Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Colla (da una storia vera)” di M.L. Simonelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Se solo il povero sig. B avesse minimamente immaginato a cosa sarebbe andato incontro da lì a poche ore, forse non avrebbe avuto un così bel sorriso stampato sul suo roseo faccione mentre, con passo spigliato, rientrava a casa quel pomeriggio.
La ragione di tanto buonumore risiedeva dentro un’anonima bustina di carta che lui stesso aveva risposto nella tasca laterale del suo soprabito. Le parole del commesso del negozio di ferramenta, dal quale era appena uscito, ancora gli si ripetevano in testa.
“E’ ottima, si fidi”.
E ancora.
“E’ fatta in Germania, vedrà che roba: meglio dei bulloni!”.
Al sig. B venne da immaginare la faccia stupita di sua moglie quando, rientrando a casa quella sera, avrebbe ritrovato al suo posto nella libreria, la statuina del pastorello, alla quale era tanto affezionata. Quella stessa statuina che quella mattina, per un malaugurato incidente, era rimasta decapitata; scatenando un litigio tra lui e sua moglie, che in verità al sig. B era sembrato anche un poco esagerato.
Il ricordo di quel litigio aveva accompagnato il sig. B durante tutto il giorno e, solo dopo quella breve visita al negozio di ferramenta, il malumore provato fino a quel momento aveva lasciato il posto a quella contentezza di cui si è già accenato prima.
Ora però doveva sbrigarsi.
Sua moglie sarebbe tornata a casa prima delle otto, e a lui restavano si e no un paio di ore per poter rimettere al suo posto la testa del povero pastorello.
Arrivato finalmente davanti alla porta del suo appartamento, il sig. B armeggiò come sempre con il mazzo delle chiavi, prima di riuscire ad infilare quelle giusta e aprire il portoncino di sicurezza. Appeso il soprabito all’attaccapanni del corridoio e recuperato dalla tasca l’incarto del ferramenta, si diresse quindi in salotto e andò a sedersi sulla sua poltrona preferita.
Dalla bustina di carta estrasse una piccola confezione di color verde smeraldo.
Se quella colla tedesca funzionava davvero come il commesso gli aveva assicurato, il povero pastorello decapito avrebbe presto riavuto la testolina al suo posto.
Inforcati i suoi occhiali da lettura e aperta la confezione della colla, dopo aver delicatamente appoggiato il tubetto metallico all’interno sul tavolinetto al suo fianco, il sig. B si apprestò a leggere l’accluso foglio delle istruzioni.
Sfortunatamente per lui, viste anche le ridotte dimensioni della confezione stessa della colla, la ditta produttrice non si era fatta lo scrupolo di fornire insieme al suo prodotto, delle istruzioni per l’uso in una lingua differente da quella abitualmente parlata in tutta la Germania. E che dipendesse da una specifica strategia commerciale, o solo da una banale dimenticanza, né sulla confezione, né tanto meno sul tubetto della colla, si era pensato di disegnare alcuno schema che potesse farne intuire l’utilizzo.
Benchè il sig. B si trovasse in quel momento in un particolare stato di nervosismo, dovuto all’imminente rientro di sua moglie, e dalla volontà di farle trovare la statuetta del pastorello aggiustata, non era certo quel tipo di persona che si sarebbe messa ad usare qualcosa di cui non conosceva esattamente il funzionamento. E per quanto questo inaspettato contrattempo, come tutti i contrattempi, non poteva risultargli certo gradevole, il suo animo di persona meticolosa e prudente lo esortava a non procedere oltre.
A distoglierlo da quel momentaneo imbarazzo giunse altrettanto inaspettata la pendola del corridoio, che proprio in quel momento fece battere uno dietro l’altro i sette colpi che spettavano all’ora appena scoccata. Ormai gli restava poco meno di un’ora, e per uno stupido imprevisto linguistico, il suo bel progetto si trovava ancora a dover essere cominciato.
La meticolosità però non era l’unico pregio a cui potesse attingere l’animo dell’intraprendente sig. B; il quale aveva sempre dimostrato, sopratutto in situazioni estreme come questa, una certa facilità nel trovare soluzioni sbrigative, ma non per questo avventate o comunque tali da mortificare la sua giustificata scrupolosità.
In altre parole possiamo anche dire che il sig. B non era una di quelle persone che, poste di fronte ad una qualsiasi difficoltà, abbandonino senza aver prima tentato qualcosa per provare a sopravanzarla.
Ed ecco dunque che, stimolato dai rintocchi della pendola, il sig. B raggiunse la cucina e, aperto uno dei cassetti, ne trasse un lungo coltello da arrosto con il manico fissato con due strisce di nastro isolante piuttosto malridotto. L’idea che gli era venuta in mente proprio allora consisteva nell’eseguire un incollaggio di prova su qualcosa di meno prezioso del pastorello in salotto, e di verificare quindi il funzionamento di quella colla, senza correre rischi e perdere altro tempo prezioso.
Apparecchiato quindi il tavolo della cucina con dei vecchi fogli di giornale, il sig B liberò il manico del coltello dal nastro adesivo e lo ripulì con attenzione, usando un batuffolo di ovatta imbevuta di alcool. Dopo di che, avendo constatato che il manico era asciutto e pulito, preso delicatamente il tubetto di colla e liberatolo della chiusura del beccuccio, lasciò che il liquido trasparente e inodore che ne fuoriuscì si stendesse sulla superfice del manico coltello, fino a ricoprirla con una sottile velatura lucida. A questo punto, appoggiata l’altra metà del manico di plastica sulla superfice appena ricoperta di colla, fece forza stringendo l’impugnatura del coltello nella mano serrata, e contò fino a dieci prima di riaprire nuovamente le dita.
Alla colla in effetti ne sarebbero bastati anche solo tre di secondi per fare effetto, ma questo il sig. B non poteva saperlo. Così come non poteva sapere che, avendone utilizzata troppa, la colla con la pressione era scivolata oltre il bordo del manico del coltello, arrivando sulla pelle della mano e incollandola a sua volta al manico.
Sarà inutile adesso soffermarci su quelli che furono in successione i vari tentativi, per altro tutti falliti, che i sig. B fece per liberare la sua mano da quella scomodissima e involontaria unione. Come altrettanto immaginabili potranno essere anche tutti gli stati d’animo che lo accompagnarono attraverso quei terribili momenti.
Complessivamente passarono quindi circa una ventina di minuti prima che il sig. B si decidesse finalmente a chiamare il pronto soccorso.
Raggiunto però il telefono all’ingresso, si trovò costretto a dover incastrare la cornetta del telefono tra la testa e la spalla, per avere così libera l’unica mano con cui avrebbe potuto comporre il numero della guardia medica.
Ma proprio mentre all’altro capo del ricevitore una vocetta femminile rispondeva alla sua chiamata, forse per un’eccessiva sudorazione dovuta allo stress di quei momenti, la cornetta del telefono gli scivolò da sotto il suo collo.
La signorina che aveva risposto alla chiamata udì solo un grido raccapricciante prima che la comunicazione si interrompesse. Purtroppo il povero sig. B, per evitare che la cornetta gli cadesse per terra, delle due mani aveva istintivamente utilizzato nel tentativo di riagguantarla quella sbagliata. Il grido quindi, che la signorina all’altro capo del telefono aveva ascoltato, non era altro che la più che naturale reazione alle conseguenze di quel suo malaccorto gesto.
Senza volerlo il sig. B si era infilato più di metà di quella sua accidentale prolunga dentro l’occhio, e persi i sensi per il dolore, si era accasciato a terra trascinando con sé il telefono; che staccandosi dal muro aveva interrotto la comunicazione.

La pendola del corridoio aveva appena finito di battere otto colpi, che la porta di casa del sig. B si aprì e sua moglie fece ritorno a casa.
Tutto poteva immaginare quella povera donna, tranne che si sarebbe trovata davanti il corpo di suo marito steso in un lago di sangue. Non dovrà stupire quindi se la prima cosa che le venne in mente di fare fu quella di gettarsi su di lui e controllare le sue reali condizioni.
Ma è altrettanto evidente che la poveretta non poteva assolutamente sapere che suo marito avesse una pericolossissima lama di più di 40 cm attaccata ad una delle sue mani. Non sappiamo quindi immaginarci che cosa dovrà aver pensato quando, cercando di rialzare suo marito, avrà sentito quella lama infilarsi sotto lo sterno e andare a perforare uno dei polmoni.
Per lei non ci fu nulla da fare.
Morì dissanguata prima dell’arrivo dei soccorsi. Soccorsi chiamati dal un loro vicino di casa che, nel successivo tentativo di fornire il suo aiuto, aveva rischiato a sua volta di rimanere infilzato.
Il sig. B sopravvisse, e dopo 3 mesi di ospedale fu alla fine dimesso.
Quella terribile esperienza gli era costata un occhio, e anche buona parte della ragione. Da molti anni ormai vive in un piccolo centro per disadattati mentali, dove sembra aver finalmente recuperato un minimo di serenità. E visto che nessuno è ancora riuscito a staccargli quel coltello dalla mano, lo hanno messo in cucina a tagliare le verdure.

Fine

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2 commenti »

  1. Ben fatto, tragicomico….da consigliare a chi avesse intenzione di assolutizzare i particolari della vita.
    L’esericizio più difficile è a volte saper valutare.

  2. Concordo con Alice: tragicomico. Splendidamente tragicomico. Il tuo stile di scrittura mi ha colpito particolarmente: pulito e profondo. Complimenti.

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