Premio Racconti nella Rete 2011 “Gerry” di Chiara Mazzera
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Rimanere immobile per una giornata intera, esposto alle bizzarrie del tempo, agli attacchi di animali, e alle folli trovate di qualche bambino di 4 anni.
Terribile vero?
Ecco, questa era la sua vita: ogni giorno la stessa storia fino al calar della notte, quando finalmente poteva spostarsi dal suo piedistallo in coccio smaltato accanto al pino nano verde brillante. Gerry era stato portato in questo giardino cinque anni prima, quando ancora i suoi colori erano lucidi e il suo naso intatto. Ah sì, il suo cappello rosso fuoco dalla punta ripiegata faceva invidia ai suoi compagni del negozio, così come i suoi scarponcini giallo oro.
Certo, gli era dispiaciuto lasciare la piccola bottega artigiana di Portoferraio, ma l’avventura lo aveva sempre affascinato, così quando quella giovane coppia lo scelse tra tanti altri, il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Il viaggio però non fu una passeggiata. Lo avvolsero in diversi fogli di carta da giornale puzzolente e lo infilarono nella valigia insieme ai teli di spugna che odoravano di salsedine.
Durante il tragitto aveva fantasticato sulla sua nuova casa, magari un terrazzino vista mare, oppure l’angolo uno chalet di montagna… ma quando aprirono la valigia si rese subito tristemente conto delle verità: la sua esistenza sarebbe trascorsa in un giardino mal tenuto, in una zona chiamata pianura padana e soprattutto infestato dai gatti…
Non poteva crederci! Dove era finita l’avventura, il desiderio di girare il mondo e vedere posti nuovi? Rinchiuso in questo posto non avrebbe visto proprio niente! Infatti il paesino dove lo avevano portato, Pescarolo, si trovava lontano dal mare e dalla montagna, nemmeno un lago era nelle vicinanze. Era un piccolo centro dove la vita scorreva lentamente tra la posta e la farmacia. Una festa danzante durante l’estate e una pesca di beneficienza per raccogliere fondi da devolvere all’oratorio. Aveva pensato spesso ad un evasione notturna, ma se anche fosse sfuggito alle grinfie di Felix, il pericoloso felino del vicino, non sarebbe comunque arrivato molto lontano da solo.
Due villette più in là viveva un altro nano da giardino: Peter. Ogni tanto si avventurava fino alla sua fontanella, si sedeva accanto a lui sul tufo ricoperto dal muschio e cominciava a raccontare delle storie.
Peter non era un nano particolarmente intelligente, né amava l’avventura ma rimaneva volentieri ad ascoltare i racconti di Gerry che parlavano di posti meravigliosi e lontani, di nane dagli occhi di ghiaccio coperte solo da veli trasparenti e turbanti.
Se ne inventava una diversa ogni sera: a volte il protagonista era un giovane nano che doveva liberare una principessa, altre volte era un povero straccione senza fissa dimora che incontrava un mago cattivo.
In realtà era sempre Gerry anche se chiamava il protagonista con altri nomi, lui e la sua insopportabile voglia di scappare da quel giardino e di cominciare a vivere la sua avventura.
Una notte, sentì Felix miagolare in modo strano, così lasciò la sua postazione e si nascose dietro la siepe di pitosforo.
Felix stava parlando con un altro gatto, uno nuovo, mai visto prima.
“Sono proprio contento di rivederti, Martin, era da molto che non passavi a salutarmi.”
“Già” rispose il nuovo venuto “ Ho viaggiato parecchio, ma avevo nostalgia della zuppa con le costine della tua padrona…..mmmm una vera delizia!”
“Hai fatto bene. Hai già un posto dove stare?”
“No, starò un po’ in giro. Vedo però che qui non è cambiato niente, giusto?”
“No, tutto come al solito.”
Gerry rimase molto sorpreso dal discorso dei due gatti: Felix era stranamente felice di condividere la ciotola con un altro felino e questo era un avvenimento straordinario. Ma chi poteva essere quel gatto?
Per un paio di giorni tenne d’occhio Felix sperando di saperne di più, ma del nuovo gatto non vi era più traccia.
Una notte però, mentre Gerry stava sonnecchiando sopra l’edera rampicante, qualcuno scavalcò la cancellata e gli si avvicinò:
“Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo?”
Gerry si alzò di scatto scivolando a terra e battendo la testa.
Quando si riprese rimase sorpreso nel vedere di fronte a se il nuovo gatto: era molto più grosso di Felix, aveva il pelo lungo grigio perla, una folta coda e dei baffi lunghi e spessi.
“Scusa, ti ho spaventato. Io sono Martin, ma credo che tu lo sappia già visto che l’altra sera ci stavi spiando.”
Gerry arrossì per la vergogna di essere stato scoperto. Era stato uno stupido. I gatti hanno udito e olfatto molto più sviluppati dei suoi.
“Ero curioso.” Balbettò infine “Felix non è mai stato così gentile con nessuno. Da queste parti lo chiamiamo Felix il terribile…”
“Io e Felix siamo vecchi amici, anzi a dir la verità quasi fratelli. Ma abbiamo preso strade diverse. Lui è rimasto mentre io me ne sono andato. Fare il gatto di casa non è mai stato per me. Io preferisco vedere il mondo e essere padrone di me stesso.”
Gerry rimase affascinato da Martin e passò tutta la notte ad ascoltare le sue imprese in giro per il mondo.
Non poteva credere al fatto che esistesse davvero qualcuno con cui condividere la sua passione per l’avventura. Desiderò ardentemente essere quel gatto, e poter viaggiare come faceva lui, senza una destinazione, senza una meta.
Martin rimase una settimana, e ogni notte passava a salutare Gerry e a raccontargli qualcosa: le sue storie erano piene di magia e mistero, tutto quello che Gerry aveva sempre desiderato.
Ma una sera, quando saltò giù dal muretto del vicino gli disse:
“Gerry, sono venuto a salutarti. Sto partendo.”
Gerry rimase sconvolto: non voleva che Martin se ne andasse, ma ancor di più non voleva rimanere da solo in quel giardino. Anche lui voleva vedere il mondo, fare il bagno nell’oceano e perdersi per le strade di immense metropoli.
“Voglio venire con te. Ti prego Martin non lasciarmi a sbiadire in questo posto desolato.”
Martin accettò, e preso il piccolo nano sulla groppa partirono insieme.
Viaggiarono a lungo, prevalentemente di notte; di giorno dormivano in qualche giardino, sotto un albero o nascosti tra qualche siepe.
Gerry si abituò velocemente ai ritmi da gatto e i due divennero grandi amici.
Visitarono moltissimi posti: Parigi, Londra, New York. Giunsero ai caraibi dove la sabbia era bianca e morbida come farina, scalarono l’Everest e conobbero i monaci tibetani, vestiti con buffi camici arancioni.
Affrontarono anche molte difficoltà: patirono la fame, il freddo. Rischiarono anche di morire di sete durante un viaggio nel Sahara.
I due divennero inseparabili: Martin portava Gerry sulla schiena senza mai lamentarsi, nonostante i chilometri di corsa che era costretto a percorrere la notte, e il nanetto non si sognava neppure di brontolare per il cibo che il gatto gli procurava dai bidoni dell’immondizia.
Gerry era al settimo cielo, tutto andava alla perfezione, finalmente stava vivendo la vita che aveva sempre desiderato! Era talmente felice che non si accorse invece che Martin era sempre più silenzioso e malinconico.
Una sera d’estate i due amici stavano osservando le stelle cadenti su una spiaggia di Cancun quando Martin chiese:
“Hai mai pensato che forse esiste un posto nel mondo in cui valga la pena di fermarsi?”
Il nano lo guardò sospettoso: “Non credo che esista un posto più bello del mondo intero.”
“Intendo dire un posto che tu possa chiamare casa. Qualcosa da amare, a cui vorresti tornare un giorno.”
“Direi proprio di no. Le case sono prigioni, da cui poi non puoi più scappare. Ma cosa sono tutte queste paranoie stasera? Stai allegro. Domani si parte per le grandi piramidi Maya. Chissà che vista da lassù!”
Non ne parlarono più, ma Martin sembrò peggiorare. La notte non correva più come un tempo. Non riusciva a fare più di dieci chilometri, poi doveva fermarsi a riposare. Spesso lasciava Gerry in un posto sicuro e poi si allontanava solo. il nano cominciava a preoccuparsi: che Martin fosse malato?
Un giorno mentre erano di passaggio in un piccolo paesino della Toscana Martin decise di fermarsi per mangiare e trovarono una casetta rossa circondata da un bel giardinetto pieno di fiori rosa e bianchi. Una vecchina vi abitava da sola e quando vide il bel micio color perla, gli portò del latte e una fetta di prosciutto.
Gerry rimase nascosto tra un cespuglio, ma stranamente quella sera Martin non tornò a prenderlo. Gerry aspettò tutta la notte, ma del suo amico nessuna traccia.
Il mattino seguente gli chiese spiegazioni ma il gatto face finta di niente e scomparve dopo poco. Verso le dieci di sera e non vedendo arrivare Martin, Gerry cominciò a preoccuparsi così si arrampicò sul davanzale e vide il gatto comodamente appollaiato sulle ginocchia della vecchina, al calduccio davanti ad un bel fuoco scoppiettante.
Non ci poteva credere: il suo amico lo aveva tradito, era diventato un gatto da casa!!!!! Negli ultimi tempi si era rammollito, ma non pensava fino a quel punto!
Prese le sue cose e partì da solo. Ormai aveva imparato le regole, poteva benissimo cavarsela anche senza di lui. Sapeva come non cacciarsi nei guai, come trovare un passaggio, e come procurarsi del cibo. Non aveva bisogno di uno stupido gatto traditore per vivere come aveva sempre sognato.
Passò un anno e Gerry vide Dubai con in suoi grattacieli, la Turchia, l’Egitto con le sue piramidi, la Sfinge e molte altre cose. Viaggiava sempre solo e questo all’inizio non lo disturbava. Trovava sempre nuovi amici e qualcuno con cui chiacchierare e a cui raccontare le sue avventure. Ma non si fermava mai più di una settimana, aveva troppe cose da vedere. Con il passare del tempo, però, cominciò a sentire la solitudine. Decise di tornare in Italia: in fin dei conti c’erano moltissimi luoghi che non aveva ancora visitato, e forse il suono della sua lingua e la cucina tradizionale avrebbero migliorato anche il suo umore.
Ma non fu così. Si trovò a vagare come uno zombi, per le strade di Roma, Milano e Firenze, senza una meta. Una strana ansia si era impossessata di lui: non dormiva bene di giorno e quando qualcuno gli domandava da dove venisse e dove stesse andando, scappava via infastidito. Alla fine si trovò a Piombino: di fronte a lui il porto. I traghetti per le isole erano pronte a salpare e senza pensarci salì.
Quando scese si rese conto di trovarsi a Portoferraio, il piccolo borgo dove si trovava il negozio nel quale era stato creato. Non impiegò molto a trovarlo: un cancellino di ferro battuto dipinto di bianco e un vialetto portavano alla piccola bottega artigiana di Susanna.
Una lacrima scese sul suo volto sporco e malconcio. Erano giorni che non si lavava, il rosso del suo cappello era sbiadito e la luna rendeva ancora più evidenti le crepe sul su vestito.
All’improvviso una vocina richiamò la sua attenzione: “Ehi cosa fai lì, ti sei perso?”
Una graziosa nanetta dalle guance rosa e dal vestitino giallo canarino era seduta sul gradino accanto alla porta.
“Veramente non lo so.”
“Beh, io mi chiamo Sophie, se vuoi puoi fermarti qui per stanotte, e farmi un po’ di compagnia. Tutti gli altri sono nel retro e io sono sempre sola.” La sua voce era così dolce che non poté resistere. Finalmente dopo tanto tempo sentiva rinascere nel cuore un briciolo di speranza.
Rimase con lei tutta la notte raccontandole le sue avventure e la mattina seguente Susanna lo trovò sulla soglia: “Che strano” pensò “questo nanetto assomiglia tanto a quello che ho venduto alcuni anni fa…” e vedendolo tutto sporco e sbiadito decise di ripulirlo: i suoi colori tornarono belli come un tempo e sulla sua bocca ricomparve il sorriso. Era talmente carino che lo sistemò accanto a Sophie all’ingresso.
Facevano proprio una bella coppia i due nanetti, tanto che Susanna decise di non metterli in vendita, ma di tenerli per sé.
Gerry rimase con Sophie ad accogliere i clienti all’entrata della bottega, e col passare dei giorni si accorse di sentirsi sempre meglio. Era sereno. Nessuna ansia o desiderio irrefrenabile di partire. Per la prima volta nella sua vita era felice di restare. Fu allora che capì: così come era capitato a Martin anche lui aveva finalmente trovato il suo posto nel mondo, la sua casa e non se ne sarebbe più andato.