Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “La spesa” di Manuela Fabbrini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Esco di casa senza far rumore, prima che la città si svegli del tutto. Il cielo non promette niente di buono, ma non rinuncerei per niente al mondo a questo consueto appuntamento con me stessa. Fare la spesa, per me, è molto di più che soddisfare una necessità. È una routine per fermarmi a riflettere, per fare i conti con le mie mancanze, per prendermi cura di chi amo.
Il parcheggio del supermercato è semideserto. Scendo dall’auto e afferro un carrello al volo, appena in tempo prima che l’asfalto sia invaso da una coltre immacolata di grandine. Mentre la porta scorrevole si spalanca, soffermo lo sguardo sui miei decolté scamosciati color cammello, decisamente fuori contesto in una giornata come questa.
Varco la soglia e mi sento invasa da un’aria di familiarità. Non so spiegare il motivo, ma ogni volta che metto piede qui dentro, mi sento come quando si ritorna a casa, dopo un lungo viaggio oltreoceano. Forse, è perché i supermercati un po’ si assomigliano tutti, in qualsiasi parte del mondo ci si trovi: corridoi dai pavimenti in resina, scaffali ricolmi fino al soffitto, odore di verdura fresca misto a quello della rosticceria espressa, rumore di ruote che girano, di pensieri che fluttuano, di vite che scorrono.
Frugo nella borsetta e realizzo di aver dimenticato a casa la lista. Come al solito, l’avrò lasciata sul tavolo di cucina, sotto il vasetto di terra cotta che uso come fermacarte. Mi sfugge un sorriso mentre penso che questo sia lo scotto da pagare per non essermi mai arresa alla modernità. Se avessi usato il notes sul cellulare, al posto di un foglio a quadretti spiegazzato pieno di cancellature e righe trasversali, questo piccolo incidente me lo sarei risparmiato.
Poco male, tanto la mia lista è impressa qui, nella mia mente, perché l’ho pensata e studiata con premura prima di metterla nero su bianco.
Inizio dal reparto della frutta fresca, quello che richiede più tempo ed energie; non perché la mia famiglia sia un’assidua consumatrice di vegetali, ma perché la parte più ostica è conciliare le esigenze di ognuno. Lalla adora le pere mature, quelle che fanno tanto succo e si sciolgono sul palato. Gianni, invece, preferisce le mele Golden dalla polpa croccante che scricchiola tra i denti. Ma il vero grattacapo è riuscire ad assecondare Alessandro, che fin dai tempi dell’università, ha una sviscerata passione per la frutta esotica…non propriamente un’apoteosi di sapore in un emporio di periferia.
La sosta nel reparto dei derivati del grano si rivela molto più breve, perché in casa mia almeno su due cose non si discute: i fusilli che trattengono il sugo e il pane integrale dalla mollica tenera per catturare quello rimasto.
Svolto l’angolo e faccio mente locale. Oltre al latte scremato e ai biscotti con le gocce, le uova per la frittata del venerdì, le bistecche di carne rossa da surgelare, ho come il presentimento di aver dimenticato qualcosa di molto importante. Grazie al cielo, le urla capricciose di una bambina accoccolata in un carrello risultano provvidenziali e mi aiutano a rammentare.
La torta di compleanno di Lalla!
E pensare che avevo pure posticipato la spesa di un giorno, per avere il tempo di idearla e di scegliere tutti gli ingredienti con cura. La signorina, nonostante i suoi quasi quattro anni, è senza dubbio la più esigente della famiglia. Siccome non sa ancora scrivere, ha ben pensato di tenere un diario segreto in cui disegna tutti i suoi desideri. E così un giorno, mentre davo una sbirciatina proibita, l’ho intravista di sfuggita: un’enorme torta a più piani, rivestita da uno strato di pan di zucchero bianco e rosa, con sopra una statuetta a forma di unicorno che fa la vedetta.
Questa volta, a malincuore, mi ritrovo costretta a benedire la tecnologia, perché se non fosse stato per il file salvato sul mio cellulare nella cartella dei preferiti, non avrei potuto recuperare la ricetta e la miriade di ingredienti necessari. Ci sono pure gli Smarties, per creare l’effetto arcobaleno.
Mentre riempio il carrello di tutto il necessario, mi pregusto l’espressione di stupore e meraviglia che esploderà d’improvviso sul quel faccino paffuto, pieno di lentiggini. E rifletto su come il vero senso della vita, per quanto possa apparire un’incognita, si racchiude essenzialmente in quei rari, preziosi, fugaci attimi di pura felicità.
Con l’animo gratificato da un amabile proposito, abbandono il reparto alimentare per terminare il mio giro della spesa: detersivo lavatrice anallergico, confezione tre per due di dentifricio, panni cattura polvere, doccia schiuma al muschio bianco e…crocchette con manzo e cereali per Dea. La pelosetta si contende con Lalla il titolo di principessina della casa; già me la immagino, sull’uscio di casa con quel musetto impertinente, che rizza le orecchie e corre al cancello appena riconosce il rumore del motore.
Ora che la mia lista virtuale è completamente depennata, mi avvio verso la cassa con la fila più breve. Mentre do la precedenza ad un signore anziano con solo due mele nel cestino, guardo l’orologio e realizzo che sono già le dieci passate. Devo sbrigarmi se voglio rientrare a casa in tempo per preparare uno dei miei sughetti speciali. Mi piace coccolarli così, il fine settimana, quando il mondo per poche ore può fare a meno di noi e viene chiuso fuori dalle nostre quattro mura. È il mio modo per dire “vi voglio bene”.
Sta per arrivare il mio turno, quando avverto una vibrazione in tasca. Saranno sicuramente i soliti scocciatori del telemarketing, che non si sa bene per quale legge metafisica, sono in grado di farsi vivi sempre nei momenti meno opportuni.
Afferro il cellulare e noto che in realtà è un messaggio di Ale. Mi suona strano, visto che lui è allergico a qualsiasi forma di comunicazione scritta.
Clicco sull’icona della busta e leggo.
Le gambe mi tremano, le pareti iniziano a girare. Sento il cuore che pulsa come un cavallo imbizzarrito e il sudore freddo che mi bagna le tempie.
È vero, il senso della vita si racchiude in pochi attimi di pura felicità. Ma ci sono frangenti che invece hanno l’esatto potere opposto; che sono in grado di demolire con un colpo di vento un palazzo di cristallo costruito e custodito con amore, fervore, deferenza.
Faccio marcia indietro e parcheggio il carrello in un angolo. Quel pezzo di puzzle che non avrei mai voluto trovare si è appena materializzato nella mia tasca e in un istante il quadro impressionista della nuda realtà mi appare di fronte, in tutta la sua ineluttabile chiarezza.
Ritardi fuori orario, vuoti di silenzio, telefono spento, regali estemporanei, reiterata stanchezza, scontrini stropicciati, sprazzi di una fragranza speziata che aleggia nell’aria.
Profumo di una donna che non sono io.
Eccole qui le mie due liste.
Quella che crea e quella che distrugge.
Cammino avanti e indietro nel corridoio dei surgelati e percepisco la mia immagine sbiadita riflessa in un vetro. Cosa è rimasto della donna che ero?
Capelli dal colore indefinito, viso slavato, impermeabile demodé, scarpe fuori stagione.
Occhi disillusi.
Cuore a brandelli.
Vago senza una meta come uno spettro in cerca di assoluzione. Mi fermo di colpo nel reparto “cura della persona” e afferro una confezione di schiuma da barba effetto emolliente. Sono settimane che cercavo questa marca e ogni volta era terminata; forse dovrei comprarla perché lui ha il brutto vizio di farsi la barba di fretta e di riempirsi il volto di cicatrici. Visto che ci sono, potrei acquistare anche le lamette clinicamente testate anti irritazione; hanno un prezzo esorbitante ma il risultato è assicurato.
Ma che cosa sto facendo?
Rimetto il tubetto al suo posto e inizio a camminare a passo nervoso, noncurante delle occhiate sconcertate delle persone. Ho bisogno di aria fresca sul viso e dell’acqua rigenerante sulla pelle. Mi blocco di fronte alla porta scorrevole e raccolgo ossigeno nei polmoni, consapevole che il mondo che troverò là fuori non sarà lo stesso di stamattina.
Prima di uscire nella pioggia fitta con il vuoto nel cuore, mi volto un’ultima volta verso quel carrello stracolmo di cose, abbandonato in un angolo.
Così pieno di vita.
Così pieno di amore.
Così pieno di noi.

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3 commenti »

  1. Mi è piaciuto molto l’andamento di questo racconto, prima concentrato sul rito della spesa, così amorevole e pieno di attenzioni, e poi, all’improvviso, drammaticamente diverso: dalla serenità alla disperata disillusione in una riga. È una bella metafora quella della spesa espressione d’amore, c’è tutto: la conoscenza dell’altro, la premura per i suoi desideri, l’attenzione al piacere, la cura della relazione… e più questa metafora si riempie di significati maggiore è il dolore di vederla tradita, perché in quel carrello colmo si rispecchia quello che pensavamo di essere e non siamo più, una volta posti di fronte a una lista ben diversa. Vi trovo un che di poetico, parola da usare con grande cautela però in questo caso mi sento di spenderla: leggere un racconto che ha qualcosa di poetico non è frequente. Grazie d’aver scritto La spesa 🙂

  2. Grazie Ugo per il tuo commento e per aver colto appieno il senso di ciò che volevo trasmettere. L’ho apprezzato tantissimo.

  3. È un piacere, gentile Manuela 🙂

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