Premio Racconti per Corti 2025 “L’algoritmo” di Giuseppe Ciarallo
Categoria: Premio Racconti per Corti 2025Sul pianerottolo semibuio, due uomini suonano il campanello e restano in attesa che la porta si apra.
“Buongiorno, in cosa posso esservi utile?”
“Buongiorno a lei. È questo l’interno 3 del secondo piano al numero 11 di piazza Bacone?”
“Esatto. Con chi ho il piacere di parlare?”
“Io sono il commissario Sauro Moretti, e il mio collega è l’agente Luigi Andrulli.”
“Il motivo della vostra visita?”
“È lei la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002?”
“Come scusi?”
“È lei la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002?”
“Ma che diamine…”
“Non ci faccia perdere tempo e risponda a questa semplice domanda. È lei la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002?”
“Mi perdoni, ma se è uno scherzo non è divertente. Mi guardi. Ho la barba, i capelli bianchi, sono indiscutibilmente di sesso maschile e altrettanto indiscutibilmente ho quasi settant’anni. Mi spiega come possiate scambiarmi per una giovane donna di trentun anni?”
“Non cambi discorso, con me non attacca. Quindi lei nega di essere la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002…”
“Senta, il mio nome è Guido Nocchi, sono nato il 6 dicembre 1964 a Lucca, sono di sesso maschile, sono un professore universitario e no, non sono la signora Rossana Ardenghi. Ci deve essere un errore…”
“Impossibile. Se il nostro sistema Central Scrutinizer, con i suoi sofisticati ed elaborati algoritmi, dice che all’interno 3 del secondo piano al numero 11 di piazza Bacone abita la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002, non può che essere così!”
Alle spalle dei poliziotti si apre una porta e ne esce un signore in un elegante cappotto nero e cappello dello stesso colore. Il signore saluta il suo vicino sollevando leggermente il cappello.
“Dottor Nocchi, buongiorno!”
Il commissario si rivolge al nuovo venuto mostrando il tesserino.
“Lei è il signor…?”
“Gustavo Pardini, per servirla…”
“Abita qui da molto?”
“Oh, questa era la casa dei miei genitori. Ci sono nato.”
“Bene. Dunque lei conosce la qui presente signora Rossana Ardenghi…”
L’uomo incrocia lo sguardo con il suo vicino di casa, smarrito.
“Veramente non capisco. Il dottor Nocchi è un mio vic…”
“Le ho chiesto di Rossana Ardenghi, non di questo fantomatico dottor Nocchi…”
“Sì… certo che… la… conosco” balbetta spaventato da quella situazione della quale non riesce a comprendere i contorni.
“Bene. Per ora può andare. Resti a disposizione!”
L’uomo si precipita giù per le scale temendo che il poliziotto ci ripensi.
“Ci fa entrare, signora Ardenghi?”
Il dottor Nocchi, sconsolato, si fa da parte e cede il passo ai due sbirri.
“C’è qualcuno in casa?”
“No, vivo da solo. Sono vedovo. Da sette anni.”
“Ma guarda. Così giovane e già vedova da sette anni…”
Il dottor Nocchi una volta capito che a nulla possa servire opporre la ragione alla fanatica follia che incontrastata regna in quella situazione, cerca quantomeno di avere qualche informazione in più.
“Prego, accomodatevi” dice, invitando i due a sedersi su due sedie disposte intorno al tavolo di un minuscolo salotto. “Non mi avete però ancora detto il motivo della vostra visita.”
“Dove si trovava la sera del 4 marzo 2025 diciamo… tra le ore venti e le ore ventidue?”
“Cosa? Ma come potrei ricordare dov’ero e cosa stavo facendo in un giorno qualsiasi di otto anni fa?”
“Dunque, signora Ardenghi, non ha un alibi per quella data?”
“Alibi? Ma quale alibi? Di cosa sta parlando? Lei ricorda cosa stava facendo… il 5 agosto del 2017? Ma come si può pretendere una cosa del genere?”
“Non si scaldi, signora, e si limiti a rispondere alle mie domande. Io non ho bisogno di dimostrare dove fossi e cosa stessi facendo il 5 agosto del 2017, mentre a lei farebbe molto comodo ricordare con precisione tutti i suoi spostamenti del 4 marzo 2025 nelle ore che le ho detto.”
Il commissario scambia un sorriso maligno con il suo sottoposto.
“Mi perdoni, commissario, potrei sapere cosa è successo nella data per la quale mi si chiede un alibi, e soprattutto cosa vi ha portato al mio indirizzo?”
“È presto detto! Il signor Antonello Frati, il suo defunto marito, questa mattina ha sporto denuncia nei suoi confronti, affermando che il 4 marzo 2025, esattamente alle ore 21.05, lei lo ha assassinato stordendolo con un sonnifero nella birra per poi ucciderlo con una coltellata al cuore. Dopo averlo smembrato, lo ha “smaltito” un pezzo per volta gettando i resti in bidoni della spazzatura situati in diversi punti della città.”
“Mi faccia capire. Un uomo assassinato e smembrato otto anni fa, questa mattina si presenta in commissariato e denuncia il suo omicidio. Pur con tutta la fantasia di cui sono capace non capisco come questo sia possibile…”
“Le assicuro, signora Ardenghi, che nonostante i suoi equilibrismi retorici non riuscirà a sviarmi dalla evidenza dei fatti. Che sono i seguenti: il 4 marzo 2025 il signor Antonello Frati, suo marito, viene assassinato, smembrato, e il suo corpo non viene mai ritrovato; lei per quella data non ha un alibi e probabilmente aveva tutti i motivi per sbarazzarsi di un consorte, probabilmente diventato scomodo in quanto si frapponeva al rapporto con un suo amante, magari il suo vicino… ho notato come l’ha guardata questa mattina, sa? E infine, la precisa testimonianza, resa questa mattina e formalizzata con la denuncia scritta, dello stesso signor Frati.”
“Senta, signor Moretti…”
“Commissario Moretti…”
“Senta, commissario Moretti, se sono vittima di una candid camera me lo dica e poniamo fine a questa farsa, perché mi sta montando un’ansia che non le dico.”
“Candid camera? Farsa? Ma come si permette? Lei, signora Rossana Ardenghi, sta scherzando col fuoco. Pensa che la sua situazione si risolverà con una risata e una pacca sulla spalla. E invece fossi in lei comincerei a preoccuparmi seriamente, perché un’accusa di omicidio, peraltro in assenza di alibi, se confermata può portare dritti al carcere a vita, se non peggio.”
L’uomo pare sgonfiarsi, sulla sedia, come un palloncino. Capisce, per la prima volta e definitivamente, che l’incubo in cui è finito suo malgrado, non è un sogno ma una tragica realtà. Poi, come di colpo rinvigorito sbotta:
“Ma è legale quello che mi state facendo? È giusto che i miei diritti vengano negati? Che non si tenga minimamente in considerazione la mia semplice, banalissima verità, e cioè quella di non essere con tutta evidenza una giovane donna trentenne?”
“Signora Ardenghi, mi delude. Lei confonde la legge con la giustizia. Quante cose ingiuste l’uomo ha celato dietro il paravento della legge? Lo schiavismo era giusto? Le leggi razziali erano giuste? Lo sterminio di milioni di persone era giusto? No, ma erano perfettamente legali. Legge e giustizia non sempre sono termini sovrapponibili. La verità, poi… non esiste la verità, ma le verità, anche se questo potrebbe sembrare un luogo comune. La verità è solo una questione di punti di vista. Ci sono molte verità, la verità processuale, quella storica, la verità mediatica imposta al cittadino attraverso la propaganda, poi ci sono le verità personali, la verità della vittima e quella dell’assassino, le tante verità dei testimoni, ognuna delle quali soggettiva, e che quasi mai coincidono tra loro. Verità oggettiva contro verità soggettiva. Ecco perché, come dicevo all’inizio… la verità non esiste. Esistono le verità.”
“Ma… ma lei è un mostro! Possibile che non abbia il minimo dubbio che possa trattarsi di un madornale errore…”
Il commissario si rivolge all’agente scelto Luigi Andrulli:
“Agente, effettui una perquisizione della casa. Iniziando dalla camera da letto e dal bagno…
Il sottoposto capisce che il suo superiore vuole restare solo con la persona indagata. Una volta soli il commissario si mette faccia a faccia con l’altro e mormora a voce non udibile dall’altra stanza:
“L’errore non è contemplato. Se ogni volta che si intraprende un’azione o che si giudica un colpevole si dovesse essere rosi dal dubbio che quella persona sia innocente, la macchina della giustizia si incepperebbe inesorabilmente. Il dubbio è materia per filosofi, non per uomini di potere, e per uomini di potere intendo a tutti i livelli, anche un’ultima rotellina del meccanismo come il sottoscritto. Il dubbio è debolezza, è un fianco scoperto offerto al nemico. Crede che io sia cieco o pazzo, dottor Nocchi?” – l’uomo ha un fremito, come se si risvegliasse da un incubo, e un alito di speranza si accende nei suoi occhi, sussulto che ben presto si tramuta in un’angoscia ancora più grande per le parole che seguono – “Crede che io non mi accorga che lei non è una donna, che non è giovane e che con tutta la buona volontà non la si possa scambiare per la signora Ardenghi? E l’assurdità dell’accusa, poi… Per sua sfortuna, il suo nome è stato estratto dal bussolotto della sorte. Se il nostro sistema Central Scrutinizer, frutto delle più avanzate tecnologie, afferma che all’interno 3 del secondo piano al numero 11 di piazza Bacone abita la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002, lei, che ha la sfortuna di abitare all’interno 3 del secondo piano al numero 11 di piazza Bacone, è la signora Rossana Ardenghi nata a Mantova il 7 agosto 2002. E io non posso farci niente, e non ho alcuna voglia che anche il mio nome finisca nel bussolotto del caso. Non l’amore e la giustizia, come si suol dire, sono ciechi, e nemmeno il sottoscritto lo è, ma il potere. E il potere è malvagio per definizione oltre che cieco. Un poeta italiano, non ricordo il suo nome, scrisse: “qui chi non terrorizza si ammala di terrore”. Ecco, se posso scegliere preferisco terrorizzare anziché ammalarmi di terrore. Mi dispiace, dottor Nocchi, nulla di personale. Agente Andrulli!”
L’agente scelto Luigi Andrulli torna nel salottino e più per abitudine che per necessità batte i tacchi e si mette sull’attenti.
“Continuo io la perquisizione dell’appartamento. Lei ammanetti la signora Ardenghi e la porti in Centrale.”
Poi, rivolto al presunto colpevole: “Arrivederci signora Ardenghi, e… buona fortuna!”
“…la verità non esiste. Esistono le verità.” Con questa frase L’algoritmo si fissa in verticale come un drone su un particolare aspetto della contemporaneità pur affrontando una tematica diversa, anch’essa molto attuale, che dall’algoritmo infallibile porta in un istante a pensare alle più angoscianti potenzialità dell’Intelligenza Artificiale. Molto bella questa commedia nera, la definirei così, dal dialogo serrato e dal ridotto impegno produttivo (quattro personaggi in un unico ambiente dovrebbe essere più che gestibile). Ho trovato notevole il colpo di scena del Commissario che è perfettamente consapevole della situazione ma non può fare diversamente. Sì, L’algoritmo mi è piaciuto molto. In bocca al lupo!
Grazie per le tue parole, Ugo. Il testo, molto vicino al teatro dell’assurdo di Ionesco e ad alcuni dialoghi dei film di Luis Buñuel, è un atto d’accusa alla stupidità e alla violenza del Potere (in tutte le sue espressioni, dall’apice alla base della sua piramide), e all’impotenza della razionalità contro la follia che esso esprime. Contento ti sia piaciuto.
Kafkiano e angosciante, pur non essendo privo di ironia. Mi è piaciuto molto.
Grazie Gavino, sono molto contento che tu abbia colto lo spirito del racconto e che ti sia piaciuto. Come ho detto in precedenza ho voluto parlare della violenza e della cecità del potere. Il poeta di cui si parla nel testo è Fabrizio De André, il quale scrisse anche: “Certo bisogna farne di strada / Da una ginnastica d’obbedienza / Fino ad un gesto molto più umano / Che ti dia il senso della violenza / Però bisogna farne altrettanta / Per diventare così coglioni / Da non riuscire più a capire / Che non ci sono poteri buoni.” Ecco, sono anch’io convinto che non ci sono poteri buoni.