Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Il mantra del soffritto” di Micaela Di Trani

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Il mio dietologo è un guru. Ha un mantra gastronomico-esistenzial-sensista per ogni singola caloria immaginabile da mente umana.

  • Sa dottore, è un po’ di tempo che non digerisco bene la sera, e mi vengono certi sbadigli, ma certi sbadigli…
  • Ma è ovvio, si tratterà di intolleranza a qualche cibo abusato.

Non importa quale sia precisamente il cibo, perché uscendo dal suo studio, indubbiamente alleggerita dai cinquanta euro della visita – gira, togli, stendi le braccia, alza la testa, hai male qui, qui e qui – mi ritrovo in mano la tavola dei dieci comandamenti alimentari.

Uno: non avrai altro cibo al di fuori dell’insalata; due: non nominare la frittura di pesce invano; tre: ricordati di digiunare anche durante le feste; e via dicendo una serie di regole, di pesi, misure e abbinamenti che mia nonna (alta quanto larga) sarebbe inorridita.

Costernata dal dato di aver preso un chilo nonostante la corsa ogni mattina e il regime ipocalorico – sì, ma non ti preoccupare, è tutta massa magra! Eh sì tanto finché c’è ciccia c’è lavoro, per il guru… – mi avvio alla macchina con la ferma convinzione di dover fare qualcosa per rialzare il tasso di gradimento della giornata.

Shopping, pulizia del viso o nuovo taglio di capelli?

  • Amore, buongiorno sono io. (Vorrei ben vedere, mica ci sono altre persone che lo apostrofano “amore”, o no?).
  • Ciao amore, come è andata dal medico? (Perché ti interessa tanto? Ti sei accorto che sono ingrassata, vero?).
  • Abbastanza bene, ma pare che abbia un problema con il formaggio, non lo digerisco, ma poi anche un sacco di altre cose non posso mangiare. (Ma essere intollerante agli spinaci o alle sogliole o ai pomodori no, eh? I formaggi, e certo, corpo ingrato!).
  • Povera amore, e domani come farai scusa? Abbiamo il pranzo…
  • Cacchio, me ne ero dimenticata… (A saperlo l’appuntamento dal dietologo lo fissavo lunedì, occhio non vede, cuore e stomaco non dolgono).

Il compleanno del suo migliore amico. Uno degli eventi più nefasti a cui il calendario – occidentale, ebraico e cinese – possa dare spazio e rilevanza. Non dovrebbe essere segnato come “compleanno di Mattia”, ma come “rimpatriata di tutte le ex più varie ed eventuali che mente umana possa concepire”. Ma non lo fa con cattiveria lui, no, Mattia, ti pare? Che interesse avrebbe?

Il tentativo di farmi diventare pazza potrebbe essere una buona motivazione: semplice, diretta ed efficace. Le chiama tutte, ma non le sue, le sue no, mica vuole disturbarsi la giornata. Lui la vuole disturbare a me, quindi sono le ex di Simone quelle che chiama. E loro, zebre scimmie lontre rane ed elefantesse, accorrono al richiamo del re della giungla. Dopo tre anni che io e Simone stiamo insieme, continua a essere un mistero la ragione per cui lui si senta in dovere di rovinarmi la vita.

Ogni occasione è buona per punzecchiare, infastidire, attaccare, distruggere.

  • Ah sì… Elena si è messa a dieta, e perché, alla fine ha solo quattro o cinque chili più del dovuto… Quanto pesava Valeria scusa? (Estratto della loro ultima telefonata in cui, dal mettersi d’accordo per l’ennesima partita di calcetto dal risultato scontato: calzini fetenti 1 – uomini finto sportivi 0, si è arrivati a parlare del mio adipe. Beati altoparlanti dei cellulari con volumi altissimi).

Eh già, Valeria. Ma Valeria meriterebbe un discorso a parte. Valeria è LA ex. L’ultima. L’unica seria (prima del mio arrivo). Quella presentata a mamma e papà.

Simpatica a tutto il parentado, carina dolce affettuosa magra alta benvoluta. Brava a ballare, capelli da pantene protagonist, salvatrice di cani abbandonati, sempre interessata a ciascuna delle stravaganze degli amici di Simone, attenta alla linea, con tutto quello storcere di nasi davanti agli odori (quelli veri) di cucina – quelli che mia nonna (sempre alta quanto larga) ha disseminato come un ligio contadino tra i solchi del mio campo di ricordi, tra un impasto morbido di focaccia dall’odore di origano e aglio bruciato e una sfumatura al vino rosso di un arrosto rosso di sangue e amore sul mio palato di bambina.

Sì, insomma, ci siamo capiti, una placida arpia nel corpo di una sirena. Al confronto i miei cinquantasette chili per un metro e sessantatré sembrano il pesante involucro di una balenottera.

Ecco allora, travestita da festa di compleanno, tessersi la trama luciferina di Mattia. Portare tutti i suoi “amici” in un nuovissimo e chicchissimo agriturismo con tanto di piatti misti di formaggi e salumi a cui donna alcuna, tranne la suddetta ex, potrebbe resistere, e, of course, il maneggio di cavalli con criniere più lunghe e lucide dei miei capelli dopo una seduta intensiva dalla parrucchiera. E lei cavalca, la sirena si trasforma in amazzone e cavalca con tanta eleganza e grazia che Romy Schneider correrebbe il rischio di somigliare a Danny De Vito a cavallo di un cammello. E Simone, cavallerizzo della domenica (una sì e quattro no, ma almeno ci sa salire, lui, sul cavallo), che non riesce a portarmi neanche su un pony per quanta fifa ho, ha imparato ad amare l’equitazione proprio “grazie” a lei. Lunghi pomeriggi in boschi ombrosi e dal profumo di muschio e agrifoglio, a cavalcare sensualmente, per poi magari appartarsi tra fiori e cespugli.

E io muoio dentro… non ci sono Kelly di Hermes o Jimmy Choo che tengano di fronte all’infrattamento clandestino. Lo insegna anche Lady Oscar. Non ha scovato la sua femminilità nel fitto di un bosco in compagnia dell’aitante André? Mica scema Lady Oscar…

E così, mentre Simone, in un eccesso di preoccupazione alimentare, continua a elencarmi cibi che secondo lui potrò, con grande tranquillità, mangiare il giorno dopo – salvo poi vederli adagiati sui triclini dei miei fianchi sempre un po’ troppo esuberanti –, scorgo nello specchietto retrovisore il verme, viscido malato e verde, dell’invidia, strisciarmi sul volto. Sopracciglia aggrottate, attaccatura dei capelli improvvisamente bassa, ruga netta sulla fronte, naso arricciato, labbra scomparse per quanto strette, con gli angoli stirati in un sorriso a testa in giù.

Cerco di rilassarmi. Inforco gli occhiali da sole, allaccio la cintura, faccio girare la chiave dell’accensione e, tra uno sguardo alla strada e uno al verme sul mio viso, dico ciò che non è previsto io dica mai nell’attuale e futura vita con quella che è e che spero rimanga la mia dolce metà. Lei sì dolce, io un po’ meno.

  • Amore, ma dobbiamo andarci per forza? Tu sei ancora un po’ raffreddato, io non posso mangiare, abbiamo anche dimenticato il regalo…
  • A parte che il regalo per Mattia l’ho comprato io, spiegami perché non dovremmo andarci.
  • Ma così, dicevo per dire… –. L’ho fatto, ho acceso la miccia della lite. Ma non volevo, sono costernata. Ma non lo dico. – Lo sai quanto odio le feste di Mattia, mi ci sento sempre così fuori luogo, mica ci dobbiamo andare sempre. Ce l’ha prescritto il medico?
  • Se non ti va non ci venire. Ciao! –. Ciao come? Ciao: “Ciao ci sentiamo quando sei rinsavita perché ti amo sempre come il primo giorno che t’ho avuta”, o ciao: “Addio, non credo di poter stare con una donna che non comprende l’importanza dei miei rapporti d’amicizia, e tra l’altro non so più se ti amo con quel verme che ti striscia sulla faccia proprio lì dove ti bacio quando ti incontro tra il sonno e la veglia nelle mattine di domenica che svegliarsi insieme è la cosa più bella che c’è!”.

Ladies and gentlemen, ecco a voi una cretina. Come dare modo al proprio fidanzato di essere offeso e arrabbiato nella giornata di confronto continuo con LA ex.

Come far rientrare il fiume in piena? Come permettere che la giornata di pubblica umiliazione si trasformi nel giorno della vendetta?

A suon di prepagata mi infilo nel negozio – quel negozio – dove è impossibile non trovare l’abito perfetto. La commessa mi coccola, mi gira e mi rigira, finché non esclama un “ma sembra cucito proprio su di lei!”. Oh sì, tesoro, è vero. Il finto casual-elaborato-campagnol-elitario è perfetto per i pranzi di Mattia. E il sandalo, inutile parlarne.

La felicità di una donna si misura nel rapporto tra la lunghezza dell’orlo della sua gonna fratto l’altezza del suo tacco. E io, vestita di tutto punto, mi barcameno tra una gonna a mezza coscia tendente leggermente al ginocchio e un tacco dodici con plateau annesso, che mi fanno sentire non solo soddisfatta, ma meglio di sirene e amazzoni messe insieme.

Nell’incredibile impresa che mi trascina, carica di buste, alla conquista del capello perduto, prima, e al genocidio del pelo di troppo, dopo; mi avventuro verso casa che un semplice sabato si è trasformato nella notte di Natale della bambina, quella che viveva di Barbie e Gira la moda, dentro di me. Neanche troppo dentro…

E, tra creme e balsami, colgo l’essenza della lotta col migliore amico giocata a botte di rimpatriate di ex: per quanto lui possa fare, io, con o senza ombretto, con la frangia tagliata o lasciata un po’ a se stessa, profumo di vittoria anche tra gli odori del maneggio, anche con l’aroma di pecorino sardo e culatello che aleggia sulla tavola. Io sono stata scelta da Simone per affiancarlo nella vita, alla faccia delle partite a calcetto e delle serate in cerca di compagnie esuberanti. Io sono la prescelta. Io, non Valeria.

  • Amore. Sei ancora arrabbiato?

Lascio che le sue rimostranze si evolvano in intense apologie sul significato del sacrificio e della comprensione in amore senza intervenire. Sorrido della pace quasi fatta e, facendo più attenzione a me che alla strada, mi scruto nello specchietto, tra una curva e un battito di ciglia, vedendomi più bella di una dea, senza quel viscido verde verme sulla faccia.

Nel momento in cui un “Dove sei, ti raggiungo” mi riporta al telefono, confermandomi la pace fatta, mi dico che Simone è e sarà mio perché, in fondo, quei quattro o cinque chili di troppo che mi autorizzano a impastare, infornare, friggere e mantecare, condire e sfumare, fanno la nostra felicità, da qui al resto della nostra vita insieme.

Alla faccia di Mattia e del guru alimentare…

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10 commenti »

  1. Un indagine approfondita in chiave ironica della psicologia di una donna come tante…un racconto brillante e di piacevole lettura! mi piace!

  2. Racconto stupendo: una ottima scorrevolezza nello scrivere e una grandissima capacità di dare vita a forme, pensieri, colori e movimenti con parole semplici, ma non per questo banali. Sembra davvero di essere nella mente della protagonista e nel bel mezzo del rapido fluire dei suoi pensieri.
    Continua così!

  3. Ironico e così profondamente vero, ben scritto e di piacevolissima lettura. Complimenti!

  4. Gradevole come una squisita e profumata frittura di pesce, frzzante come un buon vino bianco! Scherzi a parte, mi è piaciuto molto e esprime bene e con ironia quelle piccole, grandi angosce, quelle insicurezze che caratterizzano le persone più intelligenti e sensibili.

  5. Lietissima di esservi piaciuta. Grazie per l’attenzione dedicatami.

  6. Davvero ben scritto! Brillante e divertente! Permette di immedesimarsi nell’io narrante e riconoscere tante donne con le stesse nevrosi, paure e insicurezze.. L’incubo delle ex e dei chili di troppo. Il tutto in chiave ironica e intelligente!
    Bel lavoro!

  7. Datemi l’ironia e vi solleverò le giornate! Grazie a tutti! 🙂

  8. Come ti ho gia scritto in privato, un racconto brillante..

  9. Troppo carino e veritiero, nonostante spesso non ci sia un lieto fine 🙂 complimenti, ottimo lavoro! ^^

  10. Concordo con i pareri espressi nei commenti. é un racconto scorrevole e piacevole da leggere; la storia è frizzante e molto verosimile.

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