Premio Racconti nella Rete 2011 “La torre primitiva” di Matias Julian Nativo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011A tratti il suo profilo separò la nebbia.
Lo spazio fisico si delineò mostrando le forme grigie e rozze delle mura, alzate illimitatamente superbe e senza Dio. La torre primitiva soffriva di una liquidità schiacciante, la quale, affondando nella cute, stuzzicava dolori nascosti e ben protetti di certe mie serate sconsolate.
Non era materia umana, ma una sezione divisa di sensazioni, ciò che la nebbia più tardi rivelò.
Due occhi di petrolio mi abbracciarono per qualche istante, spingendomi a lei contorto in una smorfia ignara. Sentii il corpo slegarsi brutalmente per comparire, poi, proteso ai suoi piedi d’avorio eccellenti. E c’era nelle sue movenze nient’altro che il rumore sordo delle sue ossa, lo stesso che costrinse l’ambiente intero a piegarsi alla sua misericordia animale. Nella torre primitiva l’amai.
Trovando lo scarto decisivo fra la membrana di vita che c’è fra la nostra condizione umana e la memoria, vissi accanto a lei un presente perfetto, fatto di pioggia estiva e nella consapevolezza fatale dell’inquietudine dell’infinito. Nella torre primitiva io l’amai.
Maledetta eternità momentanea.
Forse di notte o forse durante il giorno il sudore si condensò cambiando materia, percepii l’enorme peso dell’acqua, fuori e dentro di me, e anche lei ad un tratto divenne liquida, confondendosi con l’umidità intera che le mura barbare emettevano.
Fui preso dal terrore.
In un balzo il tempo mi ritrovò accovacciato in un angolo e mi restituì il suo dono, strappandomi il corpo di lei e la sua materia densa. Nel frattempo la torre si sciolse accompagnata dal suono dolce del rivo.
Mi ritrovai umano e conobbi la vergogna, mentre la luce esterna del sole mi bruciava il ventre e una forza lontana mi spingeva verso terra. Giù! Sempre più in giù!, iniziai vedendo il buio e tutto divenne nero.
Mi svegliai con l’ affanno, era ancora sera, in preda al sudore appiccicato ai capelli ripensai a lei, alla nostra torre, ero ancora giovane e conoscendo l’amore conobbi la condizione umana: la mia vergogna liquida mi costrinse ad alzarmi. Nel silenzio mi guardai allo specchio: ero diventato un uomo.
Il simbolo e le sue metamorfosi accompagnano ogni momento della nostra esistenza.
Dicono sia un’ “alterità” ideale, per me è il canale, lento e impercettibile, della memoria.
La memoria, cara e amara amica è l’ordine sensibile del tempo.
buona lettura…