Premio Racconti nella Rete 2011 “Un vecchio, un libro e un bambino” (sezione racconti per bambini) di Monica Gabbarrini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011C’era una volta un vecchio che non sapeva leggere.
Viveva in una piccola casa dal tetto rosso in mezzo ad un campo. Viveva da solo. Non aveva un gatto a farli compagnia, non aveva neanche un cane. Si alzava con il sole e con il sole andava a dormire. Se era estate, passava le sue giornate nel campo a parlare con i pomodori. Erano dei bei pomodori rossi. Se era inverno, si sedeva davanti al fuoco, chiudeva gli occhi e pensava.
C’era una volta un libro.
Non era un libro come tutti gli altri. Era un libro magico. Aveva le ali e volava. Volava libero nel cielo, non era mai appartenuto a nessuno, nessuno sapeva cosa ci fosse scritto fra le sue pagine. Un giorno d’estate, mentre stava volando sopra ad un campo, si sentì un po’ stanco e di fermò a riposare sul tetto rosso di una piccola casa.
E vide il vecchio.
Era nel campo e parlava, ma lì intorno non c’era nessuno. Il libro volò fino a lui facendo molta attenzione a non farsi vedere. Il vecchio parlava e parlava. Stava parlando ai pomodori! Il libro non riusciva a sentire cosa dicesse, ma doveva essere qualcosa di importante, perché aveva la faccia seria seria. Pareva che i bei pomodori rossi stessero ascoltando, perché erano tutti protesi verso di lui. Ad un certo punto,all’improvviso, il vecchio si voltò. Vide il libro.
Il libro, spaventato, se ne stette immobile, le ali ben ripiegate dentro alla copertina, il vecchio venne verso di lui, lo prese, lo guardò, lo aprì, lo sfogliò rapidamente e disse: “Non c’è neanche una figura”. E se lo mise in tasca. Quando rientrò in casa, lo chiuse in un cassetto e lì restò.
Passò un giorno, ne passò un altro e un altro ancora.
Poi il vecchio aprì il cassetto, prese il libro, lo aprì e cominciò a scorrere con il dito su quei segni neri stampati nelle pagine bianche, riga dopo riga, pagina dopo pagina.
Da quel momento portò il libro sempre con sé. Passarono i giorni. Il libro non se ne era più andato. Aveva avuto tante occasioni per volare via, ma era rimasto. Non sapeva perché, sapeva solo che era la cosa giusta da fare.
C’era una volta un bambino.
Aveva otto anni. Non gli piaceva giocare a pallone. Gli piaceva leggere. A volte si nascondeva nel ripostiglio e leggeva, leggeva, fin quando la mamma lo chiamava. La mamma faceva la fornaia. Erano solo loro due. A lui piaceva l’odore della mamma, sapeva di pane appena sfornato. Le sue mani erano morbide e bianche. D’estate il bambino aiutava la mamma con le consegne. Il paese era piccolo e lui andava a piedi. Teneva la cesta sottobraccio. Dentro, avvolti nei sacchetti di carta, c’erano i panini. I panini della sua mamma.
C’era solo una casa fuori paese. Era in mezzo ad un campo, una piccola casa dal tetto rosso. Lì non era mai andato. Ci andava la mamma quando chiudeva la bottega. Lui l’aspettava a casa, preparava la tavola e intanto leggeva.
Un giorno la mamma si fece male. Inciampò e cadde, la caviglia divenne tutta gonfia. Camminava zoppicando. Però non si lamentava. La mamma non si lamentava mai. Le persone che venivano nella bottega si lamentavano di tutto, la mamma rispondeva sempre con un sorriso e continuava a infilare panini nei sacchetti. Quel giorno che la mamma si fece male, andò lui alla casa dal tetto rosso. Appoggiò il sacchetto del pane sul muretto, prese le monete e se ne andò. La mamma gli aveva detto di fare così. Anche il giorno dopo era andato lui. E quello dopo ancora. Non vedeva mai nessuno. Non faceva mai domande su quella casa però un giorno chiese alla mamma: “ Chi abita nella casa dal tetto rosso mamma?”. “Un vecchio”, rispose lei e finì lì.
Lui trovava le monete sul muretto, le prendeva e lasciava il sacchetto del pane. Ogni giorno così.
Una volta accadde però che le monete non c’erano. Il bambino lasciò il sacchetto e se ne andò. Poi si fermò. E se fosse accaduto qualcosa al vecchio? Tornò indietro e aprì il cancelletto. Salì i due scalini della casa e bussò. Nessuna risposta. Fece allora il giro e trovò il vecchio seduto in mezzo ai pomodori. In mano teneva un libro aperto e con il dito scorreva lungo le righe. Non fu sorpreso quando vide il bambino, guardò l’orologio e borbottò qualcosa, prese le monete in tasca e gliele diede. Da quel giorno il bambino non lasciò più il pane sul muretto. Apriva il cancelletto, faceva il giro della casa e lì trovava il vecchio. Stava un po’ e poi se ne andava. Il vecchio aveva sempre in mano il libro. E un giorno glielo regalò.
“Tanto io non so leggere” disse.
Il bambino pensò che il vecchio era stato molto generoso. Quando andò a casa lo aprì. “C’era una volta un bambino. Si chiamava Antonio”,cominciava così e lesse qualche pagina finchè la mamma lo chiamò.
Il giorno dopo, il vecchio cominciò a raccontargli la storia della sua vita, di quando era bambino come lui.
Il bambino ascoltava.
Gli pareva di averla già sentita quella storia, ma dove? Poi si ricordò! Somigliava tanto al libro che stava leggendo, ma non disse nulla. Quando tornò a casa continuò a leggere.
Da quel giorno, ogni volta che il vecchio gli raccontava un momento della sua vita, lui già sapeva quello che avrebbe detto. Le parole del vecchio erano le parole del libro. il bambino non parlava mai, ma un giorno gli chiese: “Tu come ti chiami?”. “Antonio. Mi chiamo Antonio”, rispose il vecchio. La sera prima il bambino aveva finito il libro. Si avvicinò al vecchio e lo abbracciò forte. Tornò a casa correndo. Spalancò la porta, corse sulle scale, corse fino al ripostiglio, entrò, il libro non c’era più.
Un vento leggero entrava dalla finestra aperta.
Il vento, lo spirito, l’anima, ti danno e riprendono poi, dopo aver riversato su di te tutta la rugiada che alimenterà la tua di anima. Gli adulti si sono persi nel rincorrere quotidianamante farfalle che non prenderanno mai; i vecchi e i bambini soltanto sono in grado di ascoltare la voce del vento, di quello spirito, che sta dentro la loro anima e che scrive le pagine della vita che nessuno mai scriverebbe e nessuno mai leggerebbe e leggerà, perchè la voce del vento non è per gli orecchi di tutti.
Questo racconto comunica amore per la vita e per alcuni dei suoi valori più belli. Mi pare che anche gli adulti non faciano poi una così brutta figura: questa mamma é finalmente un personaggio femminile positivo, che neppure le donne, ahimé tendono troppo a rappresentare.
GRAZIE MOICA
Mi sono venue in mente le atmosfere del racconto di Jean Giono l’uno che piantava gli alberi quando un’intera vita diventa storia e insegnamento per gli altri