Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Un amore rimandato, un amore ormai perduto” di Jessica Mannelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Un cambio capitolo corrisponde a una svolta di fatti. Un qualcosa che imprime il tuo cuore di battiti indimenticabili.

Io, il cambiamento non lo conoscevo. Avevo orari fissi per tutti miei trent’anni.

In uno sbaglio del tempo, io scoprii la svolta dei miei passi.

La mia storia, parte di un universo fuori dal mondo, ed io voglio raccontarvi l’evento che mi presentò all’amore.

Camminavo con la mente tra le nuvole. Ero leggermente arrabbiato perché il pullman delle 7: 30 era arrivato dieci minuti in ritardo.

Non amo essere in ritardo, non amo il cambiamento anche se si tratta di qualche minuto.

Tutto deve accadere all’ora stabilita.

Arrivai al bar , ma non fui il primo e mi irritai maggiormente.

<<Il solito, Lucia>> dissi senza salutare la cameriera e accomodandomi nel mio solito tavolino nell’angolo a sinistra del bancone.

Appena mi sedetti notai che davanti a me, tre tavoli più in là, c’era una splendida donna.

Capelli neri e mossi, un viso di porcellana e labbra succose d’amore, non vidi gli occhi perché portava gli occhiali da sole, ma li immaginai bellissimi di un nero notte.

<<Eccoti John>> sussurrò Lucia porgendomi un caffè macchiato e una brioche.

Le accennai un sorriso, senza guardarla.

Ero ipnotizzato davanti alla bellezza di porcellana, che non riuscì a rispondere alla cameriera.

In un minuto mi ritrovai innamorato e il minuto dopo già colto da una delusione, era troppo bella per me.

Rimasi, come ero solito fare, dieci minuti al bar.

Ero dispiaciuto, sarei rimasto tutto il giorno a guardare la Dea di tre tavolini più in là.

La mia vita mi guidò sui miei soliti cammini e la giornata volò.

Il giorno dopo decisi di andare a piedi al bar, solo per ritardare di dieci minuti e poter rincontrare la donna.

Fui felice quando vidi che era seduta allo stesso posto del giorno precedente.

L’ammirai e vidi che aveva al suo fianco un giovane esemplare di pastore tedesco.

Mi avvicinai e mi inchinai ad accarezzarlo.

<<È bellissimo il suo cane.

Come si chiama?>> le chiesi.

Lei guardava dritto davanti a sé e pensai che fossi stato scortese, poi la donna esibì uno dei migliori sorrisi d’angelo e disse: “Guide, è un nome inglese e io sono Linda tu invece?”.

<<John>> dissi timidamente, trovandomi fuori luogo, sudavo.

Guardai l’orologio e poi la donna, ma lei fissava sempre dritto davanti a sé.

“Sono troppo brutto per un tale bellezza” pensai e borbottai un saluto.

Ogni mattina mi sedevo al mio tavolo e la guardavo mangiare, sognavo episodi d’amore con lei.

Quasi non respiravo per non rovinare quella perfezione.

Tornavo ogni sera a casa con una mano che strappava il mio cuore. A volte piangevo pure e sgridavo Dio per avermi fatto così brutto.

La mattina mi resi conto che era meglio smettere di incontrare la donna, mi aveva sconvolto il tempo della mia vita.

Allora cercai di non incontrarla, ma il destino fece in modo che la vedessi.

Indossava un vestito nero che le faceva risaltare la pelle chiara e liscia.

<<Lucia sai già cosa voglio!>> le dissi, dirigendomi al mio tavolino, senza guardare Linda.

<<John, sei tu>> disse la Dea.

Fu come un sogno e il tempo staccò le sue precise lancette, fermando le parole nell’aria.

<<Si!>> le urlai, all’improvviso quei tre tavoli che ci dividevano erano diventati tre montagne insuperabili.

Mi ero paralizzato dalla felicità.

<<Se vuoi possiamo fare colazione assieme>> disse Linda cercando di scacciare l’imbarazzo che le colorava di rosa le guance.

Silenzio. Il mio cuore iniziò a danzare a ritmo brasiliano.

Io sorrisi e, cercando di non farmi vedere sorpreso, mi avvicinai.

Vidi che il cane era poco tranquillo, allora lo accarezzai.

Lei sorrise e io mi sedetti cercando di non far sentire la mia presenza in quel quadretto perfetto.

Le volevo dire che l’amavo, che al mondo non esiste nulla di così bello, ma mi sentii stupido e troppo brutto per Linda.

Chiacchierammo per molte e molte mattine e io ero felice, mi bastava starle vicino.

A volte volevo sfiorarle la mano, oppure toglierle gli occhiali, ma alla fine la osservavo senza far rumore e senza farglielo notare.

Una mattina mi svegliai e decisi che mi sarei dichiarato.

Camminavo quasi saltellando, era da un po’ che non portavo più l’orologio e lasciavo che fosse il destino a decidere il momento per ogni mia azione.

Arrivai al bar e il vuoto si mischiò al mio cuore. Linda non c’era.

Mi rassicurai dicendomi che aveva avuto un contrattempo.

La mattina dopo, la mia Dea mancò ancora e iniziai a sentirmi irritato.

Mi aveva lasciato, senza rivolgermi nemmeno un saluto. Sono brutto, ma ho un cuore.

<<John come sta Linda?>> mi chiese la cameriera, riportandomi alla realtà.

<<Scusa? E che ne so io.

È sparita, non mi ha nemmeno salutato>> le dissi chiudendomi come un bambino col muso.

<<Allora non lo sai? Guarda che ieri è stata investita>> poi fece una pausa e come se avesse letto nella mente, continuò:”Si trova all’ospedale San Marco, corri va>.

Rimisi i miei pensieri in ordine e con la speranza stretta in pugno, corsi veloce.

Arrivai in ospedale e il mio cuore si spense in un profondo dolore.

<< Perché, perché>> urlai.

I dottori non hanno avuto tempo per curarla. “Dio, un giorno non basta per salvare una vita” pensai.

 Il dottore che mi aveva dato la notizia mi guardava dispiaciuto.

<<Venga, le concedo un minuto per salutarla>>.

Guardavo tutto il mondo appannarsi tra le mie lacrime, mentre ci dirigevamo verso il letto di morte dell’angelo.

Vidi che un uomo le teneva la mano e piangeva. Pensai che fosse suo marito e che forse non avevo il diritto di amarla.

Mi voltai per seguire fuori dalla stanza il dottore, ma l’uomo mi disse: “No, non se ne vada.

È stato un incidente, lei si è buttata sotto la mia auto.

Cercava di riprendersi il suo cane”.

<<Ci teneva molto a Guide>> dissi tra me.

Decisi che volevo vedere almeno una volta i suoi occhi.

Mi avvicinai al letto e l’uomo uscì dalla stanza per non disturbare il mio addio.

Baciai le mani di Linda, poi le sue labbra serrate e in fine il suo cuore con le pile scariche di vita.

La sfiorai dolcemente e infine le aprii le palpebre.

Cos’è l’amore?

È un attimo di creazione, è il più bel ritornello di una canzone che non smette di suonare la nostra mente.

È una parola che non si ferma dopo averla pronunciata.

È uno sguardo.

Quel giorno, scoprii che l’amore è cieco e non solo lui, ma anche la mia cara Linda.

Almeno tu, non rimandare mai a domani.

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