Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Fluke (colpo di fortuna)” di Devid Bracaloni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Erano già trascorsi alcuni minuti dall’arrivo del taxi, mentre frugava nel cassetto per trovare le chiavi di casa, un pensiero improvviso attraversò la sua mente. Era un appuntamento con quell’uomo, per cui non provava nessuna attrazione. Certo, essendo un manager dell’alta finanza, le avrebbe regalato tutto ciò che una donna potesse mai desiderare. Una volta sposata, avrebbe vissuto sulle scie di una soap opera americana, come quelle che erano sempre piaciute a sua madre. Ma qualcosa la turbava e volle credere che il fatto di non trovare ancora le chiavi di casa per correre tra le braccia di quell’uomo, fosse un segno del destino … o di quel Dio … nel quale lei era certa non credere, ma che le sussurrava di ricordarsi che cosa era davvero l’amore. Quella corsa in auto significava tutto: lavoro, successo, soldi, una casa lussuosa, cene raffinate, viaggi all’estero, yacht di lusso, una villa al mare, un’auto tutta sua. E Peter? Perché d’improvviso aveva pensato a lui? Se non le piaceva nemmeno? Trasalì e le sembrò di svenire. Sentì un’infelicità che non aveva mai provato. D’un tratto l’incanto di quell’incontro con il manager era svanito, perso, come quel taxi, che tra le imprecazioni e gli accidenti dell’autista, se ne era andato oramai per sempre. “Cretina, cretina, cretina che non sono altro” urlava, scossa dai singhiozzi e con le lacrime, che le scendevano sulle guance bianche e lentigginose. Solo Pepe, un giovane labrador nero, le corse vicino saltando pesantemente sul letto e, scodinzolando, la leccò in pieno volto. Sembrava ringraziarla e aveva una voglia matta di uscire sotto la pioggia e di poter giocare con Fluke, il cane meticcio bianco e nero di Peter. Chissà se Peter fosse ancora al campetto delle dune, dove i due cani, erano soliti correre e giocare, mentre essi chiacchieravano e ridevano. Uscì di corsa, agguantando a malapena l’ombrello e tirandosi dietro al guinzaglio la povera bestiola. Voleva capire, doveva capire. Che cosa l’attraeva di Peter, si chiedeva correndo e ansimando? Non era diplomato, viveva con sua madre, lavorava da poco e guadagnava poco. Molte volte era impacciato con le coetanee. Anche esteriormente non era niente d’eccezionale. L’unico pregio era l’altezza di circa un metro e novanta. Aveva anche saputo che era appena guarito da una grave forma di esaurimento nervoso, che gli era durato alcuni anni e non si sapeva nemmeno come se ne fosse ammalato. In una parola era meglio perderlo che trovarlo.

“Eccola”, si disse, facendo finta di non scorgerla e continuando in solitario, il giro del campetto con Fluke. Anche in lui c’era qualcosa di diverso ultimamente. Da quando aveva trovato lavoro alla biblioteca, si sentiva forte e sicuro di sé. Era la prima volta che ciò gli accadeva: era convinto di aver vinto tutto e tutti e si prometteva di non chiedere altro a Dio. Aveva quella serenità che niente e nessuno, ne era certo, avrebbe mai potuto distruggere. No, non l’avrebbe permesso. Ma c’era qualcosa ultimamente che non andava in lui. Pur avendo ripreso varie attività e anche gli studi per diplomarsi ad una scuola serale della città, non si sentiva lo stesso di qualche settimana prima. Scorgendo Elena, capì dal battito accelerato del proprio cuore, che la causa di tutto era lei … e solo lei. I suoi capelli neri, corti, leggermente ricci e mossi e quegli occhi dello stesso colore e pieni di luce lo stregavano. Anche le labbra lievemente carnose, rosse come una ciliegia e sempre tendenti al sorriso, lo disarmavano come Lancillotto di fronte a Ginevra. Ma egli non era il Paladino di Re Artù e quella “Ginevra”, che tra poco avrebbe di nuovo avuto di fronte a sé, era lì solo per portare un cane a spasso e niente di più. Era esattamente così. Alla fine, lui sarebbe tornato a casa, come un piccolo Charlotte, e lei, come una regina, non avrebbe pensato più a lui, che vedeva simile ad un misero cavaliere senza spada e senza gloria. Era consapevole di dovere essere felice della salute finalmente ritrovata e del lavoro conquistato con le proprie forze. Ma era proprio così, come in tanti gliela raccontavano? Perché si chiedeva voleva ancora di più dalla felicità? Non doveva accontentarsi di quella che già aveva? No, perché l’uomo senza donna è come Dio senza l’uomo. Perché una donna regala i colori e le sfumature, la forza e la carica interiore, le speranze e le attese del domani, da lottare e costruire insieme. Tutto questo oggi per lui aveva un nome, un solo nome: Elena. Era innamorato ed era successo, nonostante da tempo fosse convinto di non esserne più capace,  a causa dei suoi guai. Ed invece questo immenso amore, più grande del cielo che pioveva a diluvio addosso a lui, a Fluke, a lei e a Pepe, regnava, tiranno dentro di lui.

Mentre l’una andava verso l’altro nel tragitto del campetto, circolare come il loro sentimento, li invadeva solo il desiderio che tutto finisse di lì a poco, nel bene o nel male. D’altronde alla resa dei conti ciascuno di noi, di fronte al dolore, seppur d’amore, è solo. Agli occhi di lei quel cavaliere, che si credeva un ridicolo Don Chisciotte, era il più bel principe azzurro mai incontrato prima. Lei, che quel giorno aveva lasciato un probabile grande sogno, per un altro ancora più grande e infinito. Dall’altra parte, la regina era diventata la più umile delle ancelle e fradicia di pioggia ancora più bella e amabile. Finalmente lui, che si credeva un nano, era forte come un gigante e amato come il più potente dei re. Non furono necessarie parole di spiegazione o di dichiarazione. Mentre i cani sguazzavano liberi nel campo fangoso, saltando nelle pozzanghere, i due si intesero solamente con lo sguardo e sotto il diluvio, si presero per mano, si sorrisero intensamente e infine si baciarono.

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1 commento »

  1. Diversi i temi toccati in questo racconto che potrebbe essere definito come il condensato di un romanzo vero e proprio. In rapida successione tocca argomenti e dilemmi esistenziali. Qual’è la vera felicità? Ed a questa domanda la protagonista riesce per sua fortuna a dare celermente una risposta. E Peter? “Mi accontento di ciò che ho o posso aspirare a qualcosa di più”? Per sua fortuna accetta la sfida e da retta al sentimento. Ottimista

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