Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Vento” di Domenico Di Cesare

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Ho fotografato l’amore.

Eh sì, è proprio lui. Molto più grande di me, ma l’ho subito riconosciuto.

Ho fotografato l’amore.

Non c’è stato nessuno scatto. Anzi, si. È stato un battito di ciglia, un chiudere gli occhi.

Parole? No, solo quello stringersi in uno sguardo.

Ho percorso strade impervie, sassose, irte di imprevisti. Cespugli, spine. Verde poi giallo.

Ho viaggiato foreste e poi steppa. Neve e sole. Nudo. Poi vestito di vento bianco.

In principio era tutto. Poi, la paura del silenzio.

Le parole tra noi due hanno calpestato praterie. Frasi al galoppo. Furia. Tempesta.

Poi, e poi. Poi la paura di confrontarsi “sai, ho una reputazione. Qui da me, per tutti sono lo sciupafemmine”.

Oddio, essere.

Apparire in un mondo di maschere.

Paura della paura. Si, ma quello è il panico, un’altra storia.

L’ansia non è apparenza, è uno stato d’animo, è essere.

Soffri paure oscure, ancestrali, sconosciute, anche se poi è solo il nostro respiro.

Solo, si fa per dire.

Un respiro cos’è per chi soffre. Fa male. È un dolore sordo che schiaffeggia il cuore. Un terremoto che non sgretola muri, ma allo stesso modo resta, dentro.

Gli altri non lo avvertono ma noi, io, non sono più libero di essere aria.

Cos’è un respiro. Avrei voluto dirglielo cos’è. Ma non c’è modo di sviluppare una fotografia scattata nell’animo.

Io riesco a vederne i colori, le sfumature, e fors’anche altro. Un profumo. Un confronto.

Ma cos’ho dentro. Ora un rumore piatto. Ma non so spiegare cosa sia un rumore piatto. E allora posso scrivere solo della mia anima.

Vedo tanti colori. Coriandoli.

Lui non immagina nulla di questo e così, vorrei fosse vento. Un vento che venga a visitarmi dentro e lasciare esplodere quel cumulo di coriandoli. In un attimo quel mucchietto di carta farlo diventare festa. Farfalla. Sorriso.

Nessun contatto.

In lui non ho visto un corpo ma solo sensazioni. Parole pulite. Scritte su uno schermo bianco.

Ma il foglio di uno schermo è facile da pulire, da cancellare, da riscrivere. Non restano macchie d’inchiostro, perché la penna è strumento antico.

Ma io la so essermi amica e così ho voluto prenderla in mano una penna.

E ho viaggiato. Coricato nel mio letto, ho viaggiato.

Madido di sudore, macché, forse gocce di rugiada. Stille che mi hanno fatto compagnia in questa notte, nello scrivere poche righe, lente, soffiate, ricche di me.

Vivo.

Vivo i miei respiri. Gli stessi che un tempo sono panico e poi aria pura.

Vedo.

Vedo un fiore cremisi specchiarsi al sole. Un fiore che poi sa essere ghiaccio.

Amo.

Amo quelle prime parole. Sincere e pure, candide come il bianco del silenzio.

Poter vivere d’amore è l’esser capaci di diventare uno. E solo la risposta a domande ti veste dell’altro. Nulla da nascondere, ma tanto da dirsi. Guardarsi e essere. Solo allora amarsi.

E ora è il momento di tuffarsi nel vento.

Ho provato a rileggere queste righe, rughe, e so che non c’è nulla da correggere. È tutto chiaro.

Ho pensato che questo dichiararmi può anche essere un modo per farmi leggere da mia madre.

Si. Leggimi anche tu fantastica donna, che nel dolore hai partorito quest’anima. Tu, e solo tu, sai essere madre. E allora amami e continua ad amarmi come tuo figlio, anche se non puoi nuotare con me nel vento. Prega. So che tu lo fai. Per me non ha senso.

Vedo ancora gocce di sudore. No, rugiada. No, madre, sono lacrime. Le tue lacrime.

Perché, non capisco. Mi hai sempre detto di essere. Mi hai insegnato l’onestà, il rispetto.

Ecco, sono tutto questo. Non ho tradito nessuno dei tuoi valori.

Ero timoroso di raccontarmi ma quest’aria negra mi ha illuminato.

Le lacrime che vedo non sono dolore. Anche quello è un modo d’essere.

Ora madre raccogliamo insieme quello che hai seminato in me.

So che devo farmi leggere. Da te. Da lui.

Sono certo che non potrà capire fino in fondo. A un’anima, spesso, si preferisce un corpo.

Ma va bene lo stesso, che dici? Sono felice di aver respirato quello che sono. Quello che sento.

Un rumore. Sembra niente. Bianco.

Una musica. Solo fantasia. Illusione.

Un sorriso. Aria pura. Vento.

Ho fotografato l’amore.

Eh sì, è proprio lui. Molto più grande di me, ma l’ho subito riconosciuto.

Ho fotografato l’amore. Tu.

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2 commenti »

  1. Testo molto poetico e intenso! Davvero bello. Complimenti!

  2. Una poesia in prosa per descrivere con dettaglio un ricco mondo personale di sensazioni. Un bisogno di comunicare sentimenti ed emozioni, che raggiunge il lettore che può, se vuole, interpretare e riferire a sé stesso quanto riceve. Tanti i modi di respirare e sospirare che siamo capaci di sperimentare. Ognuno di essi è articolato ed originale, mai identico a sé stesso, non sempre è facile comunicarne il suo significato profondo alle persone importanti che ruotano intorno alla nostra vita, mentre noi ruotiamo intorno alla loro. Non tutte possono comprendere pienamente e nello stesso momento i nostri vissuti , ma è già molto importante che noi li esperiamo e, superando i nostri timori, che troviamo la forza per esternarli. Possiamo contemporaneamente fissarli nella pellicola indelebile dell’anima. Un giorno troveremo di sicuro le parole più appropriate per raggiungere finalmente tutti.

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