Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “La fabbrica delle donne. Una storia di donne-coraggio” di Bruno Ranucci

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

      La nostra storia si occupa di giovani tabacchine che alla fine degli anni ’50, in un tabacchificio di Sparanise, un piccolo paese del casertano, che impiegava fin dalla sua nascita personale prevalentemente femminile, circa 400 donne, seppero scrivere pagine gloriose con le loro lotte per acquisire una dignità di donna che la società di quei tempi non le riconosceva.

     Con i loro sacrifici molte di loro lì maturarono una nuova coscienza di donna e di lavoratrici, lì conquistarono una nuova collocazione nella società, consapevoli dei loro diritti e del loro nuovo ruolo non solo in famiglia.

    Certamente la nuova condizione operaia di quelle donne, passate da casalinghe o braccianti a operaie, articolò, in qualche modo, la voce balbettante di quante, fino ad allora, quasi non avevano avuto, per consuetudine, direi, ancestrale, diritto di parola sulle loro scelte di vita, costringendole ad imparare presto la grammatica dei loro nuovi diritti.

     Cominciarono, così, a nutrirsi di aspirazioni che potevano pretendere di realizzare: la loro “potenza di esistere”, per dirla alla Spinoza, si accrebbe; il loro sguardo poteva sollevarsi, finalmente, al di sopra dell’orizzonte quotidiano e fuori da una prospettiva di un volgersi triste e prevedibile degli anni.

     La chiusura del tabacchificio sancì la fine di un percorso di crescita individuale insieme alla fine di una speranza di cambiare il proprio destino e, con esso, quello di una intera comunità.

     In effetti, è una storia che “doveva” e poteva essere narrata solo coralmente, con testimonianze dirette, attraverso i ricordi di chi venne a contatto con quel mondo, di chi lì cambiò la sua condizione, cullando le speranze di una vita migliore, di chi, sempre lì, maturò una sua nuova coscienza di donna e di lavoratrice,

     Attraverso commoventi testimonianze si sono potute apprendere quali furono le condizioni di quelle donne  e i loro problemi di vita e di lavoro collegati alla loro nuova collocazione sociale, ad una difficile conciliazione dei tempi famiglia-lavoro. E anche le loro aspirazioni, i loro desideri, i loro sogni collegati a un possibile raggiungimento del grado di parità uomo-donna, un traguardo ancora oggi quasi irraggiungibile.

     Per tante donne impegnate lì, quell’edificio, forse, era considerato, come in una fiaba, un “castello” dei loro sogni, delle loro aspirazioni, dei loro progetti.

     Forse si erano anche illuse che non sarebbe mai arrivato il drago cattivo a mandarlo…in fumo con tutte le loro fantasie.

     Poi, invece, tutto è finito.

     E così, come ogni brutta favola che si rispetti, tutto è precipitato, finito, cancellato persino dalla memoria della gente, tanto che molti non sanno veramente cosa “c’era una volta”…

    L’uomo – ammonisce Platone – ha conoscenza perché ricorda. Quando manca il ricordo, viene a mancare la testimonianza che, spesso, è il mezzo per non voler dimenticare anche gli orrori, le vergogne, le delusioni  –  e che permette agli individui di crescere, confrontarsi, migliorare e, alla collettività, di non essere sopraffatta e di ripensare agli errori per non ripeterli.

     La memoria introduce anche il sentimento della speranza che, per definizione, dovrebbe allontanare l’indifferenza e animare chi confida nel valore del passato su cui riflettere, elaborare, ragionare.

     Ecco perché questo tentativo di rievocare un tempo che fu, contando sul ricordo delle persone avvicinate, deve essere considerato con attenzione, non per giudicate persone e avvenimenti ma per un’analisi di “come eravamo” e di come saremmo potuti diventare.

     Ma, anche, paradossalmente, di come potremmo ancora diventare, se sapessimo apprezzare i sacrifici, le passioni, le vittorie e le sconfitte di quelle donne che, con umiltà ma anche  con tanto orgoglio, in tempi eroici, furono le migliori rappresentanti della nascente classe operaia.

     Le testimonianze raccolte sono storie di amicizie e di solidarietà di donne, che seppero trovare il coraggio di mettere in gioco la loro esistenza ed entrare nella storia, quella nuova, fatta, finalmente, anche dalle donne, con forza e determinazione.

      Storie di lotte di donne con la rievocazione delle loro condizioni e vicende familiari e personali, con le confessioni dei loro desideri, delle loro aspirazioni, dei loro sogni, donne (spesso giovanissime) che s’impegnarono per loro e per gli altri al grido di “non solo pane, ma anche diritti” a suon di scioperi e di disobbedienza, per acquisire una nuova dimensione sociale, oltre che a guadagnare migliori condizioni di  sicurezza sul lavoro, una riduzione di orario, un aumento della paga; donne che gettarono i semi per  raggiungere una parità salariale tra i sessi: una vera e propria bestemmia a quei tempi!

     Storie di emancipazione di donne, molte delle quali oggi nostre nonne, sicuramente un simbolo nei primi anni ’60, agli albori di quel  movimento femminile che si sarebbe esteso in tutta Italia solo dalla metà degli anni ‘70.

     Furono le “pioniere”, circa mille, che si alternarono nel corso di circa 50 anni nel lavoro in quella “fabbrica delle donne”,  riunite nei sindacati, per raggiungere, insieme, un nuovo ruolo nella famiglia, sul lavoro e nella società e far avanzare l’intero paese trascinandolo con forza nella modernità dei tempi.

     Che emozione sentire le storie di ragazzine che riuscirono a risollevare miseri bilanci familiari; di donne che permisero alla famiglia di far continuare a studiare i figli dopo la scuola dell’obbligo, che potettero cambiare tenore di vita, stipulando mutui per una casa nuova o fittando un pezzo di terreno da coltivare nei periodo di interruzione del periodo di lavoro stagionale,; racconti di donne, che riuscirono a guadagnare la stima dei vicini, dei conoscenti, di un intero paese, orgogliose di aver raggiunto una posizione economica stabile; che vennero riconsiderate in famiglia che riconobbe loro un ruolo insostituibile.

      Queste tabacchine sono figure femminili autentiche e universali, quasi degli archetipi, perciò le loro vicende colpiscono profondamente l’immaginario e restano nel cuore.

      La loro storia ci riporta a quei tempi difficili del paese del secondo dopoguerra, anche perché dentro questa storia ce ne sono mille altre.

     Come un fiume trascina detriti, rocce, rami, piante e animali, così questa storia rapisce, evoca sacrifici, voglia di riscatto da parte dei più umili.

     Nelle foto d’archivio sono belle e libere quelle ragazze durante la pausa di lavoro di quei tempi: hanno i capelli  curati e sorridono orgogliose di appartenere a quel nuovo mondo del lavoro; sono felici nelle foto dei loro viaggi aziendali, alla scoperta di paesi esotici,  per loro pieni di fascino.

    Certamente le donne che hanno lavorato dopo gli anni ’70/80 sanno poco delle tante battaglie combattute da chi le ha precedute per assicurare loro condizioni lavorative più sicure e più salubri, totalmente mancanti agli inizi del funzionamento di quella fabbrica.

    Oggi, a tanti anni di distanza dall’ingresso delle prime donne nelle fabbriche, molte cose sono cambiate nel mondo del lavoro e dell’industria. Le fabbriche del Duemila sono il paradigma dell’Industria 4.0, con processi produttivi tecnologicamente avanzati, attenzione alla sostenibilità in termini di sicurezza e “bellezza” del luogo di lavoro e innovazione dei prodotti per meglio adattarsi alle “sfide digitali” e ai nuovi ritmi della produzione.

      Ma queste sfide del futuro sono anche frutto dell’impegno di quelle “pioniere” che provenivano da un mondo quasi arcaico che si credeva immutabile e che hanno, invece, trascinato le loro forse inconsapevoli eredi nella modernità.

     Quella delle tabacchine è una storia finora taciuta o, almeno, troppe poche volte raccontata, ma che restituisce appieno il concetto dell’emancipazione femminile: il movimento delle tabacchine o delle “tabaccherecosì venivano chiamate le donne che lavoravano le foglie di tabacco.

    Grazie a quel lavoro non solo riuscirono a migliorare la qualità della loro vita, per la nuova sicurezza economica, ma diedero anche inizio a quel famoso processo di avanzamento sociale che avrebbe più tardi caratterizzato tutto il mondo del lavoro, offrendo una “faccia contraria di quel Sud ingiustamente accusato di arretratezza, inerzia e rassegnazione”.

    Non dimentichiamoci che, fino a qualche anno prima, nel Meridione d’Italia, ancorato a un retaggio patriarcale da “Dio, Patria e Famiglia“, vedere le donne al lavoro o i figli degli operai nelle scuole comunali assieme ai figli dei “ricchi” era una conquista.

     Nelle parole di molte donne, specialmente le più anziane, è rimasto ancora il ricordo della loro voglia e determinazione di ritagliarsi uno spazio d’indipendenza all’interno della società, acquisendo coscienza dei propri diritti senza mai perdersi d’animo e delle loro lotte, anche quando c’era il rischio di un licenziamento o di un mancato rinnovo,per i diritti degli altri, per i diritti di tutti, perché nessun posto di lavoro  fosse a rischio.

     Tutti questi “ricordi” sono il racconto di quell’embrionale emancipazione femminile, lenta e piuttosto sconosciuta nel nostro territorio, strappata ad un antico mondo patriarcale che si tentava di mutare, perché anche una donna voleva essere qualcosa di diverso dal suo destino segnato, voleva avere aspirazioni come gli uomini, poter essere qualcosa di più e di meglio di ciò che era e che per questo lottò insieme a tante altre, convinte di un cambiamento: un’epopea ormai sbiadita che, per questo, ha bisogno di essere narrata.  

      Utili testimonianze dirette di chi ha vissuto un tempo lontano, il secondo Dopoguerra, quando c’era un’Italia da ricostruire. ma ancora estremamente attuale, perché la storia di quelle donne è anche storia dei giorni nostri, delle nostre case e delle nostre famiglie, anche se di esse si è raccontato sempre poco.

      Per questo è particolarmente importante ricordare l’operato di queste donne-coraggio, che sono nostre nonne a cui tutti devono guardare con grande orgoglio.

      Sta a tutti noi non disperdere questa preziosa eredità.

(N.B.: le preziose testimonianze di ex lavoratrici oggi più che ottantenni (!) veri e proprio documenti storici e a cui ci si riferisce nel testo, non sono allegate per non superare la lunghezza prevista per l’elaborato) ma sono a disposizione di quanti vorrebbero averne copia.

La storia delle donne si costruisce

sulla memoria di ciascuna.

Il racconto della vicenda personale femminile,

con la sua contrastata e indomita

aspirazione alla propria realizzazione,

fa di essa argomento e materia di storia.

(Anna Maria Longo

Storica dirigente Movimento Femminile)

La storia della povera gente

non la scrive nessuno.

(Anonimo)

Non esiste la storia muta.

Per quanto le diano fuoco,

per quanto la frantumino,

per quanto la falsifichino,

la storia umana

si rifiuta di tacere.

(Edoardo Galeano

Giornalista e Scrittore)

Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente.

Hanno sempre dovuto portare due pesi,

 quello privato e quello sociale.

Le donne sono la colonna vertebrale della società.

(Rita Levi-Montalcini

Premio Nobel per la Medicina 1986)

Quante donne avrebbero meritato

un posto nella Storia umana

 e sono sparite da essa perché

 un mondo di maschi ha deciso

 di non concedere loro pari dignità?

 Un vero genocidio, se ci pensate.

(Donato Carrisi

 “La donna dei fiori di carta”)

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