Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2011 “La corsa delle fate” di Ivano Bisozzi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2011

I) Vediamo un arma da fuoco sulla scrivania. Poco più in là, tra il disordine di fogli accartocciati e libri mal riposti, c’è una bottiglia di brandy e un bicchiere vuoto. CARLO impugna l’arma e se la poggia sulla tempia. Socchiude gli occhi. Improvvisamente suonano alla porta. Carlo sobbalza, poi torna il silenzio. Si avvicina un’altra volta la pistola alla testa, ma il suono del campanello lo dissuade ancora. L’uomo abbassa il revolver e accenna un sospiro di impazienza. Ripone l’arma in un cassetto, prende il bicchiere, se lo porta alla bocca e gusta l’ultima lacrima di brandy. Si alza e percorre il lungo corridoio. Ora il suono del campanello è insistente, incessante. Carlo apre la porta di casa. È MARTINA. La ragazza ha un aria trafelata, il fiato grosso, e lo saluta con un sorriso.  Esclama: “Mamma mia che corsa!” sbuffa e ripete “mamma mia, che corsa!” poi sorride di nuovo.

II) Martina è seduta al tavolo della cucina, Carlo le versa del caffè in un bicchiere da liquore. Martina spiega a Carlo il motivo della sua visita inaspettata. Gli dice che vuole il suo aiuto per girare un cortometraggio cinematografico. Carlo possiede tutta l’attrezzatura di cui lei ha bisogno. La ragazza non può realizzare il video senza la sua collaborazione. Sono ormai anni però che Carlo ha smesso di girare. “Prendi tutto il materiale, te lo regalo. Portati via quello che vuoi” risponde Carlo. Martina tenta di convincerlo. Gli parla di un concorso a cui vorrebbe partecipare con il corto. Carlo è scettico e parla chiaro, chiede a Martina se il vero motivo della sua visita risieda in una vecchia cotta che tempo addietro lei aveva per lui. Martina nega, lo rassicura, e continua a parlare del suo progetto. Carlo però è fermo sulla sua decisione. Non vuole saperne nulla. Allora Martina gli chiede un ultima cortesia. Lo implora a recarsi con lei alla periferia della città per avere dei consigli su delle location da utilizzare per le riprese. È solo una questione di pochi minuti. Insiste, e infine Carlo accetta di accompagnarla.

III) I due ragazzi camminano al centro di una piazza semideserta. Poco più in là scorre il fiume che taglia in due la città. Lei cerca di trasmettergli entusiasmo illustrandogli il concorso a cui vorrebbe partecipare. Sogna a occhi aperti e indica a Carlo i luoghi che ritiene buoni per girare,  le prospettive e le inquadrature. Carlo non condivide le idee di Martina e inizia a darle suggerimenti. Martina non ci sta, insiste sulle proprie convinzioni e alla fine i due si accaniscono sulla scelta o meno di alcuni effetti luce da sfruttare. Carlo a un tratto diventa silenzioso. Si fa scuro in volto. È come se un velo gli sia calato innanzi agli occhi. Le dice che lui di luce non ne sa più niente. Usa una sottile ironia su se stesso. Le dice che ormai attraverso i suoi occhi non c’è barlume di luce che riesca a filtrare. La ragazza lo ha appena lasciato proprio a causa del suo malessere e ciò ha peggiorato gravemente il tono del suo umore. Poi sospira profondamente, si sforza di tornare in se e chiede a Martina: “dimmi un po’, parli di luci e inquadrature, ma ancora non mi hai detto che tipo di storia vorresti girare” Marina tira su le spalle e con sufficienza risponde: “ancora non lo so, ho in mente solo qualche spunto”

IV) Carlo e Martina osservano  il fiume. Martina gli dice che vuole scrivere qualcosa di fiabesco, una storia che parla di un messaggio postumo; il massaggio di una persona cara, che il protagonista trova per caso all’interno di una bottiglia trasportata dal fiume. Per la prima volta vediamo Carlo ridere di cuore, a crepapelle. Dice a Martina che la sua è un’idea banale, sciocca. Lei è lapidaria. Lo sfida: “sono certa che se vedi la ragazza che ho immaginato come attrice, ti convinci a scrivere questa storia insieme a me”. Carlo risponde a tono: “chi sarebbe questa regina? chi è la principessa che dal castello lancia rose e bottiglie nel fiume per essere ascoltata dal suo eroe?” Martina controbatte: “Non fare lo spiritoso, se è come dico io, ci vediamo domani alle quattro del pomeriggio e iniziamo a buttare giù qualche idea. Sei d’accordo?” Carlo accetta la sfida: “chi sarebbe questa pseudo attrice?” Martina indica un chiosco di gelati poco lontano da loro. “Lavora lì. Vai, avvicinati, se la reputi all’altezza delle tue aspettative artistiche proponele di recitare. Ti aspetto qui”

V) Carlo è incerto. Si avvia verso il chiosco e ogni tanto si gira a guardare Martina che con la mano gli fa segno di proseguire, mentre lui accenna di tornare indietro. Carlo è ora di fronte alla ragazza. Le chiede il nome. Si chiama ELEONORA. Le rappresenta l’intenzione dell’amica di girare un cortometraggio, le parla del concorso e le chiede se sarebbe disposta a recitare. Martina osserva Carlo ed Eleonora da lontano con uno sguardo carico di dolcezza e tristezza assieme. Eleonora dice a Carlo che non ha nessuna esperienza nel settore, ma le farebbe piacere provare. Lei è molto bella e lui non sa nascondere il suo imbarazzo. I due si salutano con una affettuosa stretta di mano. Carlo si volta, ma non vede più Martina. L’amica se ne è andata.

VI) Carlo è in casa. Sorseggia un brandy intanto che pulisce l’obiettivo di una telecamera. Guarda l’orologio. Sono le quatto in punto. Guarda ancora: sono le quattro e cinque minuti, le quattro e dieci, le quattro e un quarto. Telefona. Il cellulare di Martina è irraggiungibile. Compone un altro numero. Risponde un uomo. “Ciao, sono Carlo, sto telefonando a tua sorella ma non risponde. Non vorrei che si sia ingelosita per una cosa che è successa ieri pomeriggio. Doveva venire qui, ma ancora…” la voce dell’uomo lo interrompe. Gli dice che Martina ha perso la vita il giorno prima in un incidente. Afferma inoltre che non è possibile che lui l’abbia vista all’ora che ha detto, perché l’orario coincide con quello in cui la sorella è morta. Carlo è al telefono, seduto di fronte a una parete poco illuminata. Lascia cadere in terra il bicchiere con il liquore.  

Stacco  

VII) Vediamo una bottiglia legata a un filo di nailon che viene trascinata lungo il fiume. Carlo, con Eleonora a fianco, sta dietro la telecamera e inveisce contro il ragazzo che tiene il filo in mano. “Stop! te l’ho detto 100 volte, non devi tirare forte sennò il movimento della bottiglia non sembra naturale e si intravede il filo che esce dall’acqua. Forza, facciamone un altra”

VIII) Carlo sta montando il backstage del cortometraggio davanti allo schermo del computer.  Si vede lui che ride e scherza con la troupe e si scambia un bacio sulle labbra con Eleonora. Improvvisamente un riflesso di luce brucia le immagini. Carlo riavvolge la pellicola. Si ferma sul fotogramma sovraesposto che lo ritrae con Eleonora. Un bagliore fende l’immagine lateralmente creando un effetto ottico particolare. Carlo sfiora il monitor con le dita. Ascoltiamo Carlo in voce off: “Un movimento sbagliato della macchina da presa, e un riflesso di luce colpisce l’obiettivo… pensi che è tutto da rifare, ma poi, in fase di montaggio, capisci che è proprio quella l’immagine che cerchi”

IX) Vediamo Carlo che va a prendere Eleonora all’uscita dal lavoro, mentre continuiamo a sentirlo in voce off: “Quel concorso non lo vinsi, ma vinsi nella vita. Martina era arrivata appena in tempo per portarmi via dal male e se ne era poi andata in silenzio, dopo avermi accompagnato tra le braccia di Eleonora…” Carlo ora è seduto da solo di fronte al fiume. “A volte torno qui… con un senso di fierezza addosso che mi invade l’anima fino quasi a non farmi più respirare, rimango a fissare il fiume e mi chiedo: cosa direbbe Martina se adesso fosse qui? Allora mi rispondo che le fate non muoiono mai, e nel silenzio più bello che abbia mai ascoltato, mi sembra di sentire ancora la sua voce che dice: ‘mamma mia, che corsa!”

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8 commenti »

  1. molto toccante. la progressione della storia è coinvolgente. complimenti

  2. Bravo. Il racconto mi è piaciuto. Mi ha fatto riflettere

  3. Grazie Claudia F. grazie Tato per i vostri commenti. Sono contento che il soggetto vi sia piaciuto

  4. Davvero molto bello.
    Soprattutto il messaggio di speranza e mi viene in mente: “Dopo la tempesta, arriva sempre l’arcobaleno”.
    Il protagonista è convinto che non ci sia più nulla che meriti di essere vissuto e ha modo per ricredersi. Una seconda chance, insomma.
    Questo corto tocca le corde del cuore!

  5. Bello. L’ho letto più volte e ogni volta ho notato qualche particolare che mi era sfuggito. Ad es. obiettivo – luce – esposizione, in contrapposto al malessere, alla mancanza di spiragli di luce del protagonista; la bottiglia col liquore che viene sostituita dalla bottiglia-messaggio usata per girare la scena sul fiume, ecc. (forse è solo una mia chiave di lettura, non vorrei essere stato invadende con le mie osservazioni).

  6. Grazie Jessica, mi ha fatto piacere ricevere un commento da te che con le tue storie hai dimostrato una spiccata sensibilità. grazie ancora

  7. Davvero bello. Il finale è inaspettato o, almeno per me, era inaspettato. La scoperta della morte di Martina è stata come il tonfo di una pietra che cade in un fiume, ma il messaggio è dolce e carico di speranza. E, a proposito di fiumi, ho immaginato che quello della tua storia fosse il Natisone, il fiume di Cividale del Friuli, che per me è il paese delle fate. Il posto perfetto per la tua fata Martina.

  8. Grazie Rita. A Cividale del Friuli non ci sono mai stato, ma sono contento che il racconto ti abbia evocato un luogo che consideri “il paese delle fate”
    Grazie Alessio. Non è facile rispondere con poche parole alle tue domande. La scelta di includere nel racconto uno strumento deputato a “catturare” la luce come l’obiettivo, non è stata casuale. anzi é uno dei punti centrali della storia. la metafora legata alla bottiglia invece è stata involontaria. mi interessava solo inserire il concetto del messaggio postumo e mettere in bocca a martina una idea banale e redicola che suscitasse la reazione del personaggio. ho pensato altre soluzioni perché sapevo che parlare di bottiglie e di messaggi era comunque rischioso, ma poi ho lasciato tutto com’era perché ho ritenuto che il dettaglio della bottiglia fosse tematico e contestualizzato. non potevo chiudere il racconto con il personaggio che si scolava un altro bicchiere di brandy, la “bottiglia” in un modo o in un altro doveva “scivolare” via.

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