Premio Racconti nella Rete 2025 “Al di là del giardino, frammenti di generazione X” di Laura Sabatini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025Il giardino era silente, all’improvviso, una voce di bambina si diffuse nell’aria…
“Giorgio passa la palla che faccio un tiro alla Van Basten!”
Due bambini, nell’immenso parco della villa di famiglia, si scambiavano passaggi tentando di emulare i loro idoli, quel Milan, che li faceva sognare ad occhi aperti. Era un po’ un modo per sentirsi parte di qualcosa, in un giardino di antenati importanti, di cui non capivano l’essenza.
La mamma di Elisa, sebbene sessantottina, non vedeva di buon occhio che la figlia giocasse a calcio coi maschi… “Elisa, ti rovini le gambe”, “sei un maschiaccio, dedicati alla musica”, diceva.
Erano gli anni ’80 del 1900, Elisa non riusciva proprio a sopportare certi cliché, “se le donne sono così scarse, voglio essere un maschio!” ripeteva tra sé e sé.
I bambini erano cugini, i genitori li lasciavano alla nonna vedova durante le vacanze estive; nella casa c’era anche una vecchia prozia, Sara, che non si era mai sposata perché la sua vita era stata dedicata al mantenimento della proprietà. Suo padre, imprenditore tessile, era stato abbastanza illuminato da averla stimata a sufficienza da ad una donna delle responsabilità: il mantenimento della sua proprietà agricola, nonché residenza estiva.
A metà pomeriggio, ora della merenda, i bambini andavano dalla prozia a mangiare la “laciada”, una specie di tortino soffritto con lo zucchero. La casa sapeva di antico, Sara, nostalgica dei suoi tempi, gli raccontava delle sue imprese da crocerossina in Africa, durante la Seconda guerra mondiale, i bambini, con gli occhi sgranati, la ascoltavano, immaginando un’epoca per loro lontana.
Zia Sara era anche un’ottima lettrice, teneva sulla credenza, vicino al tavolo della sala, il libro di fiabe dei fratelli Grimm, sempre pronto all’uso nel caso si presentasse qualche nipotino.
La sera, la nonna gli faceva recitare il padrenostro, che Giorgio sapeva bene, in quanto i suoi genitori erano cattolici praticanti, Elisa invece, non battezzata, lo imparava con gioia, ma poi pensava “ma se mi appare Gesù cosa devo fare?”. La cosa tutto sommato le faceva un po’ paura, non le dava un senso di quiete.
A settembre, gli zii spesso facevano delle feste in giardino con 300 invitati eleganti che a fine serata si mettevano a ballare nella vecchia serra… le luci, la musica creavano un’atmosfera magica, i bambini sgattaiolavano qua e là tra gli invitati, giocavano a nascondino; il carretto dei gelati era fuori dalla serra, insieme ai cocktail per gli adulti, tutto per loro praticamente. Queste feste erano un’occasione per gli zii di fare pubbliche relazioni in vista degli affari, la musica rock anni ’80 vibrava nella vecchia serra di legno, illuminata dalle luci da discoteca, gli adulti ridevano e si lasciavano andare alle danze più sfrenate, come se fossero degli adolescenti.
Questo clima allegro piaceva molto ai bambini che si sentivano molto fortunati.
La vita di Elisa era abbastanza particolare, i genitori si definivano degli “intellettuali”, la seconda parte dell’estate la portavano in giro, coi loro amici artisti e poeti in luoghi molto belli, c’erano anche i figli degli amici!!
Michele, era un bambino molto fantasioso, amava gli animali, e sapeva costruire con la carta dei super aeroplanini, viveva avventure immaginarie tutti i giorni: “ecco che arrivano i pirati”,” abbiamo conquistato la vetta” . Ogni giorno si trasformava in un’avventura entusiasmante, la loro fantasia era molto fertile, non si annoiavano mai, inventavano sempre un gioco nuovo.
Gli anni ’80 erano caratterizzati dal boom economico, si viveva con grande ottimismo per il presente e il futuro, erano anche gli anni del consumismo, i bambini erano diventati dei consumatori, la tv, tra un cartone animato e l’altro, trasmetteva tante pubblicità allettanti dei giochi più strani.
Le compagne di scuola di Elisa li avevano tutti, i suoi invece le compravano il minimo
indispensabile, determinati a proteggerla da quella che chiamavano “la mediocrità”.
A quei tempi esisteva già il tempo pieno alle elementari, le maestre di Elisa erano molto brave, coinvolgevano i bambini nella lettura di libri contemporanei per ragazzi. Un giorno li portarono alla “libreria dei ragazzi”, in via dell’Unione a Milano, a conoscere il direttore Roberto Denti, questi disse “i bambini leggono con due occhi, gli adulti con uno solo”. Quella frase rimase un punto fermo per tutta la vita di Elisa che tenterà da allora di non perdere quel dono, la magia dello sguardo da bambina.
Il tempo scorreva veloce e l’infanzia volgeva al termine, le “notti magiche “dei mitici mondiali di Italia ’90, coincisero con la fine delle elementari.
Al primo anno delle medie, Michele si trasferì in un’altra città, Giorgio, che era più piccolo, era ancora alle elementari. Elisa non voleva crescere, l’infanzia le aveva regalato dei ricordi bellissimi, il suo stato di bambina le piaceva un sacco, viveva nel sottosuolo, vedeva il mondo adulto di nascosto, ma non voleva assolutamente appartenerci. I nuovi professori, il primo giorno di scuola, esordirono dicendo: “Ora non siete più dei bambini, siete alle medie, dateci del lei e chiamateci Professore”.
La nuova vita la stordiva, i nuovi compagni di scuola, tutto sembrava tinto di nero. Ascoltava i Beatles, a differenza degli altri compagni, che si dilettavano con radio dj e i miti del festival bar, si sentiva terribilmente inadeguata. Ad un certo punto, si accorse che altri due compagni di classe sembravano disorientati quanto lei: Elena che, come il suo amico d’infanzia, amava gli animali tentava di salvarli e li portava a casa scatenando le urla di sua mamma, e Simone, un ragazzo sognatore con tanti interessi che faceva il boy-scout nel tempo libero.
I tre ragazzi divennero subito amici, passavano le loro giornate a inventare spot pubblicitari dissacranti, una satira del mondo commerciale in voga che tanto li deprimeva. Trovarono l’uno nell’altro un motivo per andare avanti.
Le angherie dei professori non fecero che rinforzare il loro legame, si divertirono a prendere in giro la professoressa di storia e geografia, che non sopportava che i banchi dei ragazzi fossero troppo vicini alla sua magnifica cattedra, o la professoressa di musica che si definiva una signora da Scala che perdeva tempo con dei mocciosi.
L’edificio in stile fascista della scuola era mortificante, quanto le persone che ci lavoravano e i suoi alunni. I genitori di Elisa, Elena e Simone non si accorgevano del disagio dei figli, erano troppo impegnati a vivere la loro perfetta vita mondana. I figli erano ritenuti ormai svezzati e li lasciavano spesso soli tra di loro a farsi compagnia in quanto troppo grandi per avere la babysitter, loro, d’altro canto, non erano avvezzi a confidarsi coi genitori.
I tre ragazzi crescevano, si svilupparono gli ormoni, in terza media Elisa e Elena iniziarono ad interessarsi alla bellezza fisica degli attori del cinema e iniziarono ad allontanarsi da Simone, trovando più dilettevole parlare tra “donne”. Le compagne di classe, che tanto le avevano emarginate in passato, diventarono meno ostili se non “quasi amiche”. Pian piano le due ragazze iniziarono a trovarsi a proprio agio nel loro corpo, erano finalmente pronte per andare al liceo e iniziare una nuova avventura.
Per Elisa andare in campagna era diventato un piacere solo per trovare la vecchia nonna e la prozia, ma il giardino iniziò a darle un senso di oppressione, di chiusura, non vedeva l’orizzonte, si sentiva in gabbia in un mondo antico e ammuffito.
Iniziò ad amare solo le feste, che popolavano ogni tanto l’immenso giardino in stile romantico dell’800, e lo riportavano in vita.
Le due amiche scelsero due licei diversi, Elisa lo scientifico, Elena l’artistico, ma non si persero mai di vista, l’esperienza dura delle medie aveva creato un legame molto profondo, una specie di sorellanza.
Al liceo la vita di Elisa tornò colorata, frequentava il liceo scientifico statale Donatelli, i professori erano molto stimolanti. Abituata al clima rigido e crudele delle medie, sentì di poter tirare un sospiro di sollievo.
I compagni erano vivaci, ognuno con la sua storia, le sue idee politiche, le sue passioni, amori e modo particolare di vestire. “Wow hai le Stansmith” le disse un giorno Michela, una ragazza molto estroversa e arzilla.
Elisa, che si era fatta prendere da sua mamma le prime scarpe da tennis che avevano trovato in negozio, la guardò e rispose “si ti piacciono?”.
Era totalmente ignara che quelle fossero le scarpe più in voga allora nell’ambiente “bene” giovanile.
“Certo che mi piacciono! Le abbiamo tutti, vuoi venire sabato pomeriggio al Madame Claude?”.
Queste famose Stansmith erano delle scarpe da tennis bianche con la linguetta verde, blu o rossa sul retro, vicino alla caviglia. Erano molto fini e in effetti le avevano quasi tutti i ragazzi di questa strana discoteca in San Babila, che apriva il pomeriggio per permettere ai ragazzi giovani di andare a ballare coi loro coetanei, senza correre il rischio di tornare a casa la sera coi mezzi.
“Grazie Miky ti ringrazio verrò sicuramente, posso portare un’amica?” esclamò Elisa contenta” “certo, io faccio la pr lì. Vi aspetto all’ingresso alle 16!” Rispose Michela.
Elisa coinvolse subito Elena in questa nuova avventura, la quale accettò volentieri l’invito.
Al madame suonavano canzoni come “Lemon tree” dei Fools Garden e molte altre un
po’commerciali, ma andavano a ripescare anche vecchie canzoni dei Beach boys e altri. Gli alcolici erano permessi anche ai minori, erano proprio altri tempi.
Fu lì, dopo un bicchiere di Mojto, che Elisa ebbe una visione… incrociò lo sguardo di un ragazzo molto carino, intento a parlare con due amici un po’ debosciati, con l’aria parecchio saccente.
Michela, si accorse subito che Elisa si era persa nel vuoto, “sono amici del mio ragazzo,
frequentano l’Einstein” le disse.
L’Einstein era un altro liceo scientifico, abbastanza vicino al Donatelli, famoso per la sua severità.
Elisa, che era parecchio timida, lasciò cadere l’argomento e si mise a ballare con Elena, le due, brille e scatenate attirarono diversi ragazzi intorno, ignorando completamente quel trio, mentre Michela si era appartata col suo ragazzo, in un divanetto.
Negli anni ’90 non c’erano i cellulari, i ragazzi si scambiavano dei bigliettini in classe, mentre il professore spiegava, facendo i numeri per non farsi scoprire.
Il lunedì Michela, tra un bigliettino e l’altro, iniziò ad indagare se Elisa provasse davvero interesse per il misterioso ragazzo, Mario, amico del suo fidanzato, senza ottenere grande soddisfazione, poiché quell’orso di Elisa non amava parlare dei suoi sentimenti in modo chiaro, a differenza di Michela, che era la trasparenza in persona.
“Senti organizziamo una festa?” Scrisse Michela a Elisa in uno di quei “papiri”. “Volentieri, ma dove?” Rispose con entusiasmo Elisa. “Chiediamo un po’ in giro, vediamo chi ha casa libera, forse Francesco…” disse Michela.
Francesco era un ragazzo molto sensibile, aveva perso un anno ed era finito in classe con Elisa e Michela, scriveva poesie, il suo sogno era di diventare uno scrittore. Era l’ultimo figlio di tre, i due fratelli, molto maggiori, erano già fuori casa e i genitori amano passare dei bei week end “fuori porta” lasciandolo da solo a casa poiché si fidavano ciecamente di lui.
Aveva una casa molto bella, così fu contento di organizzare una festa coi suoi compagni di classe, “Dai che bello, venite da me per le 20? Abito vicino a Marinai d’Italia, al sesto piano citofono De Angelis, vi aspetto!!”.
Elisa prese la bici, e si diresse contenta verso casa di Francesco, non poteva immaginare che Michela a quella festa avesse invitato anche Mario, il quale, ovviamente si presentò
accompagnato dai suoi due brutti “scagnozzi “di amici.
Quando se lo trovò davanti, Elisa arrossì, lui che si era accorto di avere delle chances, la invitò cavallerescamente a bere un po’ di Sangria.
Francesco, che nel tempo libero faceva il deejay, aveva sistemato la casa con delle luci da discoteca soffuse, la musica di sottofondo era molto romantica, un po’ come Francesco. Elisa e Mario ballarono un lento finché non si baciarono appassionatamente.
Ad una certa ora, gli amici di Mario, sbronzi, lo portarono via da Elisa che un po’ attonita si stupì di questo gelido saluto.
In seguito, Mario e Elisa si rincontrano, ma lui era diverso, emulava i modi arroganti dei suoi amici. Ciò urtò non poco l’orgoglio di Elisa, che da brava ex maschiaccia, non sopportava che le si mettessero i piedi in testa, così decise di non vederlo mai più. “Scusa, anche il mio ragazzo non si trova più bene con quei tre” scrisse il lunedì successivo Michela sui soliti bigliettini, ma per Elisa non c’era più bisogno di aggiungere altro e si buttò sui libri, in particolare sulla filosofia.
Il 1994, era l’anno della scesa in politica di Berlusconi, il che aveva creato le più diverse reazioni tra la popolazione italiana, da quelli che lo idolatravano, a fiumi di proteste contro il suo impero economico di dubbie origini, senza contare che si dibatteva sul suo enorme conflitto di interessi, per cui già si millantava potesse fare delle leggi ab personam, per salvare se stesso e il suo impero dalla giustizia italiana.
I genitori di Elisa erano in prima linea contro Berlusconi, anche sua nonna, il cui padre era stato un grande imprenditore, portando avanti l’azienda tessile di famiglia dall’800, non lo vedeva di buon occhio, anzi, aveva una visione apocalittica sulla mediocrità del mondo contemporaneo e i suoi esponenti di spicco, che, diceva, avrebbero rovinato il paese.
Presto a scuola iniziarono le prime occupazioni, Michela, di origine Svizzera, non si interessava della politica italiana, continuò frequentare il Madame Claude e gli ambienti più ricchi della città. Presto entrò in contrasto con il suo fidanzato, Luca, che invece, si stava avvicinando agli ambienti punk.
Elisa, curiosa dei movimenti giovanili si presentò in occupazione, li conobbe Martina, una ragazza in salopette, che la introdusse nei vari collettivi di protesta.
Le due divennero molto amiche, Martina non sopportava Michela e Michela Martina, troppo diverse per andare d’accordo, ma questo non preoccupava Elisa, che si sentiva una ragazza eclettica, la sua curiosità la portò a conoscere le persone più disparate in quegli anni.
“Suonami Battisti” disse allegramente Elisa a Pietro, il parco Sempione, divenne il luogo di raduno preferito dei ragazzi “alternativi” della città. Si trovavano dopo la scuola a suonare la chitarra e chiacchierare del più e del meno, a volte giravano delle canne, ma Elisa preferiva non stordirsi troppo, quello che amava, era stare in buona e allegra compagnia. Pietro era un chitarrista e giocoliere, la sua famiglia si era trasferita a Milano dalla Sardegna quando era alle medie. Dopo un brutto periodo di disorientamento, si era poi inserito al liceo, dove aveva trovato degli amici con cui coltivare le sue passioni. Ambiva a diventare un chitarrista, suonava in un gruppo punk ma gli piaceva suonare le canzoni più disparate al parco in mezzo agli amici. Anche
lui andava all’Einstein ma era profondamente diverso da Mario, che nel suo snobismo,
frequentava solo le ragazze più belle della scuola e si divertiva a tradirle passando di palo in frasca.
Elisa seguiva con grande interesse le lezioni di letteratura italiana, la sua professoressa di italiano era un’anziana signora che parlava del Petrarca come se fosse il suo migliore amico, la crisi interiore del Petrarca, il suo dissidio interiore tra la sua volontà di avvicinarsi a Dio e la sua attrazione per i beni terreni, ritenuti miseri e labili, risuonò in Elisa, che, pur non essendo credente si riteneva tuttavia agnostica.
“Hai sentito la lezione di oggi sul Petrarca?” Disse Elisa a Marco, il suo compagno di banco, “Molto interessante” rispose lui, “la prof è davvero brava”. Marco era un ragazzo con gli occhiali, dall’aria molto seria, ma in realtà aveva uno spiccato senso dell’umorismo, era di destra ma, nonostante ciò, divenne un carissimo amico di Elisa. Disegnava manga, in particolare gli piaceva la Mu, un fumetto di fantascienza giapponese che, tramite vicende comiche e demenziali, ritraeva la cultura giapponese, facendone una parodia della società, prestando una grande attenzione al folklore locale.
Le giornate al parco Sempione divennero sempre più frequenti per Elisa, ragazzi di tutte le scuole di Milano si ritrovavano li, era diventato un luogo di scambio di idee e di esperienze. Anche Elena lo frequentava coi suoi amici artisti e presto formarono un enorme gruppo di amici.
Tra questi c’era Davide, un ragazzo che era andato a lavorare a 13 anni, perché suo papà, separato e caduto in rovina, non aveva i soldi per pagargli gli studi, o Ludovica, che aveva anche lei i genitori separati con una tenuta bellissima all’Elba, dove il padre si era ritirato per cominciare una nuova vita. I genitori di Elisa erano in rotta, e presto si iniziò a trovare molto bene con Ludovica e Davide, coi quali sentiva grandi affinità.
Tuttavia, la vita di Elisa rimaneva abbastanza eclettica, ormai aveva 18 anni… iniziarono le feste per la maggiore età, Elena e Michela, erano sempre rimaste ancorate ai più ricchi della città, ben presto la invitarono ai famosissimi 18 esimi in Smoking.
Elisa, nel frattempo si era fidanzata con Pietro, la loro vita era molto movimentata, passavano da un concerto punk, all’altro, e quando a Pietro fu millantata l’idea di andare a dei diciottesimi in smoking, fece molte scene, ma dato lo stretto legame con Elisa, che sarebbe rimasta molto male ad andare da sola, accettò.
“Dove troviamo lo smoking??” Chiese Pietro. Elisa, che era solita passare la domenica a pranzo dalla nonna, le chiese consiglio, ed ecco che all’anziana nonna, che aveva sempre rispettato le scelte di vita della nipotina e si era affezionata ai suoi amici, incluso Pietro, balenò un’idea… “Dovrei avere ancora da qualche parte lo smoking del nonno!!”.
Era tutto a posto, la mamma di Elisa le comprò un bellissimo vestito lungo azzurro da
principessa, che Elisa avrebbe riciclato a tutti i diciottesimi; in quanto a Pietro, era un figurino in Smoking.
Pietro stava molto simpatico anche ad Elena e Michela, la loro coppia sembrava a tutti una coppia perfetta, erano molto affiatati e passavano con disinvoltura da uno stile di vita all’altro, per un bel po’ di tempo.
Purtroppo, Pietro venne bocciato alla maturità, i suoi impegni con il gruppo punk non gli permettevano di concentrarsi sullo studio, mentre Elisa, che si limitava a raggiungerlo ai concerti, se la cavò con il più basso dei voti.
Per Elisa era il momento di scegliere l’università, si iscrisse alla facoltà di lettere in Statale a Milano, pensando che fosse necessario avere una cultura umanistica, per trovare risposta a quei dubbi esistenziali che tanto l’avevano attratta ascoltando la professoressa di italiano al liceo.
La Statale presto si presentò a Elisa come un ambiente disorientante, troppa gente, ora tutto dipendeva da lei, gli orari, la gestione dello studio, il mantenimento dei suoi svaghi.
Trovò dei lavoretti che le permettevano di uscire con gli amici a fare serata.
Il gruppo di Elisa e Pietro si ampliò molto, conobbero tanta gente dell’hinterland, della periferia, di altre città e la loro coppia iniziò a barcollare.
Pietro si sentiva indietro e Elisa, da parte sua, aveva conosciuto altri ragazzi in università che le sembravano più sensibili e affettuosi. Iniziò a stufarsi di andare ai concerti di Pietro, il quale la lasciò dicendole che stava diventando
una snob superficiale da quattro soldi. L’assenza di Pietro sconvolse parecchio Elisa, ma dentro di sé pensava che non ne poteva davvero più di lui, che era diventato spaccone e arrogante, tutt’altro, rispetto al Pietro del Sempione di tanti anni prima.
Elisa si trovava nei chiostri della statale sovrappensiero, quando una voce amica risuonò nell’aria “Ciao, tutto bene?” Comparve Giacomo con Antonio, due suoi compagni di lettere, che aveva conosciuto durante l’esame di storia contemporanea con quel luminare del professor Rumi.
Giacomo e Antonio erano molto diversi ma con delle affinità, erano due poeti, due ragazzi di periferia e avevano un animo a tratti sensibile e a tratti forte.
Elisa non sapeva perché, ma, nonostante la loro storia differente, con loro si sentiva quasi a casa.
Pietro era rimasto affezionato agli amici comuni di Elisa e loro a lui, per cui per Elisa diventò pesante continuare a frequentarli, così iniziò a frequentare l’hinterland milanese, per lei ignoto.
In quegli anni l’anziana nonna morì di vecchiaia, provocando una grossa crisi in Elisa che le era molto legata.
Ebbe una storia prima con Giacomo e poi con Antonio, ma presto si rese conto che aveva bisogno di altro, di andarsene dall’Italia che le iniziava a stare stretta.
I suoi compagni di università l’annoiavano parecchio… c’erano i festaioli, gli affezionati del chioschetto delle canne e i secchioni, tra cui certi amici di Giacomo e Antonio che le stavano proprio sul groppone, si sfidavano in discorsi intellettuali all’ultimo sangue, per decretare chi fosse il migliore. Elisa che era cresciuta in un ambiente colto, non aveva mai visto i suoi fare questi “pezzi”, tentò invano di allontanare Giacomo e Antonio da queste compagnie ma non ottenne nessun risultato, del resto si disse Elisa, non posso certo cambiare la gente.
Tramite Ludovica e Lorenzo ebbe notizie di Pietro, aveva abbandonato il punk per darsi all’allevamento delle mucche, nella tenuta nel pavese di un suo compagno di agraria, Elisa rimase un po’ stupita, ma era contenta che stesse bene.
I genitori di Elisa, preoccupati per la sopraggiunta apatia della figlia, le proposero di fare un anno sabbatico: prima tappa Parigi, da amici di famiglia.
Elisa entusiasta si organizzò per partire il prima possibile, nel giro di due settimane si ritrovò in un paesino fuori Parigi molto accogliente, le odiate medie le avevano comunque insegnato qualcosa: il francese. Gli amici dei suoi erano delle persone molto particolari, lui avvocato di successo e lei artista, avevano tre figli, Matiew, che faceva medicina in Olanda, Cristine che faceva la fotografa a Parigi e infine Justine, la più piccola, che era partita per il Portogallo, per lavorare in un circo. Cristine,
portò Elisa in giro per Parigi, si perdevano a piedi per le strade più nascoste, visitarono tutti i musei, ogni luogo particolare era occasione per Cristine per cogliere qualche scatto. Elisa la seguiva e imparava che a volte il mondo appare diverso a seconda della prospettiva da cui la guardi, quel raggio di luce, quello scorcio, possono darti emozioni fortissime e uniche. La sua vita le apparve di nuovo piena di speranza, i secchioni dell’università erano un vago ricordo, tra una cena e l’altra, il suo francese era diventato ottimo, era pronta per la sua seconda tappa: Monaco.
Raggiunse Monaco a dicembre, i mercatini di Natale attirarono subito la sua attenzione, era così romantico. Le capitò allora di pensare alle sue relazioni passate, certo si diceva, “non ho un carattere facile”, ripensò anche a Mario, a quanto fosse stata dura nel non volerlo mai più vedere, del resto, era solo un ragazzino condizionato che le aveva mostrato quanto lei stessa potesse essere orgogliosa. A volte pensava di essere stata solo sfortunata, altre di essere lei la causa della sua solitudine, era parecchio bella, ma nonostante questo non ne imbroccava una coi ragazzi: o erano scemi o secchioni o rompipalle…però in quel mercatino avrebbe abbassato volentieri le sue difese per abbandonarsi nuovamente a qualcuno.
A Monaco era ospite di altri amici dei suoi, Frank e Angela, per fortuna parlavano italiano, poiché Elisa non sapeva nulla di tedesco, avevano un figlio che frequentava un corso di formazione di falegnameria. Frank invece era un artista, faceva delle opere d’arte primitive, utilizzando le pietre più pregiate, Angela invece era una maestra di ceramica.
Elisa non aveva una grande manualità, ciononostante si fece insegnare da Angela quell’arte, ma non combinò che disastri. Le venivano fuori solo opere storte e sbilenche.
Arrivò la primavera, il suo anno sabbatico stava per finire, tornò a Milano per ripartire subito per le Azzorre, in Portogallo. Stavolta si era appoggiata ad un’agenzia, “avventure nel mondo” che organizzava vacanze di gruppo, tra cui un interessante trekking per le isole.
A Malpensa incontrò subito Fabio, uno dei partecipanti, che era in anticipo quanto lei, si creò subito una confidenza inaspettata, quando gli altri arrivarono, li scambiarono subito per una coppia.
I trekking erano molto lunghi, ma i paesaggi talmente mozzafiato che ci si dimenticava di camminare. Si alternavano paesaggi vulcanici a distese di verdi colme di ortensie, e le lunghe chiacchierate creavano un tempo parallelo, sospeso, rispetto al mondo che andava avanti.
Fabio e Elisa vissero una magica storia d’amore, li non c’era nulla, solo natura incontaminata e qualche villaggio, gli altri partecipanti del gruppo erano molto allegri. Tra una risata e l’altra si trovarono sull’isola di Pico, dove decisero di fare wale watching. La vista delle balene dal vivo, quei codoni che escono dall’acqua a pochi metri dal canotto la entusiasmarono tantissimo, non voleva più tornare a Milano, non ne voleva più sapere del grigio, del traffico, dell’università e dei vecchi amici. Li si sentiva viva, libera. Il giorno successivo, un trekking li portò in un paesino in
festa, c’era la gara del torello, Fabio si lanciò in pista e sfidò il torello per Elisa che,
emozionantissima, lo vedeva rotolare nel fango col torello che gli passava sopra. Ne uscì sano e salvo e la riabbracciò. Tutto era perfetto, Fabio era innamoratissimo di Elisa ma l’ultima sera sulla spiaggia le chiese “Tu cosa vuoi fare da grande? Sai io lavoro in banca, tu?” Elisa era poco più giovane di Fabio, ma la sua vita era tutto fuorché definita, gli rispose “io non lo so”.
Tornarono a Milano, Fabio tornò a Torino, promisero di scriversi ma non lo fecero mai.
Elisa ora doveva pensare al suo futuro ed era già in ritardo per farlo, in una società che non fa sconti ai sognatori.
Il rientro a Milano fu molto deprimente, aveva solo agosto davanti per decidere cosa fare, del resto era stata in giro un anno, era in ritardo di tre, e una cosa sola le era chiara e stampata nella testa, non voleva riprendere lettere.
I suoi genitori erano molto preoccupati, Elisa non voleva crescere ed entrare nel mondo adulto come tutti i suoi coetanei, la fecero visitare anche da uno psichiatra che le diede un piccolo dosaggio di antidepressivo per resistere alla tristezza del rientro e dell’agosto solitario a Milano.
Era il 2003, i cellulari erano già comparsi da un po’, ad un certo punto un messaggio di Elena squillò nell’aria, “Ciao Elisa come stai? Ho saputo che sei stata poco bene, passo da Milano domani sera, non indovinerai mai chi ho incontrato in montagna, Simone!! Sta finendo biologia e sta pensando ad un dottorato negli Stati Uniti, cosa ne dici di uscire a cena domani?”
Elisa si rallegrò molto di quel messaggio, non vedeva Simone dai primi anni delle superiori, anche lui aveva fatto il liceo scientifico, ma al Volta, e poiché era sempre stato un ragazzo diligente, era in prossimità di portare a termine i suoi studi.
Si trovarono in un ristorante indiano vicino piazza Piola, avevano una vita da raccontarsi. Tra un samosa e l’altro, Simone chiese a Elisa “Come te la cavavi in matematica e chimica?” “Benone” rispose Elisa, “ma perché non ti iscrivi a un triennio di biologia? Ti piacciono le balene giusto?? Poi puoi fare la magistrale in biologia marina” aggiunse Simone. Elisa per poco non si strozzò col pakora, ci pensò
un attimo e poi rispose: “hai ragione!!Potrebbe essere la mia strada”.
Elisa subito ne parlò coi suoi genitori che furono un po’ perplessi, gli toccava pagare ancora 5 anni di studi, ma dopo un po’ di battibecchi, pensarono di darle una seconda chances.
Appena aprì l’università, Elisa si presentò in segreteria, era una nuova matricola, stava iniziando una nuova avventura, un nuovo percorso che aveva degli sbocchi più sicuri di lettere e soprattutto più pratici. Aveva capito di non essere portata per la letteratura né tantomeno per le arti, l’idea di occuparsi della tutela della natura e la sua conservazione, la entusiasmava.
In tre anni esatti si diplomò al triennio e riuscì a finire nei tempi anche la magistrale.
Ebbe degli ottimi risultati, a tal punto che venne chiamata in Australia per lavorare nientemeno che sulla barriera corallina a Cairns.
Lì conobbe un fotografo, Oreste, un po’ più grande di lei, si ricordò dei begli insegnamenti di Cristina, avevano tanti argomenti di conversazione in comune, passavano le ore a raccontarsi di tutto, si sposarono ed ebbero due bambini.
Gli amici del passato di Elisa erano sempre presenti nella sua vita, facevano lunghe chiamate su Skype, la tecnologia se ben usata, diventa un mezzo e non un condizionamento. A volte pensava a quel giardino, dove era cresciuta, che ormai veniva affittato per eventi esterni, pensava alla nonna, alla prozia, ai racconti, ai cugini, le veniva sempre una lacrimuccia, ma il mondo era cambiato e ora Elisa era inserita nel suo tempo, in uno dei settori più importanti, la tutela dell’ambiente.