempie. Rimasi immobile. E perdendo di colpo le forze, lasciai cadere a terra il pentolone fumante.Era lei. La mia amata. La donna che avrei dovuto sposare. E stava con mio fratello.Avessi scoperto che era lesbica o che ne so un’assassina, o sieropositiva, avrei sofferto di meno. Fui tagliato fuori dalla guerra e da tutte le piccole battaglie in un secondo. Più o meno quel pranzo passò così:13:01 scoperta nefasta. Blocco respiratorio. Cefalea potentissima. Morsa pressante allo stomaco ed al cuore. Sudorazione accentuata. Spossamento. Bradicardia.13:06 riesco a connettere a malapena. La fisso come un malato compulsivo- ossessivo sul punto di stuprare una suora di ottanta anni. Accenno un impercettibile saluto.13:07 ormai la pasta è andata. Sento il calore atroce delle penne, cariche d’uovo, sui miei piedi scalzi. Non ci bado.13:08 mi scuso, balbettando. Affermo che qualcuno mi ha fatto lo sgambetto. Forse un alieno. E sono convinto di quello che dico.13:09 mio fratello teme il peggio.13:11 ho paura di morire soffocato. Schizzo in cucina col solo pensiero di sparire, uccidermi, teletrasportarmi alle Hawaii. Prendo dal frigo formaggi ammuffiti e salumi stantii.13:12 lei è bellissima. Mio fratello la bacia. Si baciano. Convinti che io stia risolvendo il danno. Ma li vedo. Secondo blocco respiratorio.13.15 mi sono già fumato tre sigarette. Siedo vicino a loro ancora con il grembiule da cucina. Fisso la televisione. Il telegiornale. Ma non riesco a sentire niente. 13:20 lei mi chiede come va? Faccio finta di non sentire. Continuo a guardare in televisione immagini dell’ultimo convegno della C.G.I.L.13:20 me lo richiede. La guardo di sfuggita. Muoio una seconda volta. Le rispondo a bassa voce e velocemente.13:30 altre tre sigarette , quattro bicchieri di vino rosso. Accuso il primo calcio che mi tira mio fratello da sotto il tavolo. Il secondo non lo sento.13:45 sono quasi ubriaco. Dico la prima frase che mi viene in mente “ ma lo sapevate che i piranha attaccano solo in gruppo?”. Mio fratello cerca di farle capire che sono impazzito a causa di una ragazza. Non si immaginano che la causa della mia follia sta seduta a due centimetri da me. Sento odore di bruciato dalla cucina. Anche la pancetta è andata. Non riesco neanche a fingermi costernato.13:53 faccio fatica a reprimere il vomito. Provo ad intavolare una conversazione. Non la guardo negli occhi. La sua bellezza mi offende. Io che mi sento e sono uno straccio.-Dove hai detto che lavori?–Alla GS. Quella nuova.–Bastardi!–Come?–No, no, niente … –Che macchina hai?–Ancora non ce l’ho! Per adesso mi muovo solo con l’autobus … –Certo … –Ma tuo fratello ha promesso che mi aiuterà a cercarne una. Pure tu. Magari, se senti qualcosa in giro … –Ti avrei regalato una Porsche. – dissi al mezzo busto della televisione che ora parlava di salute e prevenzione.-I tuoi genitori di che si occupano?–I miei sono separati. Vivo con mia madre. È una dirigente dell’Alitalia. Lavora molto. Ci vediamo pochissimo. Se non fosse per le telefonate. Non saprei neanche se è ancora viva. Ahahaha!–Di sera … –Cosa?–No, immaginavo che la chiamassi di sera, magari quando esci dal lavoro.– Infatti! La sento di sera dopo il lavoro. Poi lei esce col suo nuovo uomo e non ama essere disturbata. Immagino.-Scorreggiai. Forte.13:54 vedo mio fratello teso. Incazzato nero.13:59 scorreggio altre cinque volte. La puzza inonda la sala da pranzo. Non riesco a fermarmi. La tensione. Immagino. Vedo per la prima volta il disgusto sul suo viso.Alle 14:13 dopo altri bicchieri di vino, rutti e scorregge varie, decidono, entrambi che il pranzo è finito ed io sono un malato di mente. Un selvaggio. Si alzano e se ne vanno. Provo a salutarla. Non mi esce la voce14:14 vedo il suo bellissimo culo allontanarsi dalla mia vista.14:15 sento il portone sbattere ed il motore dell’Astra di mio fratello rombare. Sono solo. Mi butto sul divano. Sono ubriaco. Amareggiato. Incredulo.14:16 mi alzo di scatto. Mi affaccio al balcone. Li cerco con lo sguardo. Non ci sono più. Urlo. A Dio, al destino, a me stesso.- Un bacio, brutta stronza. Uno solo… Almeno una chiappaaaaaaaaa! Ti prego. Una chiappa solaaaaa! Brutti traditori bastardi … –
Da lontano mi risponde una donna.-Per cento euro te le do tutte e due le chiappe tesoro!-Cerco in tasca qualche soldo. Niente . Avevo speso tutto alla C. O. O. P.