Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2025 “Il segreto della grotta del caprùlo poliglotta” di Leonardo Pori

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2025

Traduzione sommaria e poco letteraria di un’antica pergamena, ritrovata in una fossa insieme ad un’ampolla di cristallo ancora piena e a strani resti d’ossa.

– Il quindici di ottobre il re di Bianca Bandiera tenne un grande grandissimo banchetto a corte. Stoviglie dorate e tovaglie colorate sfavillavano così tanto che il bagliore adombrava ogni riflesso non soggetto a compromesso. A palazzo tutto era sfarzoso, sontuoso, abbondante e ridondante, coordinato e preciso: un lusso che andava condiviso. Stormi di servi indaffarati stavano chinati ad apparecchiare piatti per cibi raffinati. A breve, palati delicati ne avrebbero tastato le qualità, seppur con morsi millimetrati. E poi che vini e da che uve estrapolati. Uve maturate in pergolati adagiati ai bordi di precipizi assai elevati, presso monasteri oramai dimenticati. E in che calici versati: quello del re, per esempio, era una coppa di cristallo con la base di un solido callo massiccio d’oro giallo, sul fondo recava un’incisione, un’antica iscrizione la cui traduzione pareva essere: “Non ti fidar del lungo, l’è velenoso come un fungo. Non ti fidar del corto, ch’è come ruggine di chiodo torto”. Adesso, non si poteva di certo pretendere che il re conoscesse il significato di tale epigrafe, considerato che i suoi studi vertevano sulle finanze sempreverdi. Tant’è, per chi credette nel destino o nella prescritta malasorte, quella sera al banchetto capitò che il sovrano fu avvelenato: a morte? –

 Per ora non ancora, ci sono sulla pergamena altre righe fitte e storte, quale mano le scrisse mai? Forse quella che cagionò così triste sorte?

 – Durante la gran cena, a molti invitati, parve di avere notato il baffetto scellerato del lungo e magro stregone Dubius Junior Deodato. Sembrò ad esempio ad un tratto, alla gran dama del Fiornero, di avere visto i baffi o un baffo, far capolino dal velluto scuro di un tendone e poi di vedere spuntare un volto pallido: l’espressione   come un epitaffio. Fatto sta che il re, sorbito l’ennesimo sorso di un vin passito, cadde all’indietro col calice stretto nel cavo della mano rovesciando il trono e tutti gl’altri che s’accalcavano là ‘ntorno. Rimase giù disteso come in coma: “lo sformato all’aglio non perdona” esclamò un invitato. “No”, nostro padre lo avvelenarono, esclamarono i figli in coro: “no”! Allora, su indicazione del saggio di corte, gran ragioniere di Bracciahorte, i tre eredi prediletti, nonché figlioli di altrettanti letti, i cui nomi non riporta la pergamena al fine di non confondere la scena; allora si diceva, partirono costoro alla ricerca dell’antidoto. Lesti montando sui propri destrieri si lanciarono alla volta dei tre punti cardinali, mah. Il primo, forte di braccia, andiede (sic) poco lontano perché il cavallo fu presto stanco di piede. Il secondo, ricco di senno, si recò in periferia e perse il senso della via. Il terzo, corto di statura, incontrò in una radura un mendicante che gli predisse” non stare ad andar distante, cerca l’antidoto al veleno qui vicino che sarà bastante. Vai quaggiù, alla grotta del caprùlo poliglotta. Mi raccomando” aggiunse “guardati dalle sintesi del lungo e non ti fidare delle analisi del corto”. Il terzo figlio, che ascoltava distrattamente perché aveva sempre gli auricolari negli opercoli delle orecchie giù infilati, capì di andare a cercare la bestia sul lungomare o al porto e non in posti defilati. Qualche cenno sul caprùlo: arcaico animale ibrido che, come dal nome si evince, ebbe per antenati capra e mulo, tra l’altro ibrido anche quest’ultimo. Il terzo figlio pensò quindi che la radice poliglotta andasse all’ibridazione ricondotta.

Fatto sta che al porto non trovò né la grotta, né dell’antidoto il conforto. E il re? Stava ancora là, mezzo vivo e mezzo morto. –

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